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Approfondimenti

Burhan Ozbilici e Alejandro González Iñárritu a confronto

La foto dell’attentatore dell’ambasciatore russo in Turchia, vincitrice del World Press Photo 2017 (Un assassinio in Turchia di Burhan Ozbilici) e il film Birdman o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza), 2014, di Alejandro González Iñárritu, paiono due opere concettualmente centrate sui diktat e, al contempo, sulle interpellazioni disperate e solitarie dell’esibizionismo di un “senso” (pubblico-politico, socio-culturale, egoico-narcisista etc.) da incarnare e per il quale immolarsi individualmente

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Le interpellazioni monadiche e politiche del “senso” in un sociale privo di reti di protezione

La foto dell’attentatore dell’ambasciatore russo in Turchia, vincitrice del World Press Photo 2017 (Un assassinio in Turchia di Burhan Ozbilici) e il film Birdman o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza), 2014, di Alejandro González Iñárritu, paiono due opere concettualmente centrate sui diktat e, al contempo, sulle interpellazioni disperate e solitarie dell’esibizionismo di un “senso” (pubblico-politico, socio-culturale, egoico-narcisista etc.) da incarnare e per il quale immolarsi individualmente, pur nella sua precarietà, sulla scena pubblica di una società sempre più globalizzata, digitalizzata e depauperata di strutture simboliche “conservative”, oltre che proiettata a vivere tendenzialmente nell’ordine omnipervasivo dell’attimo e del tempo presente.

Sfondo sociologico tematizzato congiuntamente dai due testi sembra evidentemente una cultura dei margini e della mancanza delle reti di protezione pubblico-individuali, che trova la sua epifania, secondo la felice formula del cinema di Iñárritu, nell’«imprevedibile virtù dell’ignoranza»: un’ignoranza sintomatica e pienamente contemporanea nel suo massimalismo, che mostra il suo volto allucinato urlando inconsciamente il tarlo di un senso incompiuto ancora tutto da rifondare, discutere e lavorare, in uno scenario antropologico, già effettuale, di una pervasiva devastazione delle difese simboliche della cultura; un autosmascheramento individuale, gravido nelle due opere di risvolti concettuali affini, con cui il soggetto si concede alla scena un istante prima che si consumi brutalmente la sua vita, esponendosi al massacro o comunque alla precarietà dei propri stessi assiomi, incarnati autolesionisticamente.

Francesco Di Benedetto

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