Giulio, un ragazzo orfano di padre appartenente a una famiglia ricca, viene lasciato dalla madre in un collegio esclusivo nelle Alpi vicino a Brunico. La disciplina è ferrea e Giulio entra a far parte di un gruppo di studenti dell’élite del Paese dove studiano, tra l’altro, economia e marketing per guidare le imprese di famiglia. Ma la rigida educazione imposta dal collegio è un modo anche per far crescere il cinismo dei ragazzi che dovranno eliminare i propri scrupoli giovanili, omologarsi al gruppo di potere, per essere capaci un giorno “di licenziare cento persone in un colpo solo senza nessuna remora”.
Ecco, l’aspetto principale de I figli della notte, opera prima di Andrea De Sica, è la rappresentazione di questo mondo chiuso in se stesso, elitario, esclusivo, dove il traguardo finale è diventare uomini che esercitano un potere assoluto. In questo contesto l’amicizia di Giulio con Edoardo, ragazzo borderline e ribelle, diventa l’elemento di contrapposizione all’istituzione rappresentata in situ dall’educatore Mathias, che segue la classe di Giulio e ne determina il percorso di educazione e crescita da ragazzo normale e pieno di illusioni a persona priva di scrupoli morali.
I ragazzi si muovono in un contesto spaziale costituito da tre luoghi essenziali: l’edificio della scuola, composto da pieni e vuoti, lunghi corridoi silenziosi, dove telecamere nascoste monitorano tutto e controllano gli studenti, pieno di segreti e con un piano superiore che nasconde il mistero di due ragazzi suicidatosi nel passato; il bosco oscuro intorno, le vallate coperte da una spessa coltre di neve che silenzia il paesaggio dell’anima, metafora gridata di un passaggio obbligato da attraversare verso il Male; lo chalet-bordello nascosto nel bosco in cui si avventurano Giulio ed Edoardo e dove il primo s’invaghisce della giovane prostituta Elena, luogo di perdizione e di mutazioni, di sfogo e di ribellione che dà ai ragazzi una falsa sicurezza della propria libertà.
Certo in mezzo abbiamo altri elementi che De Sica butta lì senza sviluppare appieno (con una sceneggiatura a dire il vero che poteva essere un po’ più irrobustita nei dialoghi e focalizzata sul tema da affrontare): il bullismo degli anziani, in un richiamo dei film sulle congreghe giovanili nei college americani rappresentato con una sequenza di violenza notturna che rimane isolata e poi lasciata cadere nel vuoto; la venatura horror/mistery con i fantasmi dei due giovani che irretiscono Edoardo e alla fine lo portano al suicidio, risolto molto velocemente, senza mostrare nemmeno l’evento, e introducendo questo aspetto che viene abortito ben presto, rimanendo solo un momento del percorso di Giulio verso la compiutezza di una personalità algida ed egoista.
E il punto di svolta diventa l’omicidio di Elena nel bosco da parte di Giulio. Dall’estremo amore all’odio esclusivo che sfocia nella violenza, quando si accorge che Elena lo ha solo usato. Ma tutto è collegato con la scuola, tutto porta ad essa e alla formazione di una classe dirigente senza scrupoli che può macchiarsi dei più orrendi crimini restando impuniti per sempre.
Andrea De Sica, figlio di Manuel e nipote di Vittorio, debutta con un’opera che sulla carta trattava un tema interessante e vicino alle proprie esperienze per età anagrafica. Cita a piene mani da Stanley Kubrick (i corridoi della scuola, il bosco intricato innevato di Shining); da Dario Argento (il college isolato ed esclusivo di Phenomena oppure di Suspiria); da David Lynch (il cottage-bordello, i fantasmi nell’ultimo piano del college che ricordano tanto Twin Peaks). Ma non sempre rielaborando in modo corretto i propri modelli di riferimento e, anzi, troppo spesso trasformandoli in puri elementi decorativi e/o descrittivi che galleggiano su una superficie di una pellicola spesso maldestra nella sua messa in quadro e messa in scena. E lasciamo stare che il sonoro e il missaggio lascino a desiderare: il più delle volte si fa fatica a comprendere i dialoghi dei personaggi e il sonoro diegetico ed extradiegetico ha sempre la stessa tonalità, rendendo piatto e monotono il tessuto acustico della pellicola.
Unico film italiano in concorso al 34° Torino Film Festival, I figli della notte, pur avendo aspetti potenzialmente d’interesse, risulta opera abbozzata e acerba e il giovane regista Andrea De Sica ancora alla ricerca di una sua personalità artistica e di una strada propria da percorrere, emancipandosi dal modello dei suoi natali e dei suoi numi cinematografici.
Antonio Pettierre