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34 Torino Film Festival: La mecanique de l’ombre di Thomas Kruithof (Torino 34 – Concorso)

Kruithof regala allo spettatore un’opera prima di indubbio interesse e già con un certo grado di consapevolezza del mezzo cinematografico e di capacità del controllo della messa in scena e della direzione degli attori. Speriamo che questo film non rimanga un caso isolato e che invece sia il primo di una fruttuosa carriera

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Nell’incipit di La mecanique de l’ombre ci viene presentato l’impiegato Duval, contabile in uno studio, a cui viene assegnato un lavoro d’urgenza per il giorno dopo. Preso dalle difficoltà e dal panico per l’impossibilità di portare a termine il lavoro in modo corretto mette a soqquadro l’ufficio da una parte, e dall’altra mette in fila una serie di raccoglitori con tutta la documentazione che è riuscito a trovare. Dopo un’elissi lo rivediamo a distanza di due anni, disoccupato, abbandonato dalla moglie e frequentatore di un gruppo di supporto per alcolisti, premiato per il primo anno di astinenza.

La presentazione del personaggio Duval, da parte del regista Thomas Kruithof, è emblematica della psicologia illustrata durante tutto lo sviluppo diegetico di La mecanique de l’ombre: un uomo normale, senza particolari passioni, se non per la precisione e l’accuratezza del compito assegnato; un individuo diviso tra ordine e caos, o meglio intollerante al caos e alla continua ricerca di un ordine semplice e controllabile del mondo. Del resto, passa le serate a comporre puzzle complessi e alla fine li osserva per il tempo di una sigaretta e poi passare a un altro. E la psicologia del personaggio si attaglia perfettamente alla messa in scena di una storia di spionaggio e complotto politico nella Francia contemporanea alla vigilia di nuove elezioni.

Duval viene assunto da Clément, misterioso personaggio a capo di un’organizzazione segreta che lavoro per “la difesa della patria”: dovrà semplicemente andare tutti i giorni in un appartamento e trascrivere su carta, utilizzando una vecchia macchina da scrivere, una serie di registrazioni di conversazioni e intercettazioni. La paga è eccellente e il lavoro sembra facile, fino a quando Duval non sente in differita, su una di queste registrazioni, la morte di un faccendiere libico implicato nella liberazione di tre cittadini francesi rapiti nel Mali dai fondamentalisti islamici.  Da questo momento la narrazione prende la piega di una spy story con lo sviluppo più classico del genere, con un paio di colpi di scena ben diretti (e che ovviamente non riveleremo) e un corretto mélange tra azione e sequenze esplicative e dialogate. Tra omicidi, pedinamenti, tentativi di fuga, recupero di documenti scottanti, interrogatori, scontro tra diversi settori dei servizi segreti francesi, Duval ha anche il tempo di un incontro con una giovane donna alcolista (che lavora come infermiera, interpretata da Alba Rohrwacher) che si trasformerà in una storia sentimentale e sarà una delle concause scatenanti lo sviluppo dell’azione fino alla scena finale.

La mecanique de l’ombre (la meccanica o il meccanismo che si nasconde nell’ombra) vuole essere un film di genere ben strutturato che parla di un certo modo di fare politica. Una politica che si basa sull’intrigo e il controllo delle informazioni e degli avversari, dove si spaccia l’interesse di una parte o di pochi individui come quello di un’intera nazione che in questo caso è la Francia, ma che potrebbe essere benissimo applicato a qualsiasi paese occidentale.

Ma il grande pregio della pellicola è in tre elementi. Il primo, una sceneggiatura scritta senza sbavature, essenziale, equilibrata, che riesce a rielaborare e strutturare in modo solido una trama spionistica consolidata e tradizionale. Il secondo elemento è la messa in scena negli interni, spazi chiusi dove l’asciuttezza della parola scritta viene tradotta in un’immagine di una pulizia composta da linee geometriche delle porte, delle finestre, dei dettagli dei registratori, dei fogli di carta, in una scenografia dove il profilmico è ridotto ai minimi termini. Potremmo dire che Kruithof lavora sul grado zero della messa in scena, potenziando i vuoti dove si muovono i personaggi che, metaforicamente, sono quelli lasciati liberi dalla politica e dalla democrazia, abdicando a persone prive di scrupoli che vivono nell’ombra. Il terzo elemento è la straordinaria interpretazione di François Cluzet nel ruolo del protagonista: l’attore lavora di sottrazione, recita in modo controllato e allo stesso tempo con minimali cambiamenti delle espressioni facciali riesce a far trasparire la profonda angoscia di Duval, bloccato in un ingranaggio più grande di lui. Ma proprio perché è solo un piccolo granello, riuscirà alla fine a intralciare la macchina del complotto. Cluzet (attore famoso in Francia e interpreti di altri polar) dona una grandezza tragica a Duval, trasformandolo in un piccolo Davide contro il Golia della burocrazia delle ombre.

Kruithof regala allo spettatore un’opera prima di indubbio interesse e già con un certo grado di consapevolezza del mezzo cinematografico e di capacità del controllo della messa in scena e della direzione degli attori. Speriamo che questo film non rimanga un caso isolato e che invece sia il primo di una fruttuosa carriera.

Antonio Pettierre

  • Anno: 2016
  • Durata: 93'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Francia
  • Regia: Thomas Kruithof

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