Giorgio Capitani lo avevamo sentito al telefono solo qualche mese fa, precisamente l’estate scorsa quando era in corso a Sabaudia il FilmFest della commedia italiana. E proprio discutendo di commedia, e parlando con la sceneggiatrice Cecilia Calvi, che era spuntato fuori il nome di Giorgio Capitani, un onesto regista che in fondo aveva diretto più di un gioiello del genere: La pupa del gangster tra i tanti, ad esempio, un bel successo del 1975, girato con l’interpretazione memorabile di Marcello Mastroianni e di Sophia Loren. L’idea era, in qualche maniera, quella di coinvolgere Capitani nella nostra rubrica, avere insomma il modo di interpretare a modo nostro il suo mestiere, il suo percorso nello spettacolo, i suoi film. L’invito all’incontro non lo aveva declinato, assolutamente, ma evidentemente non si sentiva abbastanza in forma in quel periodo per un incontro immediato, un incontro seduta stante. Semplicemente aveva rinviato. Poi naturalmente il tempo corre veloce ormai, o perlomeno sembra proprio così. Altri immediati impegni hanno assorbito i nostri mesi, e l’idea di interpretare finalmente il suo mestiere nel cinema, la sua signorilità, la sua umanità, si è dilatata nel tempo, un tempo che purtroppo ormai non arriverà più. Giorgio Capitani è morto sabato 25 marzo, proprio in punta di piedi, proprio come era nel suo stile, nel suo carattere educato..
Giorgio Capitani è il regista di un film che, personalmente, ho amato molto da bambino: Ercole, Sansone, Maciste e Ursus: gli invincibili. Fu davvero un grande spasso assistere alle gesta di questi uomini forzuti messi tutti insieme. Sino ad allora, infatti, Ercole, Sansone, Maciste ed Ursus, li avevamo goduti in avventure che venivano affrontate e superate da ognuno di loro, proprio in perfetta solitudine. Questo fu anche il film d’esordio di Capitani, dopo tante regie al servizio delle seconde unità per i tanti film spettacolari, fracassoni, impellenti, che si realizzavano in quegli “formidabili” anni sessanta. Giorgio Capitani, non più tardi di un anno fa, aveva dato alle stampe il suo libro autobiografico, Il cinema nel cuore (Armando Curcio Editore), un libro che, riletto oggi, certamente regala al contempo una struggente storia d’amore e di passione, e di malinconia, verso quello che era diventato il suo meraviglioso lavoro. Riportiamo un estratto dal libro, proprio in relazione alla preparazione del suo primo film da regista, appunto di quell’Ercole, Sansone, Maciste e Ursus: gli invincibili:
“… intanto mi sposai. Mia moglie ed io vivevamo in economia. Avevo ripreso a fare occasionalmente il direttore di doppiaggio e le nostre vacanze le passavamo al mare, mettendo sulla spiaggia una piccola tenda alta un metro e venti.. A quei tempi non era ancora pericoloso. Fu lì, sull’arenile tra Sabaudia e il Circeo, che ebbe luogo l’evento imprevedibile. Un mio giovane amico, Giorgio Cristallini, che aveva fatto l’aiuto regista, aveva trovato il proprietario di una sartoria teatrale che era pronto ad investire del denaro per produrre un film affidando a Cristallini la produzione esecutiva. Naturalmente scelsero un progetto di quelli che il grosso pubblico sembrava amare: i film in costume mitologico. Quelli che oggi si chiamano peplum. Cristallini credeva in me e mi voleva come regista. Mi dette da leggere il copione che si chiamava Ercole, Sansone, Maciste e Ursus: gli invincibili, tutti in un solo colpo. Lo lessi sotto la tenda e prima ancora di averlo finito lo buttai per terra furente e andai a farmi il bagno. Poi camminai sulla spiaggia per farmi sbollire la rabbia. Era mai possibile che l’unica cosa che potevo fare era un film così? Era peggio che fare un film napoletano di Fortunato Misiano. Quando tornai verso la tenda vidi Alida, mia moglie di allora, che leggeva il copione seduta per terra e rideva come una matta.
“C’è poco da ridere” dissi inviperito, “queste sono le sole cose che mi propongono. Io invece mi metterei a piangere, pensa un po’…”.
“Non devi leggerlo seriamente!… Pensa se quello che c’è, senza cambiarlo, tu lo raccontassi non come un film d’avventure e neanche come un film comico, ma come una commedia. Rileggilo così! Pensalo come se fosse divertente ed ironico … insomma non lo prendere sul serio!”
Io alzai le spalle, ma lei si intestardì e di mala voglia presi a rileggere il copione. Dopo cinque minuti incominciai a ridere anch’io. Cristallini si dichiarò subito d’accordo. Il proprietario della sartoria teatrale, quello che metteva i soldi, invece era esitante …
“Lei è sicuro?…”
“Si, non cambia niente: il copione è quello, solo diventa una commedia …”
“Ssss … Si … Forse! Ma commedia non più del venticinque per cento. D’ accordo?…”
Non capivo come si potesse dividere in percentuali il genere di un film, comunque annuii … Si decise di farlo.
