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I am not your negro

Arriva nelle sale italiane dal 22 Marzo, distribuito da Wanted, I am not your negro, il documentario di Raoul Peck, scandito dalla voce narrante di Samuel L. Jackson. Dall’ultimo e incompiuto progetto letterario di James Baldwin, scrittore e attivista per la libertà razziale negli Stati Uniti, nasce un documentario che intreccia passato e presente

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Arriva nelle sale italiane dal 22 Marzo, distribuito da Wanted, I am not your negro, il documentario di Raoul Peck, scandito dalla voce narrante di Samuel L. Jackson

Sinossi

Dall’ultimo e incompiuto progetto letterario di James Baldwin, scrittore e attivista per la libertà razziale negli Stati Uniti, nasce un documentario che intreccia passato e presente.

Partendo da tale presupposto, le vite e gli assassini di Malcom X, Martin Luther King e Medgar Evers fanno da filo conduttore per spiegare le dinamiche di un odio che affonda le sue radici nelle fondamenta della Nazione dalle forti contraddizioni economiche, politiche e culturali.

Recensione

La voce narrante di Samuel L. Jackson contribuisce a dare vigore a un documentario che non si perde in giri di parole, ma punta dritto al cuore del problema

Una candidatura ai Premi Oscar per un documentario sapientemente realizzato.

Alle immagini di repertorio, tratte da interviste, lezioni accademiche, comizi o semplici fotografie, il regista Raoul Peck, aggiunge nuova linfa, nuovi spunti di riflessione.

Grazie a scene emblematiche di pellicole quali: Indovina chi viene a cena o i classici della filmografia di John Wayne, ma soprattutto all’opera di Baldwin Remember this house, gli Stati Uniti sono messi a nudo, per lasciare che “il fardello dell’uomo bianco” possa cedere finalmente il posto alla consapevolezza che la democrazia americana si fonda sulla prevaricazione razziale e sociale.

La voce narrante di Samuel L. Jackson contribuisce a dare vigore a un documentario che non si perde in giri di parole, ma punta dritto al cuore del problema, cercando l’unica via per risolverlo: capire che “il mondo non è bianco, né lo è mai stato.

Bianco è solo il colore del potere”.

James Baldwin lancia una sfida che non mira al “contentino” di un riconoscimento esistenziale da parte della classe dominante bianca verso quella subalterna nera

Con tali parole James Baldwin lancia una sfida che non mira al “contentino” di un riconoscimento esistenziale da parte della classe dominante bianca verso quella subalterna nera.

Dalle pagine del suo manoscritto incompiuto, datato 1979, l’intellettuale cerca la dignità che la “comunità nera” si è guadagnata sul campo, contribuendo alla nascita di una Paese, tanto quanto l’uomo bianco.

Attraverso l’esperienza di tre uomini diversi tra loro – ma solo nelle apparenze – che sono morti per l’abolizione della segregazione razziale, la parte più  profonda di una ferita ancora aperta chiede di essere sanata per il bene di un ideale di uguaglianza.

La parte più  profonda di una ferita ancora aperta chiede di essere sanata per il bene di un ideale di uguaglianza

L’identificazione di un nemico da combattere è una faccenda tipicamente umana.

Trovare il capro espiatorio per le proprie sconfitte è ciò che all’uomo  riesce  meglio.

Il passato non è solo storia; è un monito per il presente e una speranza per il futuro.

Correggere gli errori aiuta a non commetterli più.

Questa è la più grande lezione che il documentario di Raoul Peck lascia in dote.

Dario Cataldo

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