Il 18 febbraio 2017 è deceduto a Roma Pasquale Squitieri, regista, sceneggiatore, scrittore ma anche avvocato, giornalista, politico e bancario, compagno di una vita di Claudia Cardinale e, negli ultimi anni, di Ottavia Fusco. Della Cardinale ebbe a dire: “Quando Claudia è sullo schermo, il film è fatto”. Ottavia l’ha scelta per interpretare Edda Ciano Mussolini e per renderci consapevoli del dolore di una donna che si racconta alla storia avendo come spalla uno strano amico interpretato da Marino Masè, già attore ne I pugni in tasca, indimenticabile opera di Marco Bellocchio dove hanno recitato anche una giovanissima Paola Pitagora e Lou Castel. Ho avuto l’occasione di conoscere Pasquale Squitieri pochi mesi fa a Cinecittà, dove Primo Piano sull’autore, promosso da Amarcord, gli ha dedicato una giornata con il titolo Il piacere della libertà, pubblicando anche un testo a lui dedicato. Non poteva esserci titolo migliore scelto da Franco Mariotti e dal suo staff per descrivere la personalità di un uomo che non ha mai mandato a dire dietro il suo pensiero, sbattendolo in faccia a chiunque senza peli sulla lingua o ipocrisie. Ribelle, contestatario, portatore di pensieri originali, alla ricerca di verità nascoste e spesso scomode, con le quali potevi divergere ma solo argomentando con intelligenza e contenuti plausibili. A Roma, pochi mesi prima della sua morte, è arrivato accompagnato dalle due compagne di vita e dai figli, oltre che dalla sua indiscutibile personalità; occhi azzurri vivaci e intelligenti, con un guizzo vitale capace ancora di penetrare nel cuore delle cose, arguzia, originalità, gusto di stupire e i soliti occhiali in erezione, come ha avuto modo di dire il grande Valerio Caprara, nel definire questo vezzo del regista partenopeo. Un uomo con una personalità “esplosiva”, un attaccante, che ha sfidato la vita di petto più che subirla e che si è anche esposto alle critiche a spalle larghe e con il petto in fuori fino alla fine, come si è soliti dire per descrivere un carattere che non teme di risultare antipatico e che vive con intensità qualsiasi momento della vita.
Sfida, potere, giustizia, sono i temi con i quali si è confrontato in ognuna delle sue opere, a partire dalla prima: Io e Dio, con la quale debuttò alla regia nel 1969, affiancato per la produzione da Vittorio de Sica. Poi con lo pseudonimo William Redford firmò altre due pellicole del genere spaghetti western, Django sfida Sartana del 1970 e La vendetta è un piatto che si serve freddo del 1971. Successivamente usò il suo nome di battesimo per film di genere storico-politico e fu molto criticato e contestato per alcuni suoi lavori come Li chiamarono… briganti! (1999), film sul brigantaggio postunitario che racconta le vicende di Carmine Crocco, uno dei maggiori esponenti della categoria e Claretta (1984), sulle vicende della donna che per molti anni fu accanto a Mussolini. Il primo film fu molto controbattuto e venne molto presto ritirato dalle sale, il secondo fu presentato al Festival di Venezia e fu considerato troppo indulgente nei confronti della donna del duce. Encomiabile resta comunque il suo interesse per le donne, muse ispiratrici della sua vita anche se più di una volta ha sostenuto che l’amore non esiste.
A Roma a sorpresa, durante la serata che avrebbe dovuto svolgersi a Spoleto, ma che pochi giorni prima fu spostata a Roma a causa del terremoto, ha presentato uno spezzone dell’opera dedicata ad Edda Ciano Mussolini e volutamente l’ultima sua pellicola considerata il testamento spirituale: L’altro Adamo con Lino Capolicchio presente in sala. Il film del 2014 in anteprima a Primo Piano sull’autore non ha ancora trovato una distribuzione. Il cineasta partenopeo, che è stato omaggiato anche dalla città di Spoleto che ha comunque presenziato, ha presentato il film dicendo subito che non è un capolavoro ma mette in evidenza aspetti importanti della vita futura, futuribile, ma per certi aspetti già attuale. Un’opera di fantascienza, genere mai affrontato prima dal regista, che ci induce però a chiederci se veramente ciò che lui descrive sia totale “fantasia” o rappresenti invece la trasposizione simbolica di vissuti universali dove, a ben guardare, ritroviamo tutti i temi a lui cari: il tradimento, il potere, la giustizia, la sfida. Un film che può essere criticato ma che di certo non lascia indifferenti, sia per il modo in cui è girato, sia per i contenuti; alcune scene dove lui mette in figura i simboli di giustizia, potere, sfida, mostrano tocchi da Maestro anche se altre scene non hanno la stessa incisività e appaiono quasi debordanti; sono realizzate comunque con grande lucidità di pensiero da un uomo di quasi 80 anni e con ancora una vitalità ed un contraddittorio capace di ricevere critiche e sostenerne il senso. Con il solito cipiglio fiero il cineasta ci ha detto: “Sto preparando un nuovo film sulla vita di Vincenzo Gemito, scultore napoletano dell’800”. Ha poi ricordato Pasolini sostenendo che con la sua morte è morto il cinema italiano.
La figlia Claudine commossa per l’affetto che il padre ha ricevuto da tutti i partecipanti ha detto: “Mio padre è proprio così, coraggioso…e ringrazio molto tutti gli amici che oggi lo omaggiano”. Ma più delle parole è stato importante l’affetto che ha lasciato trasparire insieme agli altri figli durante tutta la serata.
Accanto a lei oltre a Capolicchio, critici, accademici, Leopoldo Mastelloni, Enrico lo Verso e molti altri esponenti della cinematografia internazionale.
Al termine della serata, una lettera scritta da Squitieri a Valerio Caprara in un momento difficile della vita passato in carcere, che il critico ha voluto condividere con noi. Si parla di una mano tesa, di prigione, di tradimento e inganno e si squarcia un velo su alcune scene del film dove appaiono le mani tese di Ottavia alias alieno che dona emozioni a Lino Capolicchio, interprete principale; le sbarre, il vissuto di tradimento espresso qui in una storia fra uomo e donna ma in realtà simbolo di inganno in senso lato.
Ottavia Fusco ha sostenuto in più di una occasione “…vivere con Pasquale è stato come imparare a guidare a Napoli!” ed è lì che Squitieri è tornato nel cimitero di Poggioreale, per la sepoltura nella cappella di famiglia dell’Arciconfraternita di San Giuseppe dei Nudi.
Il Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini lo ha salutato dicendo: “Pasquale Squitieri, nato nel teatro e cresciuto nel cinema, ha attraversato autorevolmente con la sua opera quasi mezzo secolo di cinematografia italiana. Oggi la cultura italiana perde uno dei suoi autori più importanti“.
Paola Dei