Sinossi: Virginia, 1831. Il giovane Nat vive come schiavo presso la famiglia Turner. Fin da piccolo dimostra grande passione per la lettura e per le Sacre Scritture. Con il passare del tempo, grazie all’istruzione ricevuta diviene un predicatore. Viste le crescenti difficoltà economiche, il suo padrone, Samuel Turner, decide di sfruttare questa dote per insegnare agli schiavi a sottomettersi. Ciò porterà Nat ad essere testimone delle atrocità di cui gli schiavi sono vittime. Alcuni episodi colpiranno direttamente la sua famiglia e lo porteranno ad usare la parola di Dio come strumento di libertà, organizzando una rivolta degli schiavi contro i loro padroni che verrà repressa nel sangue.
Recensione: Nat Parker con The Birth of a Nation realizza un’opera che, come era avvenuto per film come 12 anni schiavo e Selma, porta lo spettatore a riflettere sul tema della libertà per la quale, da secoli, continua a lottare la comunità nera d’America. Lo fa scegliendo un episodio controverso, dove viene mostrata la brutalità dei proprietari terrieri contro gli schiavi ma anche come la comunità nera, portata all’esasperazione, abbia reagito con la violenza che la parola di Dio vieta. Il messaggio che paradossalmente viene veicolato è il ripudio di ogni atto che porti a conseguenze irreparabili (come la successiva Guerra di Secessione).
Una sceneggiatura ben congeniata, che ha la sua forza nella perfetta ricostruzione storica e nel personaggio del protagonista, Nat. Una buona prova viene offerta da Armie Hammer nel ruolo di Samuel Turner, che dopo il successo di Mine dimostra di essere a suo agio anche in ruoli drammatici. Una pecca è forse il perdersi nella retorica e nell’uso spropositato dei passi biblici. L’uso del titolo ricorda il film di David W. Griffith, scelta non casuale visto che il tutto può essere interpretato come una Nascita di una nazione dal punto di vista degli schiavi, dove però si perde da ambo le parti.
Alessia Di Fazio