In molti lo conoscono soprattutto per essere stato protagonista – accanto alla Felicity Huffman del telefilm Desperate housewives – I segreti di Wisteria Lane – del chiacchieratissimo Transamerica di Duncan Tucker, ma, sebbene il suo curriculum non manchi di partecipazioni a prodotti “leggeri” destinati al piccolo e al grande schermo, è nell’ambito dell’horror che il canadese classe 1984 Kevin Zegers sembra essersi tuffato in non poche occasioni.
Del resto, non solo tra le sue prime apparizioni ne figura una all’interno de Il seme della follia di John Carpenter, ma, in mezzo ai settanta titoli che costituiscono la propria filmografia, troviamo Shadow builder di Jamie Dixon, Wrong turn – Il bosco ha fame di Rob Schmidt, The hollow – La notte di Ognissanti di Kyle Newman e L’alba dei morti viventi di Zack Snyder.
Un campionario cui va ad aggiungersi anche Vampire, datato 2011, nonché primo lungometraggio in lingua inglese diretto dal giapponese Shunji Iwai, il quale, curatore anche di sceneggiatura, fotografia, montaggio e musiche, precisa: “L’idea del film si è sviluppata in due fasi di tempo diverse e in modo piuttosto strano. All’inizio avevo pensato di fare una storia su un vampiro, e avevo iniziato a scriverla. Poi mi era subentrata un’altra idea, a proposito di un serial killer le cui vittime acconsentono di venire uccise. Nello stesso periodo, parliamo del 2005 circa, mi capitò di leggere una notizia su un giornale giapponese: un tizio aveva aiutato degli aspiranti suicidi, aggregati in una chat online, a compiere questo passo definitivo. A quel punto, ho mescolato insieme questi tre spunti e ho concepito la storia”.
Infatti, immerso in una tanto grigia quanto malinconica atmosfera, Zegers vi ricopre il ruolo di Simon, apparentemente normale insegnante di biologia che trascorre molto del suo tempo libero curando la madre malata di Alzheimer, ovvero la Amanda Plummer di Pulp fiction; mentre, convinto di essere un vampiro, si dedica anche alla ricerca su internet di donne suicide che, di conseguenza, sono per lui facili prede utili a soddisfare la sua sete di sangue.
D’altra parte, non sono impressionanti bevute di liquido rosso a risultare assenti nel corso delle quasi due ore di visione che, interamente girate a Vancouver, non lasciano intendere se il loro svolgimento appartenga al presente o ad un’epoca futura, facendo della stessa ambientazione una sorta di luogo della mente, una proiezione distopica e fantascientifica.
E, pur distaccandosene parecchio, è in particolar modo il Wampyr di George A. Romero a tornare alla memoria nell’assistere alla lenta evoluzione della vicenda, volta a tirare in ballo anche la Rachel Leigh Cook di Ore 11:14 – Destino fatale nei panni della bella Laura e il Trevor Morgan di Jurassic park III in quelli di Renfield, altro individuo che crede di essere un succhiasangue; man mano che emerge un certo look da dramma dell’orrore fornito di ridondanze esistenzialiste e continuamente alternato tra estrema crudezza ed estrema dolcezza.
Dramma che non prende posizioni nette ed in cui, quindi, è inutile cercare una morale, in quanto ciò che interessava al regista era semplicemente gettare un’occhiata nella vita di determinate persone: coloro che inseguono il pensiero costante della morte e si associano, per questo, creando dei gruppi, delle associazioni.
Sfruttando un tono generale piuttosto realistico per mostrare che il vampiro, sfrondato della consueta aurea romantica (non dimentichiamo che il film è stato concepito nel periodo dell’esplosione del boom della saga Twilight), è un essere umano e non sovrannaturale e metafisico.
È Koch Media a renderlo disponibile su supporto blu-ray in edizione limitata e che, racchiuso in custodia amaray inserita in slipcase cartonato, offre il trailer originale ed un esauriente making of di circa settantatré minuti nella sezione riservata ai contenuti speciali.
Senza contare l’interessante booklet posto all’interno della confezione.