Film da Vedere

‘Questa è la Mia Vita’ di Jean-Luc Godard

Godard abbandona qui le regole della narrazione tradizionale, adottando una struttura frammentata, non lineare. I dodici quadri in cui il film è strutturato sono caratterizzati da «registri diversi (sociologico, documentario, letterario, cinematografico) con linguaggi diversi, non uniti da una logica narrativa, ma giustapposti, forse ricombinabili in altro modo

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‘Questa è la mia vita’ (Vivre sa vie) è un film del 1962 scritto e diretto da Jean-Luc Godard, interpretato da Anna Karina, all’epoca moglie del regista, vincitore del premio speciale della giuria alla 27ª Mostra di Venezia. Il film prende spunto da un’inchiesta giornalistica, Où en est… la prostitution? del giudice Marcel Sacotte, pubblicata nel 1959, che analizza almeno duemila casi di prostituzione a partire dall’anno 1950.

«L’apparente freddezza dei film di Godard, l’impossibilità a comunicare idee e sentimenti sul piano della partecipazione affettiva dello spettatore, si trasformano, una volta accettati gli strumenti di comunicazione usati dal suo autore, in un calore umano che presuppone un atteggiamento di sincerità totale di fronte alla condizione esistenziale dei suoi personaggi.» (Gianni Rondolino, Il nuovo spettatore cinematografico, febbraio 1963)

Questa è la Mia Vita: Un Successo Fuori dal Comune

Con 148.000 spettatori paganti a Parigi, il film è tra quelli di maggior successo di Jean-Luc Godard. Il regista Godard abbandona qui le regole della narrazione tradizionale, adottando una struttura frammentata, non lineare.

I dodici quadri in cui il film è strutturato sono caratterizzati da «registri diversi (sociologico, documentario, letterario, cinematografico […]) con linguaggi diversi, non uniti da una logica narrativa, ma giustapposti, forse ricombinabili in altro modo.»

Una Rappresentazione Metaforica Della Prostituzione

Fino dal 1957 Godard parlava di fare un film sulla prostituzione con il suo amico François Truffaut; entrambi erano consumatori di sesso a pagamento. Naturalmente non c’è alcuna speculazione pruriginosa alla base dell’intenzione di Godard; il regista è convinto che la prostituzione sia una perfetta metafora della società dei consumi: l’operaio vende la propria forza-lavoro al capitalista, l’attrice si “vende” al pubblico sullo schermo.

Metafora cruda, diretta, inconfutabile dei rapporti sociali, la prostituzione ha per Godard un valore euristico. Questa scelta estetica è distantissima dalla pornografia, le sole scene di nudo (di spalle) che il film contiene sono corpi femminili in pose innaturali per il piacere dei clienti-voyeurs; il significato è chiaro, si tratta di una forma di commercio, denaro in cambio di frammenti di corpo.

Una Storia Stilisticamente Tragica

Godard adotta scelte stilistiche che accentuano la natura teatrale e l’effetto di straniamento di stampo brechtiano, per esempio l’uso del piano sequenza («procedimento funzionale a registrare l’immediato e il casuale»), come quello iniziale in cui la protagonista e il suo ex Paul, seduti al bancone del bar, vengono inquadrati per interi minuti solo di spalle, oppure quello anche più lungo nel negozio di dischi. Hanno la stessa funzione anche i dialoghi letterari, innaturali, come quello tra Nana e Brice Parain o la spiegazione di tono didattico del protettore Raoul sulle regole della prostituzione, e la lunga lettura del testo di Poe accompagnata dall’insistito primo piano di Nana.

Nei titoli di testa, il film contiene una dedica ai B-movie. L’idea iniziale è quella di fare un film a episodi sul modello di Francesco, giullare di Dio, nel quale Rossellini, che Godard all’inizio della sua carriera riconosceva come maestro suo e di tutta la Nouvelle vague, aveva rinnovato completamente la forma narrativa del film a episodi. In realtà il film non piacque a Rossellini, che all’uscita della sala dove vide il film rimproverò Godard: “Jean-Luc, sei sulla strada dell’antonionismo”, un insulto per lui dato che considerava decadente e incomprensibile Michelangelo Antonioni.

I Riferimenti al Cinema d’Autore

In una sequenza di ‘Questa è la Mia Vita’, Nana assiste al cinema alla proiezione del film La passione di Giovanna d’Arco di Carl Theodor Dreyer, identificandosi fortemente con la pulzella e piangendo insieme a lei per la sua condanna al rogo.

In un primo tempo, Godard aveva pensato di proiettare per questa scena un estratto di Diario di un ladro (Pickpocket) di Robert Bresson, poi cambiò idea a favore di Il testamento di Orfeo di Jean Cocteau, di nuovo tornò a Bresson chiedendogli l’autorizzazione di inserire qualche scena del Processo a Giovanna d’Arco che l’amico stava girando in quel momento, infine senza dire nulla si decise per l’opera del danese Dreyer. Quasi alla fine del film, mentre Nana è in auto con Raoul, si vede un cinema dove proiettano Jules e Jim, capolavoro della Nouvelle Vague girato da François Truffaut.

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