La verità, vi spiego, sull’amore, tratto dal romanzo di Enrica Tesio edito da Mondadori, è il nuovo film di Max Croci, prodotto e distribuito da Notorius Pictures, con Ambra Angiolini, Carolina Crescentini e Edoardo Pesce, esce nelle sale il 30 marzo
Sinossi
La vita di Dora (Ambra Angiolini) è finita sottosopra quando il compagno Davide (Massimo Poggio) l’ha lasciata dopo sette anni di relazione e due figli: Pietro di cinque anni e Anna, di uno. Sopraffatta dalla routine bambini/lavoro, Dora si rifiuta di elaborare il lutto sentimentale, finché non arriva il momento di raccontare la verità a Pietro, il quale crede ancora che il papà sia via solo per lavoro. Dora, spronata dall’amica Sara (Carolina Crescentini), trova finalmente la forza di reagire. Il primo passo sarà riappropriarsi del proprio tempo assumendo l’insolito babysitter Simone (Edoardo Pesce), poeta bidello e nuovo fidanzato di Sara.
Recensione
L’ultimo film di Max Croci torna a raccontare la quotidianità italiana, affidandosi a un racconto già collaudato prima su blog e poi come libro, su cui adatta il suo stile a metà tra commedia italiana e commedia brillante americana, capace di rinnovare lo stile visivo e la messa in scena di un genere altrimenti troppo legato alla sola scrittura.
Il rapporto di coppia, l’amore verso i figli, l’evoluzione che può portare una storia ad una frattura, e l’incapacità di spiegare le ragioni del cuore, sono i temi affrontanti da Max Croci
In La verità, vi spiego, sull’amore, Dora, interpretata da Ambra Angiolini, rappresenta le crisi e le frenesie di una mamma moderna: lavoro, bambini, scuola, casa; ma nel film di Croci la vera crisi (o dramma, anche se stiamo parlando di una commedia) sta nell’amore. Dora non riesce a ricominciare una vita sentimentale dopo l’abbandono inspiegabile (almeno per lei) del marito. Non è stata lasciata per un’altra donna, e per questo, nonostante le opportunità di cambiare, resta ancora legata a quella relazione durata 7 anni.
In La verità, vi spiego, sull’amore, Dora, interpretata da Ambra Angiolini, rappresenta le crisi e le frenesie di una mamma moderna
Il rapporto di coppia, l’amore verso i figli, l’evoluzione che può portare una storia ad una frattura, e l’incapacità di spiegare le ragioni del cuore, sono i temi affrontanti da Max Croci. Insieme all’utilizzo di una fotografia patinata, dai colori forti e accesi, che inquadrano una Torino rigogliosa e confortevole, e la leggerezza – dichiarata dallo stesso regista – cifra stilistica di questo film, con cui il film racconta la quotidianità di Dora, consentono a Max Croci di raccontare le crisi e i problemi della protagonista con assoluta ironia. I problemi vengono affrontati, nonostante tutto, con successo, e le battute veloci verso la macchina presa mantengono quell’atmosfera di dichiarazione con il pubblico tipica del libro di Enrica Tesio, a cui gli autori del film danno un corpo e una tridimensionalità.
Qui, di più che nei suoi film precedenti, proprio i corpi dei protagonisti sono parte della narrazione. Dora è una donna sempre attiva, praticamente sempre di corsa, i pensieri, come le sue azioni, sono rapide e spontanee. Il fisico di Ambra Angiolini, come della sua amica Sara (interpretata da Carolina Crescentini) trasudano giovinezza e sensualità. Il sesso, praticamente l’immagine con cui il film comincia, e che sembra essere rilegato ai primi minuti, in realtà, durante tutto l’arco del film, è vivo e presente; anche se raccontato sottilmente, tutti i protagonisti, comprese le nonne, ribadiscono la vivacità del corpo come strumento di difesa verso temi altrimenti più drammatici.
Il film ha una messa in scena mai banale, capace di tirare fuori il massimo dalla sceneggiatura e dai suoi attori
Uno stile già perseguito dal regista nei suoi primi film: in Al posto tuo, il fisico magro e atletico di Luca Argentero si contrapponeva a quello più pesante di Stefano Fresi. In La verità, vi spiego, sull’amore, la giovinezza, o la sua continua ricerca, vive attraverso la frenetica vita di Dora e delle persone a lei vicine. E questa vivacità nelle sceneggiatura è visibile anche nel linguaggio cinematografico del regista: montaggio veloce, insieme ad una macchina da presa sempre in movimento, alternata a momenti in split screen e grafica, che donano al film una messa in scena mai banale, capace di tirare fuori il massimo dalla sceneggiatura e dai suoi attori.
Alessio Paolesse