“A far tremare ancora le coscienze dei nostri politici ci pensa Sabina Guzzanti, la Micheal Moore italiana, che ha presentato a Cannes il suo ultimo film-documentario sul terremoto in Abruzzo”.
A far tremare ancora le coscienze dei nostri politici ci pensa Sabina Guzzanti, ribattezzata ormai la Micheal Moore italiana, che ha presentato a Cannes il suo ultimo film-documentario sul terremoto in Abruzzo, Draquila. L’Italia che trema. Dall’uscita, venerdì scorso, la pellicola è stata accompagnata da una marea di polemiche, prime tra tutte quelle del capo della protezione civile Guido Bertolaso, che ha definito il film disonorevole, e poi quella del ministro Bondi che non ha presenziato alla prima della kermesse francese.
Girato per quasi un anno con uno stile da film documentario, Draquila è completamente diverso dai precedenti Viva Zapatero! e Le ragioni dell’aragosta: più maturo, razionale, meglio strutturato e, soprattutto, profondamente umano. Sabina Guzzanti mette sotto accusa la gestione del post sisma, restituendo l’immagine vergognosa e indecente di un Paese rovesciato, governato dall’illusione che ciò che è fasullo e vuoto non possa durare, mentre invece sta durando e durerà.
La tesi di partenza (come dice l’incipit del documentario: “Era appena iniziata la primavera nella bella penisola e per Silvio Berlusconi era una giornata di merda come tante altre. La magistratura continuava a stargli alle calcagna, i sondaggi lo davano in caduta libera, così quando alle 3:32 del 6 aprile 2009 un terremoto sveglia persino gli abitanti della casa del Grande Fratello, e quando si scopre che un’intera città è stata devastata, per Silvio Berlusconi è come se Dio gli avesse teso ancora una volta la mano”) è che l’intera emergenza sisma sia provvidenzialmente arrivata per restituire al premier prestigio e credibilità e gli abbia inoltre permesso, scavalcando le leggi e la Costituzione, di gestire in maniera spudoratamente e sfacciatamente privatistica una quantità enorme di denaro.
Grandi sprechi, ad iniziare dalla costruzione degli alloggi provvisori per gli sfollati, e grandi manovre politiche, come il tentativo di trasformare la protezione civile in Spa, fanno da cornice a questo quadro a tinte fosche che restituisce l’immagine di un Paese ormai allo sbaraglio dove la leadership del governo è affidata ad un uomo capace di fare soltanto i propri interessi. Prendendo come esempio l’emergenza rifiuti a Napoli, si arriva a parlare della normativa del 2001 che ha esteso la categoria emergenziale a tutto ciò considerato tale dal governo (visite del Papa ed eventi sportivi compresi) e di come questa manovra abbia consentito le successive speculazioni soprattutto in materia edilizia. Piani casa pronti dopo due giorni dal terremoto e progetti di evacuazione inesistenti, nonostante i mesi di scosse allarmanti. Questo solo per citare un esempio.
Lo stato di ‘emergenza’ inoltre, applicato alla lettera nelle tendopoli, ha permesso l’insorgere di un regime paramilitare e la sospensione temporanea dei diritti democratici. Vietate manifestazioni contro la protezione civile, vietato al sindaco e alla giunta il diritto decisionale, vietate addirittura bevande ‘eccitanti’ come caffè o coca cola. Draquila racconta in 93 minuti un’Italia decadente e grottesca, abbandonata nelle mani di sciacalli senza scrupoli che, nonostante tutto, spera ancora di risorgere dalle sue rovine. In questo panorama non mancano ovviamente le critiche ad un’opposizione inesistente e la voce di coloro che continuano a credere nelle promesse del capo del governo e nei fasti da lui inscenati.
Tante crepe si sono aperte infatti dopo il sisma, e non solo lungo i muri del centro storico dell’Aquila, patrimonio culturale inestimabile, ancora oggi sepolto sotto le macerie. Le risate notturne di imprenditori senza scrupoli, i festini e i lupanari di avidi politicanti colti con le mani nel sacco, il giubilo di chi ha dispensato solo specchietti per le allodole hanno minato più di qualunque cosa le fondamenta di un sistema politico fondato sulla sabbia, destinato a crollare, ma che per il momento rimane ancora in piedi come la carcassa di una roccaforte sventrata.
Alessandra Agapiti
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