Kong: Skull Island è il nuovo film d’azione e d’avventura ispirato al personaggio di King Kong, apparso per la prima volta sul grande schermo nel lontano 1933 con la regia di Merian C. Cooper e Ernest B. Schoedsack.
Diretta da Jordan Vogt-Roberts e interpretata da Brie Larson, Tom Hiddleston e Samuel L. Jackson, la pellicola è distribuita da Warner Bros. e disponibile nelle sale cinematografiche dal 9 Marzo 2017.
Sinossi: Sud del Pacifico, 1944. Durante la seconda guerra mondiale, un soldato americano e uno giapponese effettuano un atterraggio di emergenza su un’isola sconosciuta ma, mentre uno sta prendendo il sopravvento sull’altro, una creatura enorme, conosciuta come King Kong, interrompe il loro scontro. Ventotto anni dopo, una spedizione di scienziati capeggiata dal capitano James Conrad (Tom Hiddleston) e dalla fotografa pacifista Mason Weaver (Brie Larson), e supportata dalla squadra del colonnello Preston Packard (Samuel L. Jackson), approda sull’isola e si scontra con le sue mastodontiche creature.
Kong: Skull Island è e rimane volutamente un film di serie b che punta a regalare allo spettatore intrattenimento puro
Recensione: Il mostro è solitamente un essere vivente talmente diverso dall’uomo da essere ritenuto fuori dall’ordinario. Può essere reale, immaginario o appartenente a un altro mondo o dimensione, comunque lontano da tutto ciò che ci circonda. Nel 1933 fece la sua comparsa sul grande schermo King Kong, uno dei mostruosi portenti più incredibili della storia del cinema, l’unico a essere così vicino alle emozioni umane da risultare prodigioso.
Colui che avrebbe dovuto appartenere, semplicemente, alla specie dei primati, dunque, divenne il padrone assoluto di una terra in cui Dio aveva dimenticato di finire la creazione, un’isola incontaminata in cui uomo e natura vivevano insieme, nel pieno rispetto delle leggi della vita. Kong era venerato come un dio benevole e caritatevole che proteggeva tutti gli esseri viventi dagli attacchi dei letali strisciateschi e ne permetteva la mera sopravvivenza.
Il nuovo King Kong non condivide nulla con i suoi antenati, né con quello di Merian C. Cooper e Ernest B. Schoedsack
Il nuovo King Kong, comunque, non condivide nulla con i suoi antenati, né con quello di Merian C. Cooper e Ernest B. Schoedsack, né con quello di Peter Jackson. Ha una conformazione umana ante-litteram e una sfera emotiva più umana degli umani stessi: egli è il mostro più sensibile che sia mai stato concepito, un energumeno che si lascia accarezzare, proteggere e “addomesticare” proprio da colei che avrebbe potuto facilmente ferirlo.
Al territorio insolito in cui vive Kong, Jordan Vogt-Roberts – già autore di The Kings of Summer – aggiunge mufloni giganti e polipi mastodontici cannibali, reduci di guerra ossessionati dalla presenza del nemico, armi nucleari e tecnologie avanzate atte a spostare gli equilibri paradisiaci raggiunti. A lui infatti non importa né la credibilità, né la verosimiglianza, né tantomeno la fedeltà a modelli e stilemi interdisciplinari.
Jordan vuole semplicemente divertire e abbandonarsi egli stesso all’universo fracassone e scanzonato del cinema degli anni ’70
Jordan vuole semplicemente divertire e abbandonarsi egli stesso all’universo fracassone e scanzonato del cinema degli anni ’70, quello che, grazie alla tenue fotografia di Larry Fong (direttore della fotografia di Super 8) richiama costantemente con usi, costumi e colori. Le musiche elettroniche e psichedeliche accompagnano poi la profusione delle azioni e le spronano a innescare reazioni a catena, una più violenta, famelica e apocalittica della precedente, in una sorta di gioco del domino senza eguali.
Kong: Skull Island, infatti, è e rimane volutamente un film di serie b che punta a regalare allo spettatore intrattenimento puro, battutacce a doppio senso e coinvolgimento empatico sufficiente a trovare plausibile il vero deus ex machina dell’azione.
Poco importa, infatti, se l’eroe e l’eroina non sono troppo attivi e partecipi, dal momento che Kong non combatte contro i suoi simili con il pugno di ferro, ma contro noi umani, sempre pronti a reputare il diverso come un nemico, quindi un freak. Perché lui non è un fenomeno da baraccone, lui è Kong, il Re, e tutti, adesso, saranno obbligati a riconoscerlo.
Martina Calcabrini