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Lo squalo 3 e 4 rivivono in blu-ray

Segnali dall’universo digitale. Rubrica a cura di Francesco Lomuscio

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Avendo incluso all’interno del suo ricchissimo catalogo l’edizione in blu-ray de Lo squalo 2 (1978) di Jeannot Szwarc, Pulp Video non poteva certo perdere l’occasione di rendere disponibili in alta definizione anche gli ultimi due capitoli della tetralogia iniziata dal Re Mida di Hollywood Steven Spielberg tramite il capolavoro Lo squalo (1975), tratto da un romanzo di Peter Benchley.

Capitoli di cui Lo squalo 3 (1983) – ora corredato di trailer e galleria fotografica – venne addirittura girato in tre dimensioni per trasportare la vicenda presso il Florida’s SeaWorld, nuovissimo parco acquatico con lagune e tunnel subacquei che, a pochi giorni dall’inaugurazione, vede penetrarvi un cucciolo di squalo bianco che attacca apparentemente sciatori e addetti alla struttura e che finisce per essere catturato.

Sciatori tra cui la Kelly con le fattezze della Lea Thompson poi rivista nella trilogia Ritorno al futuro e che, di conseguenza, si trovano anche ad avere a che fare con gli attacchi da parte della gigantesca madre del piccolo; man mano che a farne le spese sono, tra gli altri, due ragazzi che cercano di rubare nottetempo del corallo e che diversi elementi dello script – a firma del maestro della fantascienza su carta Richard Matheson – ne richiamano curiosamente alla memoria analoghi presenti ne L’ultimo squalo (1981) di Enzo G. Castellari, finale compreso.

Mentre il compianto Simon MacCorkindale della serie televisiva Manimal ricopre il ruolo di un esperto sub e Dennis Quaid e il John Putch poi dedicatosi anche all’attività registica (nel curriculum American pie presenta: il manuale del sesso e Beethoven – L’avventura di Natale) concedono anima e corpo ai Michael e Sean figli dello sceriffo Brody qui assente ed incarnato da Roy Scheider nei due film precedenti.

Film dei quali fu scenografo il Joe Alves in questo caso postosi dietro la macchina da presa e che, al fine di sfruttare la visione tridimensionale, dispensa, tra l’altro, l’immagine del pescecane che avanza mandando in mille pezzi una vetrata e quella di un braccio mozzato galleggiante e con tanto di osso spezzato sporgente dalla carne verso gli occhi dello spettatore.

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Il Joe Alves sostituito, invece, dal Joseph Sargent autore de Il colpo della metropolitana – Un ostaggio al minuto (1974) e Mac Arthur il generale ribelle (1977) per dirigere Lo squalo 4 – La vendetta (1987), il cui disco, accanto al trailer, offre anche il finale alternativo nella sezione riservata ai contenuti speciali.

Un quarto e ultimo tassello che riporta in scena la vedova Ellen Brody con le fattezze di Lorraine Gary, stavolta affiancata dal pilota di aerei Hoagie detto Maverick, nei cui panni troviamo il due volte vincitore del premio Oscar Michael Caine (tra l’altro, pare che non sia andato a ritirare la sua prima statuetta proprio perché impegnato in queste riprese).

Perché, abbandonando il retrogusto da slasher movie che aveva caratterizzato in un certo senso il secondo e terzo episodio, questa conclusione della saga riduce al minimo il numero dei cadaveri da spargere per concentrarsi sulla lunga lotta attuata dalla donna e dal figlio Michael – ora in possesso dei connotati del Lance Guest di Halloween II – Il signore della morte (1981) e Giochi stellari (1984) – contro il nuovo bestione dei mari.

Bestione che arriva anche a distruggere proprio uno dei velivoli del citato Hoagie e che sembra addirittura essere in possesso di sentimenti capaci di renderlo in grado di individuare qualsiasi componente della famiglia Brody e imparentati.

Una trovata di sceneggiatura che sarebbe impossibile non definire trash, ma che, a suo modo, contribuisce a trascinare la circa ora e mezza in una folle, inverosimile dimensione cinematografica tipica delle produzioni di genere sfornate negli anni Ottanta, quando sullo schermo si tendeva nella maggior parte dei casi a raccontare storie in maniera più favolistica che realistica.

E, se il cast annovera anche il Mario Van Peebles di Posse – La leggenda di Jessie Lee (1993) e suo padre Melvin (cineasta originario di Chicago cui dobbiamo, tra l’altro, il cult della blaxploitation L’uomo caffellatte), la regia, pur senza eccellere, permette al tutto di apparire più coinvolgente e convincente rispetto al predecessore.

Con tanto di flashback riguardanti proprio il sopra menzionato eroe scheideriano.

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