A dieci anni dal primo capitolo, La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead, 1968), George Romero, che nel frattempo aveva diretto altre quattro pellicole (There’s Always Vanilla,1971, La stagione della strega, 1972, La città verrà distrutta all’alba, 1973, Wampyr, 1977), tornava a maneggiare la potentissima iconografia, da lui stesso ideata, dei ‘non morti’, quegli zombi che paiono non cessare di esercitare, con tutte le varianti che nel corso degli anni sono intervenute a rivitalizzare il genere, un fascino imperituro sul pubblico, fatalmente ipnotizzato da quegli orripilanti esseri che, pur senza vita, insistono, incedono inesorabilmente, fidando sulla loro sovrumana resistenza, che, alla fine, non può non prevalere. Se già per il primo film si parlò di metafora della guerra fredda, di quella del Vietnam, di una critica al razzismo e alla libera circolazione delle armi negli Stati Uniti, con il secondo lungometraggio il regista americano assunse una netta vena polemica nei confronti di quella logica edonistica tipica della società dei consumi che allora, come adesso d’altronde, imperava, stigmatizzandone la meccanicità, l’omologazione, che, in definitiva, riduceva i soggetti a esseri non pensanti, destinati a produrre e consumare senza sosta, non dissimili, dunque, da quei morti viventi tanti temuti.
“…quando non ci sarà più posto all’inferno i morti cammineranno sulla Terra…”: è un inferno a cielo aperto quello descritto da Romero, da cui non si può sfuggire, laddove non c’è riparo; anzi si è condotti proprio al centro dell’abisso del mondo, dove i demoni non smettono di alimentare le fiamme della dannazione. Il sogno del consumo massivo si realizza: i quattro protagonisti di Zombi (Dawn of the Dead, 1978) si installano, all’inizio solo con l’intento di trovare un rifugio, all’interno di un centro commerciale, e quello che doveva essere un nascondiglio temporaneo per evitare di incappare nelle migliaia di ‘resuscitati’ sparsi a macchia di leopardo nella città (il film è stato girato a Monroeville, in Pennsylvania) diviene una sorta di oasi, una zona franca, in cui, venuto meno il vincolo del denaro, del costo della merce, si ha accesso immediato ai beni presenti in quantità industriale; il desiderio di consumo viene appagato senza alcun attrito, in una sorta di apogeo, tant’è che i fuggitivi, sazi come sono, quasi dimenticano di essere braccati dai terrificanti ‘non morti’, che, seppur lentamente, avanzano, ansiosi di brandire le carni vive dei pochi superstiti non ancora contagiati.
Mentre occupano il centro commerciale, che proteggono gelosamente, i quattro vengono assaliti da un gruppo di sciacalli, organizzato in forma di piccolo esercito, e la loro attenzione è tutta tesa ad impedire l’imminente invasione. Di più, gli stessi zombi vengono alla fine utilizzati per evitare che il saccheggio si compia. Insomma, non c’è molto da aggiungere, l’essere umano è stato definitivamente sussunto in quanto non ha resistito al fascino dell’immagine sub specie spaectaculi, e danza come una marionetta impazzita nel freddo scenario di un luogo di morte, dove la dimensione comunitaria si è definitivamente smarrita, in favore del continuo appagamento di un desiderio indotto, che si ritiene imprescindibile.
Le stridenti musiche composte dai Goblin, con la supervisione di Dario Argento, creano un contrasto che amplifica esemplarmente (in special modo quel motivetto che, come un carillon, una musica per bambini, scandisce i movimenti strascinati degli zombi all’interno del centro commerciale, ormai abbandonato) lo stato di ‘incantamento’ che possiede coloro i quali sono irrimediabilmente stregati dal flatus vocis di un ordine (quello di consumare) che viene ripetuto (vedi anche il Carpenter di Essi vivono) senza sosta, laddove la riproducibilità infinita del comando, veicolato dai mezzi di comunicazione, sortisce un sicuro effetto stordente, che obnubila la capacità di esercitare una quota minima di spirito critico.
Nel finale che Romero aveva originariamente pensato nessuno si salvava (e forse questo poteva essere l’esito più giusto per una deriva non più arginabile), mentre poi si optò per una soluzione meno tragica, con la fuga, proprio negli ultimi istanti, degli unici due non contagiati, concedendo un barlume di speranza, una possibilità di discernimento.
Romero nel 1978 realizzava un film di una potente visionarietà, che riusciva a metaforizzare in maniera efficacissima il declino di un mondo precipitato in un abisso in cui la notte – parafrando Celine – non termina.
Midnight Factory ha realizzato una superba nuova edizione del capolavoro di George Romero, composta da ben sei dischi, e nello specifico:
Disco 1 : (European Cut – 4k) – La versione europea di 118 minuti montata da Dario Argento.
Disco 2: (European Cut – Blu ray) – La versione europea di 118 minuti montata da Dario.
Disco 3: (European Cut Full Frame – Blu ray) – La versione europea di 118 minuti montata da Dario, per la prima volta in versione a fotogramma intero.
Disco 4: (Theatrical Version – Blu ray) – La versione di 127’ voluta da Romero e proiettata nel 1979 in America.
Disco 5: (Extended Version – Blu ray) – La versione di 139 minuti presentata alla premiere del Festival di Cannes del 1978.
Disco 6: Contenuti Extra – durata totale 150’
Materiale HD
-Intervista a Tom Savini, responsabile degli effetti speciali e del trucco; 18’
-Intervista esclusiva a Nicolas Winding Refn; 8’
-Intervista esclusiva a Dario Argento; 28’
– Intervista a Michele De Angelis e Gianni Vittori restauro della pellicola originale e la sua trasposizione in 4K ultra HD: 8’
– Conferenza stampa alla 73esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia; 31’
– Presentazione in sala alla proiezione di mezzanotte del film alla 73esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia; 10’
Materiale in SD
– Quando all’inferno non ci sarà più posto (interviste a Dario e Claudio Argento, Claudio Simonetti, Alfredo Cuomo): 31’
– Trailer e Tv Spot; 16’
– Libro sul film con foto e intervista
– 5 cartoline da collezione (contest NWR)
– Audio commento di Simonetti
Luca Biscontini