Sinossi: L’impero cinese è esposto ad una grave minaccia che ritorna ogni sessant’anni a punire la cupidigia dell’essere umano. Per questo, un enorme esercito si prepara da decenni per una battaglia giocata sulle più avanzate strategie militari, da guerrieri disposti a tutto pur di proteggere la razza umana. In questo contesto, a ridosso della sfida finale, arrivano due mercenari dall’Europa, in cerca della magica polvere nera ideata dai cinesi.
Recensione: Non è possibile definirlo altrimenti: l’ultima opera di Zhang Yimou è un film di guerra stracarico di effetti visivi e turbolenze digitali, dove la linea narrativa si fa sottile sottile dietro al mastodontico impiego di budget. Non c’è nulla che ricordi il Zhang Yimou dei film dell’inizio, dove le donne interpretate da Gong Li erano passionali generatrici di storie. Qui la musa Jing Tian è una stratega, abile nella lotta corpo a corpo e portatrice di valori militari. E neppure tanto brava. Chiaro, c’è anche un respiro più alto: la critica alla guerra, come espressione dell’avidità umana che qui, infatti, viene punita; il concetto di missione individuale e di riscatto; il valore dell’amicizia e di lealtà che in un ambiente come quello del campo di battaglia sono vitali.
Invece, tornando all’aspetto commerciale che è il vero cuore del film: i nemici dei buoni, incredibilmente, sono un branco di mostri famelici venuti dallo spazio, che facilitano la traversata di genere e l’approdo alla fantascienza. Sconfiggerli è la missione di questo esercito della Grande Muraglia, composto di arcieri, fanti, musici, acrobati spericolati (no, non è un circo), manovratori di cannoni e catapulte. Le azioni sono talmente curate da trasformare le battaglie in danze coreografiche: i corpi dei soldati brillano nei costumi raffinati e scolpiti fino all’ultimo dettaglio; i punti macchina volanti abbracciano l’immensità dell’orizzonte del muro sia in altezza che in vastità; gli attacchi si avvicendano ritmicamente in uno studiato climax di destrezza e pericolo tale da lasciare in apnea lo spettatore (in attesa di capire dove il film vada a parare…).
In questo delirio di dimensioni, arrivano Matt Damon e Pedro Pascal: Zhang Yimou non è riuscito a resistere, nel suo primo film in lingua inglese del valore di oltre 100 milioni di dollari, ha affidato il ruolo dell’eroe all’attore americano. Insomma, se di blockbuster vogliamo parlare, quanto meno che lo sia con tutti i suoi crismi. Dal canto suo Matt Damon si comporta come un Jason Bourne in versione medioevale, e la coppia che lui e la sua spalla Pascal interpretano è tuttavia di esilarante efficacia. Mentre non c’è nulla di nuovo neppure nell’eroismo dei protagonisti William Garin e Generale Lin (Matt Damon e Jing Tian), che con qualche superpotere all’americana sconfiggono i nemici soprannaturali, l’immagine digitalizzata e la danza bellica sono ciò che forse, potremmo dire, meritano la visione. Preferibilmente in 3D.
Se invece siete fan di Zhang Yimou, quello giovane, squattrinato, allora restate a casa a ripassarvi la sua filmografia degli anni Novanta che, in questo The Great Wall, di quel giovane regista rigoglioso di idee, padre di letteratura filmica cinese, è rimasto davvero poco.
Rita Andreetti