Sinossi: Dopo essere sopravvissuto alla battaglia di Corinth del 1862, il contadino Newton Knight, assieme ad altri piccoli agricoltori e con l’aiuto di schiavi locali, indice una rivolta che ha portato la Contea di Jones, Mississippi a separarsi dagli Stati della Confederazione, con la creazione di uno Stato libero di Jones. La sua unione con l’ex schiava Rachel, ha dato vita alla prima comunità di razza mista del dopoguerra.
Recensione: L’americano Gary Ross (più volte candidato all’Oscar come sceneggiatore e produttore, regista tra gli altri dei film della serie The Hunger Games) si cimenta con la messa in scena di un personaggio e di un episodio della Guerra Civile Americana, quel Newton Knight, infermiere per l’esercito confederato, disertore dopo la morte di un giovane nipote, che, ritornato a casa, inizia una lotta contro lo strapotere dei coltivatori di cotone, creando un vero proprio stato nello stato nella contea di Jones nel Mississipi, fatto di uomini liberi di qualsiasi colore.
Film più storico che avventuroso, Ross, appassionato di politica e di storia americana, ha lavorato per dieci anni a questo progetto, raccogliendo materiale originale, compiendo ricerche storiografiche dettagliate e confrontandosi con vari esperti e professori di storia della Guerra Civile.
Free State of Jones è forse uno dei pochi film che mostra il punto di vista dei sudisti, ma soprattutto come il fronte interno non fosse così unito, dato che molti tra i contadini non vedevano di buon occhio la schiavitù e la ricchezza spropositata dei proprietari terrieri, in una società come quella sudista molto gerarchizzata, dove gli ufficiali (ricchi) avevano la precedenza assoluta sui soldati (poveri) nelle cure delle ferite di guerra, e i proprietari potevano anche evitare il campo di battaglia grazie a una legge sulla quantità di schiavi posseduta. Newton Knight è una figura che si erge moralmente dalle profondità della storia, esempio di una delle prime guerre moderne (più di seicentomila morti) che oltre che per motivi economici fu combattuta per cause morali ed etiche che si trascinano tutt’ora nel cuore dell’America contemporanea, dove i neri devono ancora combattere per i loro diritti (pur essendo stato eletto il primo presidente di colore, Barak Obama). Del resto, Ross intervalla lo sviluppo della narrazione con cartelli esplicativi sugli avvenimenti con inquadrature fisse di foto originali, oppure con sequenze ambientate negli anni ’60, durante il processo a un discendente di Knight, del figlio avuto con la seconda compagna di colore, dopo che la prima moglie lo aveva abbandonato impaurita dal fatto che il marito fosse un fuorilegge ricercato. Il processo lo accusa di aver sposato una donna bianca e lui, per aver una discendenza che in qualche modo porta nel patrimonio genetico un’altra razza, ha commesso un reato per le leggi segregazioniste del Mississipi. Come dire che la storia non è cambiata dopo un secolo dalla Guerra Civile se nel 1865, l’antenato combatteva per i diritti civili degli uomini ed esattamente nel 1965 il discendente deve fare ancora i conti con gli stessi pregiudizi razzisti e liberticidi.
Il tema storico-pedagogico è il fondamento di Free State of Jones, non ne è solo il pilastro principale, ma tracima nella stessa realizzazione e concezione cinematografica. Questo vuol dire che diventa predominante su tutto il resto, e se da un punto di vista divulgativo il film è interessante da quello estetico-stilistico risulta a dir poco stucchevole. La stessa sceneggiatura di Ross è proprio troppo appesantita da tutta la bibliografia storica, resa fin troppo esplicita, lasciando poco spazio alla creazione e alla rielaborazione, ma riducendosi a una trasposizione a volte spettacolare, a volte noiosa, della lezione storica appresa. Ross non è riuscito a scrollarsi di dosso tutti gli anni di ricerca, ad elaborare il materiale e mettere in scena una narrazione avvincente e cinematograficamente interessante, appesantendo le vicende e facendosi fagocitare dalla materia maneggiata. Inoltre, le sequenze della storia del discendente di Knight, se da un lato rafforzano l’idea morale del film, dall’altro rompono il ritmo della narrazione. Non basta poi la buona recitazione di Matthew McConaughey nel ruolo del protagonista per rendere il film più appetibile. Un’opera da far vedere nelle scuole per i temi trattati, ma scarsamente interessante dal punto di vista stilistico e cinematografico.
Antonio Pettierre