E Capitani così continua, nel suo libro, a descrivere proprio la lavorazione di quel suo Ercole, Maciste, Sansone e Ursus: gli invincibili:
Le riprese si svolsero facilmente ed allegramente: i quattro muscolosi eroi continuavano ad interpretare i loro personaggi con sincerità senza rendersi conto che stavano facendo una commedia: erano irresistibili. Mi sentivo un po’ colpevole ad ingannarli così, ma era a fin di bene: se il film fosse stato un successo lo sarebbe stato per tutti …
Poi, saltando qualche pagina, Giorgio Capitani così conclude il capitolo:
Ma per tornare al mio film, un giorno, dopo qualche settimana che il film era uscito in Italia, mi telefonò mia cognata:
“Compra subito “Epoca”. Non ti dico niente. Compralo subito!”.
Comprai “Epoca”. La critica cinematografica era tenuta da Filippo Sacchi, il decano dei critici. In ogni numero del giornale recensiva tre o quattro film a sua scelta. In quel numero aveva dedicato la pagina intera (ed era di formato grande) solo a Ercole, Sansone, Maciste e Ursus: gli invincibili. Raccontava di essere arrivato ad un appuntamento sbagliando l’orario e quindi aveva un pio d’ore a sua disposizione. Davanti a lui c’era un cinema in cui proiettavano il film. Entrò.
Non mi è mai più successo di leggere qualcosa di simile: non era una critica, era un canto di lode. Parlava di fantasia, di buon gusto, di grande divertimento, dio modo di raccontare sicuro e raro … Insomma quando lo finii di leggerlo ero senza fiato.
Evidentemente lo avevano letto in molti perché nei giorni seguenti ricevetti varie proposte di lavoro.
Il bel libro di Capitani poi va avanti confermando sempre come il regista sia stato sempre attentissimo ai suoi copioni, anche come molto spesso, pur non firmando quasi mai le sceneggiature, teneva in modo particolare a sistemare a modo suo i copioni, che gli sceneggiatori li preparavano. Ma non era, come ha scritto nel suo prezioso libro, per vanità, semplicemente solo per adattare il copione al suo modo di vedere il film.
Giorgio Capitani poi, cavalcando i generi avventurosi del cinema, approda verso il film western. Ed il suo fu un western all’italiana che ancora oggi viene innalzato come uno dei migliori tra quelli realizzati, dopo l’avvento creativo di Sergio Leone nel genere: Ognuno per sé. Già l’attore protagonista, George Hilton, che avevamo sentito in tempi non sospetti, aveva indicato Ognuno per sé come il suo western migliore tra i molti interpretati E davvero Hilton di situazioni western ne aveva interpretate parecchie: Vado l’ammazzo e torno di Enzo G. Castellari, ad esempio, ma anche Il tempo degli avvoltoi di Nando Cicero e Le colt cantarono la morte e fu tempo di massacro di Lucio Fulci, solo per restare tra qualche titolo. Ma tra tutte queste, George Hilton preferiva assolutamente Ognuno per sé, e riteneva Giorgio Capitani un regista tra i più signorili e cortesi incontrati nell’arco della sua carriera. Ma nonostante il forte apprezzamento della critica e del pubblico Ognuno per sé resterà l’unico film di genere western che Capitani potrà dirigere. La commedia, in ogni caso, resterà il suo discorso ideale ed in questo senso troverà una forte caratterizzazione per la sua proficua carriera. I film che verranno, Che notte ragazzi, La notte è fatta per … rubare, L’Arcangelo, La schiava (io ce l’ho e tu no), La pupa del gangster, Bruciati da cocente passione, Pane, burro e marmellata, Aragosta a colazione, Odio le bionde, Bollenti spiriti, Vai avanti tu che mi viene da ridere questi solo per citare qualche titolo, confermeranno il talento innato di Giorgio Capitani verso, semplicemente, lo spettacolo più puro.
Come poi ha spesso raccontato Giorgio Capitani nei salotti televisivi, apparendo proprio per presentare i suoi lavori di fiction, è stata davvero la televisione la sua ultima spiaggia (una volta che il cinema nei suoi confronti è improvvisamente venuto meno, preferendo per quel poco che faceva e che fa, registi ed autori più giovani), a dare fiducia e lavoro a Giorgio Capitani. Il nuovo mondo produttivo televisivo in fondo gli consentirà di realizzare quelle fiction che, in fondo, hanno maggiormente interessato il pubblico casalingo: dalla magnifica serie de Il commissario Rocca interpretata da un magnifico Gigi Proietti alla prima serie de Il restauratore con l’altrettanto magnifico Lando Buzzanca, alla serie Commesse, interpretata nei ruoli chiave da Sabrina Ferilli, Nancy Brilli e Veronica Pivetti. Ed in mezzo, tra i lavori televisivi di Capitani, troviamo fiction quali Il papa buono. Storia di Giovanni XXIII, Rita da Cascia, Edda Ciano, Papa Luciani, Il generale Della Chiesa, Giacomo Puccini, Enrico Mattei, Callas e Onassis. Le cose migliori, insomma, quelle prodotte meglio a ben guardare, per la nostra televisione. Ed il merito, in questo senso, è da ascriversi certamente al rigore ed alla serietà, prerogative in fondo che sempre hanno accompagnato lo stile nel lavoro di Giorgio Capitani.
Giovanni Berardi