IN PRIMA TV: “RICHARD LINKLATER – DREAM IS DESTINY”
Chi è Richard Linklater, l’acclamato regista di Boyhood?
Studio Universal presenta mercoledì 25 gennaio alle 21.15 in Prima TV: “Richard Linklater – Dream is destiny”, diretto da Louis Black e presentato all’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma.
Il film documentario traccia il percorso e la maturazione artistica di uno registi americani più straordinari, dalle sue radici in una piccola città in Texas fino alla calda accoglienza nel circuito dei festival internazionali. Già molto tempo prima di dirigere Boyhood, Richard Linklater ha sempre voluto lavorare restando fuori dal “sistema hollywoodiano”. Piuttosto che lasciare il Texas, ha scelto di girare film a basso budget con piccolissime produzioni. La sua capacità di rappresentare personaggi realistici e raccontare storie veritiere e oneste risultò evidente sin dai suoi film e presto in molti si accorsero del suo talento. Questo ritratto di un regista originale e innovatore, celebra uno dei rari talenti cinematografici dei nostri tempi.
A seguire alle 22.50, il film Prima dell’Alba (1995) di R. Linklater con Ethan Hawke e Julie Delpy.
Intervista al regista Louise Black:
Perché questo film su Richard Linklater?
Vivo ad Austin, in Texas, e da 35 anni che dirigo una rivista settimanale. Nel 1985 ero in un club rock che si chiamava Liberty Lunch. Rick Linklater mi viene incontro, ero un ragazzino, non sapevo chi fosse. Io avevo scritto un necrologio per il regista Sam Peckinpah e lui inizia a parlarmi di Sam Peckinpah e 32 anni dopo siamo ancora nel vivo di quella conversazione. Io e Rick siamo amici da allora, e ho ammirato i suoi film già da Slacker, avevo persino due battute in Slacker, ma comunque ho sempre ammirato i suoi film. Circa 10 anni fa mi ricordo che all’improvviso ho pensato: anche se non lo conoscessi, comunque sarebbe il mio regista preferito tra tutti e forse a volte l’ho dato per scontato, nel senso che ho sempre saputo che era bravo, ma lo conoscevo così bene che non ho mai fatto quel passo indietro per dire: “Questo è un lavoro di qualità straordinaria.”
Lui ha messo in atto una specie di rivoluzione, perché ha usato il tempo come un effetto speciale. È questa una delle cose che ammira del suo modo di fare film
Il modo in cui usa il tempo è molto importante, ma usa una vasta gamma di strumenti. I suoi film sono reali, estremamente reali proprio perché hanno una specifica collocazione temporale. Slacker si svolge in 24 ore, Prima del tramonto parla di 90 minuti. Inoltre il livello di intimità e complicità che sviluppa con il cast e le loro storie fondate sulla vita che viviamo tutti, non si tratta di vite passate in ville di lusso, o a volare su jet privati, tirando cocaina. Si tratta di persone reali che hanno a che fare con la realtà e per questo penso che il tempo sia un elemento fondamentale. Il suo punto forte è che i personaggi sono reali.
Qual è il film di Linklater che preferisce?
Ah! Ogni volta che mi si chiede qual è il film di Linklater che preferisco, finisco sempre per nominarli praticamente tutti. Ma, in tutta onestà, penso che Prima del tramonto sia uno dei film più straordinari che abbia mai visto. 90 minuti, e i film che sono così romantici e così reali di solito non finiscono bene, invece quello è uno dei finali più belli mai visti al cinema. Di sicuro anche Me and Orson Welles, che è rimasto un po’ nell’ombra, trovo sia un film meraviglioso, School of Rock, il suo più grande successo, è un altro film eccezionale. Poi Slacker, Prima dell’alba, Waking Life sono tutti film che amo molto. Boyhood deve essere citato perché non c’è niente di simile, è davvero straordinario, e anche il suo ultimo film Tutti vogliono qualcosa mi è molto piaciuto. Però per molti versi, Prima di mezzanotte è uno dei film più dolorosi che abbia mai visto, perché è uno dei più verosimili. Nel documentario abbiamo una clip di Julie e Ethan che litigano. Lo abbiamo dovuto guardare in continuazione e ogni volta sto male, alle proiezioni, perché io quel litigio l’ho fatto, quasi con le stesse parole. Non è una storia d’amore astratta, non è un film di Hollywood che finisce con gli archi e i fuochi d’artificio. Si parla di svegliarsi con una persona con cui si è realmente ed intensamente coinvolti da molto tempo e che per questo si odia da morire, ma allo stesso tempo si ama da morire. I due sono l’uno nella vita e nel sangue dell’altra, ed è così reale, è davvero straordinario.
Che cosa significa per lei essere stato con questo film alla Festa del Cinema di Roma 2016?
A tratti mi fa impazzire di gioia, è meraviglioso. Quando abbiamo girato questo film… Karen Bernstein, che lo ha co-diretto e coprodotto con me, mi ha detto “Facciamo un film su Rick” e io ho risposto “Certo!”. Quindi per un anno e mezzo ho vissuto in questo film. Mentre lo giravamo, onestamente non ho mai pensato a come lo avrebbe accolto il pubblico e neanche Rick. Nella mia testa dovevo solo lavorare per fare una cosa fatta bene. Portarlo a Roma, di tutti i posti possibili, è molto importante e molto significativo. Soprattutto perché con Rick molto spesso ci troviamo a parlare… non parliamo di lui, parliamo di Bertolucci, Leone, Antonioni, Rossellini, pensiamo al cinema italiano e trovarsi in uno dei luoghi sacri del cinema, per me… e Fellini, l’ho dimenticato, devo punirmi! Insomma, nella patria di tanti grandissimi registi. Per cui mi sento come un ragazzino, sono un impostore, non dovrei avere il permesso di parlare di cinema o di fingere di essere un regista nella patria del grande cinema!
Quale influenza ha avuto il cinema americano su di lei e quali autori in particolare?
Una volta, a nove anni, ero da mia nonna e sono entrato nella sua camera da letto. In Tv c’era Orizzonte perduto di Frank Capra. Sono salito sul letto a guardarlo e mi ha cambiato la vita, sul serio. A dodici anni ho fatto amicizia con un ragazzino, Leonard Maltin, che poi è diventato un critico televisivo, ha scritto quei libri sui film Tv, un famoso storico del cinema. / E così a dodici anni… io sono cresciuto fuori da New York, e a dodici anni abbiamo iniziato ad andare a New York a vedere i film muti, Charlie Chaplin, Buster Keaton, Stanlio e Ollio, (nome incomprensibile), D.W. Griffith, tutti loro, per cui sono appassionato di cinema praticamente da tutta la vita, in particolare del cinema classico europeo. In tutto quello che faccio, mi piace pensare di fare politica con la mia rivista e di fare cultura con South By Southwest, però l’impronta del cinema e del fare cinema è sempre molto presente.