Sinossi
Dopo essere stata ripudiata dalla sua famiglia per aver amato un lycans, Selene (Kate Beckinsale) ha imparato a vivere da sola, di nascosto, lontana da qualsiasi contatto umano. Per salvare sua figlia Eva, capostipite di una nuova specie più evoluta, la donna ha persino dovuto rinunciare al suo ruolo di madre e convivere con il peso della sua scelta. Quando però i lycans eleggono il cruento Marius (Tobias Menzies) come capobranco, decidono di trovare Selene per scoprire dove si nasconde Eva e ucciderla prima che diventi troppo potente. Grazie all’aiuto di David (Theo James), la donna riesce a fuggire, sostenuta anche da coloro che inizialmente l’avevano rinnegata. O almeno, così dicono.
Recensione
La saga di Underworld nacque nel 2003 dalla penna di Danny McBride e dalla abile regia di Lise Wiseman, autore anche dei suoi due successivi capitoli. L’idea era quella di creare un mondo vissuto sotto la superficie di quello universalmente conosciuto, nei sotterranei in cui, di solito, risiedono solo le ombre e i fantasmi della notte. E proprio mostri come vampiri e licantropi popolano l’oscurità e si nutrono delle paure degli uomini, dominandone le vite e rendendoli schiavi, servitori in eterno di un potere più pericoloso della morte. Creature mostruose che non hanno timore di nulla, dunque, perché dominano il limbo di tutte le esistenze possibili.
La protagonista della saga, Selene, possiede origini regali legate al nobile ceppo dei Corvinus, un’antica famiglia nobile vampiresca e, per questo motivo, è invidiata, temuta e osannata sia da quelli della sua specie che dai suoi rivali, i lycans. Loro, in realtà, la odiano più di tutti, perché, avendo lei amato il loro capobranco e da lui avuto una figlia, ha dato vita a una nuova specie ibrida, più letale e pericolosa di qualsiasi altra.
Dopo quattro capitoli necessari a spiegare il background della storia, Selene torna in gioco per difendere il suo ruolo di madre. Proprio per questo, la battaglia sarà la più gloriosa nel giorno più oscuro, il presente, immortalato da una fotografia gotica e glaciale – curata dal Karl Walter Lindenlaub di Indipendence Day – che sembra denaturalizzare la natura stessa dell’opera. La colpa maggiore, probabilmente, risiede nella sceneggiatura redatta da Cory Goodman (autore di Priest), decisamente troppo legata agli episodi precedenti e alle sue metamorfosi, tanto da non riuscire a conferire linfa vitale alla pellicola né alla caratterizzazione dei suoi personaggi, che risultano intrappolati nei loro stessi stereotipi.
Nonostante lo charme di Kate Beckinsale e di Theo James – famoso per la serie di Divergent – e la regia eclettica e versatile di Anna Foerster – al suo esordio in cabina di regia ma già direttrice della fotografia di pellicole come Alien Resurrection – però, Underworld: Blood Wars non riesce mai a coinvolgere lo spettatore, risultando non l’evoluzione del suo prodotto, quanto la copia sbiadita di quello saga avrebbe voluto essere.
Martina Calcabrini