Apocalisse delle scimmie non è un film. Non è un film in senso tradizionale non perché non sia cinema, ha tutte le categorie fisiche mondane dell’evento cinematografico ma non è stato pensato come un film ma come una grande opera audiovisiva, più come un romanzo – se vogliamo – che come un film; proprio perché ha una struttura narrativa che è divisa in undici livelli completamente diversi che io chiamo “gli undici livelli paralleli” in cui ognuno di noi è immerso, non è soltanto una condizione di carattere matematico ma che sta diventando sempre di più una condizione dello stato di coscienza dell’individuo… per cui è un film in cui il protagonista è esattamente questa oscillazione della coscienza attraverso una quantità incredibile di fatti veri, molti violenti che però vengono isolati, non fanno parte di un racconto lineare che va da A a B a C ma percorre piuttosto una sorta di matematica alla Fibonacci.
Quindi anche a livello di linguaggio siamo abbastanza avanti…
Assolutamente. Il mio tentativo è quello di rivoluzionare completamente il modo di sperimentare il cinema come spettatore.
Il lavoro è diviso in tre volumi soltanto perché la mole di materiale e tutta questa infinita varietà di incastri è tale per cui io non voglio in nessun modo ricorrere a quella sorta di visione cinematografica che ti distrugge, che distrugge lo spettatore per ore, ore e ore. Però la cosa incredibile è che tu potrai vedere il primo volume e poi il secondo e il terzo e poi il prima ma partire da qualsiasi momento tu vuoi del film non hai bisogno di partire dai titoli di testa.
Il montaggio immagino sia fondamentale…
Non soltanto il montaggio è fondamentale ma anche il tempo per realizzarlo.. io sto cercando e ci sono riuscito in un certo senso a liberarmi completamente da tutte queste pastoie da questi paletti che sono tipici del cinema industriale proprio per ritrovarmi in una sorta di isola in cui fondamentale faccio film esattamente come scrivere un romanzo soltanto nei miei momenti estatici più profondi, cioè soltanto quando io raggiungo un certo stato io prendo organizzo la troupe e giro.
Tuttavia sarebbe sbagliato credere che alla fine sia un film di avanguardia o underground non lo è. È un film tremendamente serio con dialoghi con situazioni con cose di una qualità estrema ed è anche bello visivamente perché poi anche esteticamente è molto curato, la fotografia è molto bella ad es. E poi c’è un lavoro sul suono che stiamo facendo che è quasi snervante; noi stiamo lavorando sulla sonorizzazione della presa diretta dei dialoghi quindi puoi immaginare che lavoro..
Il soggetto è la prima cosa che salta…
Certamente. Userò anche molta computer grafica, hentai, cartoon, manga ecc Ho girato una serie di sequenza con degli swat veri cioè con dei gruppi di assalto dei corpi speciali che mischierò con degli swat della Playstation 2; c’è costantemente un rimando a una sorta di schizofrenia sulla realtà che noi sperimentiamo quotidianamente, perciò quello che è incredibile è che il gioco che giocava il ragazzino sulla Playstation avviene di fuori sul serio sulla strada però quando sulla strada si compie l’omicidio in realtà il vero omicidio lo compie il bambino mandando avanti e premendo il joy pad per fare in modo che il killer uccida.
Quindi è un po’ un film futuristico come lo è stato “A mosca cieca” negli anni sessanta, giusto?
In assoluto sì. Questa è una delle cose. Anche quando il ragazzo prende la playstation è lui che si vede dentro il televisore nel gioco, ecco come l’intreccio degli universi paralleli che sono non contigui a noi come fatto spaziale ma come oscillazione del tempo dentro la coscienza.
Tra cento anni per che cosa vorrebbe essere ricordato?
Io onestamente per niente. Vuoto totale. Pneuma totale. Assolutamente pneuma totale. Il vuoto.
Vincenzo Patanè Garsia