La messa è finita è un film del 1985 diretto da Nanni Moretti. In concorso al Festival di Berlino del 1986, il film ha vinto l’Orso d’argento, gran premio della giuria e ottenuto la menzione speciale della giuria Cicae.
Per Don Giulio il ritorno a Roma dopo essere stato parroco in un’isola del Tirreno è ricco di amare sorprese. Gli amici sono cambiati: uno è sotto inchiesta per terrorismo, un altro ha l’esaurimento, un altro ancora vive squallide avventure omosessuali. E anche in famiglia non ci sono buone notizie: il padre è scappato, la madre si uccide, la sorella vorrebbe abortire. In più la parrocchia è disertata dai fedeli. Don Giulio ci mette tutto il suo impegno…
Ancora frammentario e parzialmente legato ad una narrazione episodica, ma in grado di esporre una drammaticità che cresce linearmente senza mai scadere in patetismi, La messa è finita è il film della consacrazione di Nanni Moretti; come già accennato, registicamente Moretti si attiene al suo peculiare stile, fatto di tempi troncati, scene(tte) che finiscono “monche”, prima che uno se lo aspetti.
Il fulcro di tutte le vicende è un personaggio nuovo, don Giulio, non più il Michele Apicella alter ego (definizione che gli va senz’altro stretta) del regista presente in ogni suo lungometraggio precedente. In particolar modo, qui ci si riallaccia al riuscitissimo Bianca: si segue un protagonista che disprezza la solitudine ma che non riesce a sfuggirne, né ad evitare che i propri cari ne siano scansati o che non vi si crogiolino per deliberata scelta di rigetto di un intero mondo che non appartiene più loro, come nel caso dell’amico Saverio, interpretato dal bravo e ipnotico Messeri d’antan. Il notoriamente ateo Moretti si mette in panni che sembrerebbero non calzargli per disquisire del ruolo di un pastore di anime, ma in realtà le sfumature del personaggio si fanno “umane”, comuni, fino a sfociare all’indifferenza, al rifiuto, all’incapacità di perdonare.
In La messa è finita un Nanni ripulito e imberbe (ma già autore scafato) centellina le sue sfuriate di logorrea critica e orchestra con delicatezza un film che gli gira intorno senza renderlo strettamente dipendente dal suo personaggio. A questo fine contribuiscono buoni comprimari a ricoprire i ruoli di contorno, come la Lozano, e giova anche l’inserimento, già prima di “Palombella rossa”, di una velata ma dura riflessione sulla militanza comunista degli anni ’70, che risulta smitizzata: nel 1985 ritroviamo solo un cumulo di fallimenti umani e sociali, nessuno escluso, dal prete al sospetto terrorista, passando per il folgorato sulla via di Damasco senza convinzione. L’appropriata colonna sonora è del buon Nicola Piovani, ma un’importanza capitale va riconosciuta all’impiego di Ritornerai di Bruno Lauzi, che sottolinea la chiave di lettura di diversi momenti. Orso d’argento nel 1986 a Berlino, “La messa è finita” traccia il solco e, come se non fosse bastato “Bianca”, è una sentenza: Moretti tende a slegarsi dai suoi esordi e si assesta come un autore maturo e urticante.