Sinossi
In una Tokyo futuristica e glaciale in cui la tecnologia è riuscita a creare il primo campione ibrido tra uomo e macchina, la sezione 9 fonda una squadra di poliziotti d’élite per combattere il terrorismo informatico. Capitanati da Aramaki (Takeshi Kitano) e dal progetto 2571 chiamato Maggiore (Scarlett Johansonn), gli agenti si occupano di bloccare Hideo Kuze (Michael Pitt), un hacker molto pericoloso che riesce a introdursi nei sistemi che regolano i cervelli delle forze speciali.
Recensione
Ghost in the shell è un famoso manga giapponese creato da Masamune Shirow e pubblicato dalla Kodansha Comics nel 1989. Ambientata in un universo futuristico cyberpunk in cui nessuno è davvero chi dice di essere, la storia mostra la fusione lenta e graduale, eppure, inevitabile tra esseri umani ed organismi robotici, che sembra destinata a divenire realtà. La tecnologia, infatti, ha preso possesso della vita rendendo l’uomo un piccolissijuliette binochemichael wincottscarlett johanssonpilou asbækpilou asbækpilou asbækmo, inutile, tassello del multiverso in cui vive, una fallace e imperfetta razza in estinzione. Maggiore è il primo ibrido della società, un’anima umana racchiusa in un corpo da cyborg, un involucro d’acciaio che resiste alle intemperie dell’età, del mondo e della vita. Progettata per essere un’arma, la protagonista viene educata all’arte della guerra e, quindi, letteralmente riempita di ricordi capaci di accrescere emozioni forti e deleterie come la rabbia e la sete di vendetta.
Già soggetto dell’anime di Mamoru Oshii e di due film d’animazione, Ghost in the shell viene riportato sul grande schermo in chiave ultramoderna da Rupert Sanders, già regista di Biancaneve e il cacciatore. Nella Tokyo distopica e fluorescente del futuro, Maggiore ha il compito di garantire il benessere dei cittadini, proteggendoli da eventuali attacchi terroristici. Il suo odio per le ingiustizie, infatti, la porta a coordinare manovre di salvataggio estremo, utilizzando il suo corpo come scudo e, se necessario, anche come arma di distruzione di massa. Scoprendo la sua vera identità, la donna cybernetica trova anche la sua vocazione e la ragione per (soprav)vivere in un mondo in cui, per il momento, è soltanto una freak facilmente hackerabile.
Nonostante lo charme della Johansonn, però, la sceneggiatura di Jonathan Herman (Straight outta compton) e Jamie Moss (La notte non aspetta), è troppo confusionaria, frenetica ed ellittica per entusiasmare uno spettatore poco preparato in materia. Destinato quindi a un pubblico elitario capace di sopportare le virulente panoramiche aeree e le ripetute inquadrature a strapiombo, Ghost in the shell elargisce colori sgargianti, luci psichedeliche e musica tecno per trasformare subito l’intera pellicola in un sensuale spettacolo da nightclub.
Martina Calcabrini