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Tomba del tuffatore

Tomba del tuffatore è un medio metraggio di Federico Francioni e Yan Cheng passato in vari festival italiani che ripercorre la Storia della costiera amalfitana a partire dalle origini, rimembrate nel dipinto del sarcofago esposto nel museo di Paestum in cui campeggia la sagoma di un uomo pronto a tuffarsi in uno specchio d’acqua

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Sinossi: Partendo dal disegno di un tuffatore impresso su un monumento funebre realizzato in epoca pre cristiana, “Tomba del tuffatore” è un viaggio dell’anima attraverso e dentro il paesaggio della costiera amalfitana dove passato e presente si intrecciano nel rapporto tra le contingenze quotidiane dei turisti e delle persone comuni e l’eternità del patrimonio artistico monumentale regalato al territorio da civiltà grandi e dimenticate.

Recensione: Da qualche anno a questa parte si fa fatica a non pensare al cinema documentario come categoria a se stante della filiera produttiva. E questo non perché manchino – come dimostrano per esempio le ultime opere dei vari Tizza Covi e Rainer Rimmel (Mr. Universo visto a Locarno) e di Francesco Patierno (Naples ’44, appena presentato alla festa di Roma) – esempi di contaminazione con altre forme di narrazione ma piuttosto in ragione di una sperimentazione e di una libertà creativa che non conosce eguali nel panorama cinematografico del nostro paese. Caratteristiche riscontrabili nella Tomba del tuffatore, medio metraggio di Federico Francioni e Yan Cheng passato in vari festival italiani che ripercorre la Storia della costiera amalfitana a partire dalle origini, rimembrate nel dipinto del sarcofago esposto nel museo di Paestum in cui campeggia la sagoma di un uomo pronto a tuffarsi in uno specchio d’acqua.

La raffigurazione, impressa nel manufatto risalente all’epoca pre cristiana, fa infatti da apripista a una ricognizione sensoriale del territorio che costituisce senza dubbio una testimonianza di passate civiltà salvate dall’oblio grazie alla visione dei lasciti monumentali ereditati dalle culture elleniche e borboniche e dalle considerazioni di ordine estetico, sociale e pure economico (derivato dall’indotto turistico) innescate dalla fotografia del contesto ambientale in cui le vediamo sopravvivere nel presente dei nostri giorni. Ma che prima di ogni altra cosa è il modo scelto dai registi per interrogarsi e interrogare  sugli antipodi biologici dell’esistenza  umana, traguardati da un punto di osservazione che riesce ad allinearli nel medesimo campo visivo. Come risulta nelle sequenze d’apertura che attraverso la divinazione propiziata dal suono dello strumento utilizzato nel prologo riescono a calare chi guarda in una bolla spazio temporale entro la quale il tuffatore – ripreso in campo medio dalla mdp in una delle prime scene – “riemerge” a nuova vita incarnandosi nella moltitudine di bagnanti che si attardano nel medesimo scenario naturale; e come si evince nell’andamento ciclico dell’esposizione, il cui il flusso filmico è inaugurato e poi si chiude sul primo piano di un moto ondoso che rimanda – per la presenza dell’acqua – tanto alla consistenza psichica del visibile quanto allo stile poetico e contemplativo imposto da una forma di montaggio già utilizzato dal Pietro Marcello de La bocca del lupo e dai registi  Martina Parenti, Massimo D’Anolfi di Spira Mirabilis”e  volto a privilegiare assonanze e collegamenti tutt’altro che palesi e però in grado di evocare suggestioni misteriose e affascinanti. Tra densità di senso e improvvise astrazioni Tomba del tuffatore lavora sul tempo e sullo sguardo trasfigurati rispettivamente nella meravigliosa vetusta’ di statue e opere architettoniche.

Carlo Cerofolini

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