Film inconsueto 16 Years of Alcohol, lungometraggio diretto dal filmaker scozzese Richard Jobson, e interpretato da quel Kevin McKidd noto soprattutto per il ruolo di Tommy in Trainspotting (1996) di Danny Boyle. Pur affrontando una storia di disagio, legato all’abuso di alcool e alla dipendenza dalla violenza, la pellicola, vincitrice di due British Independent Film Awards, non specula sull’iconografia tipica di tanta cinematografia che ha trattato argomenti simili, piuttosto tenta di tracciare il percorso umano e psicologico del protagonista, senza calcare la mano sugli aspetti deteriori, né sciorinando happy ending a buon mercato.
Frankie (McKidd) ha subito un grande trauma, avendo assistito da bambino a un incontro sessuale del padre con un’amante; ferito irrimediabilmente da quell’evento, per lenire il dolore si dà all’alcool, sin dalla tenera età. La sua voce fuori campo cerca di restituire, con la lievità di un flusso orale poetico e insistente, quel disagio insuperabile che lo avvinghia e ne condiziona pesantemente le scelte e lo stile di vita.
Jobson, che ha anche scritto il film, allude, solo per alcuni aspetti, a film blasonati, quali lo stesso Trainspotting, ma soprattutto ad Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, laddove il giovane protagonista è il leader di una banda di scapestrati dedita all’esercizio della violenza. Si badi bene, però, che in 16 Years of Alcohol non assistiamo – lo diciamo chiaramente – all’emulazione di quegli illustri precedenti, giacché il regista scozzese è particolarmente attento a dare corpo all’evanescenza del disagio interiore di Frankie, anziché mostrarne furbescamente gli effetti collaterali. Piace inoltre del film di Jobson la fitta riflessione sul concetto di speranza, che non è presentata come quel velleitario sentimento sventolato gaiamente dalle anime belle, ma come un traguardo da conquistare, giorno dopo giorno, pur avendo incassato tante sconfitte e dopo essere precipitati nel più buio degli oblii. Un tentativo, dunque, di superare il cinismo d’accatto, che in tanti oggi paiono prediligere, in favore della costruzione di un percorso onesto, magari duro, durissimo, eppure diretto verso un nuovo orizzonte, in cui trovare ristoro e da cui ripartire per tentare di essere uomini migliori, pur sapendo che non ci si potrà mai (per fortuna) liberare definitivamente di ciò che si è. L’amore è una possibilità che fornisce l’occasione di raccogliere i frammenti del proprio Io, per cercare di realizzare una sintesi attraverso cui tesaurizzare il proprio passato, che non può essere cancellato, ma può e deve essere conservato, in maniera pulsante, accanto al presente.
16 Years of Alcohol, forse, potrebbe non piacere a tutti, eppure si rivela una riflessione nient’affatto scontata sull’economia della vita interiore, che prende magicamente corpo dalle elucubrazioni di Frankie e, soprattutto, dal non detto, che emerge e fa la sua parte. Non mancano nel film di Jobson alcune ingenuità, come la prevedibilità di alcune situazioni, ma nel complesso la struttura regge, regalando lo spunto per molte considerazioni non banali. Un film passato in sordina all’epoca della sua uscita e che deve essere senza dubbio recuperato.
Pubblicato da Mustang Entertainment e distribuito da CG Entertainment, 16 Years of Alcohol è disponibile in dvd, in formato 2.35:1 con audio in italiano e originale (DD 5.1) e sottotitoli per non udenti opzionabili. Nella sezione extra: Speciale 16 anni, una storia di speranza; Making Of; Story Boards; Trailer.
Luca Biscontini
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