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34 Torino Film Festival: Avant les rues di Chloé Leriche (Torino 34 – Concorso)

La Leriche ha uno sguardo attento ai suoi personaggi, con una sceneggiatura equilibrata fondata su un soggetto originale forte e interessante, uno sguardo naturalistico e al contempo poetico, dove la presenza della macchina da presa si sente e la metafora di un lungo canto indiano delle gesta di un giovane della tribù Atikamekw è resa in modo preciso, raccordando contenuto e forma. Il primo film veramente interessante del concorso del 34° Torino Film Festival

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All’interno della comunità di nativi americani del Québec seguiamo la vita quotidiana di Shawnouk fatta di incontri con gli amici, lo stretto rapporto con la sorella e la madre, il conflitto con il patrigno (agente della polizia della riserva). Senza lavoro né con la possibilità di studiare, il giovane, dopo una lite con la sua ex fidanzata, si ritrova in un locale a bere e incontra un canadese che gli propone di andare con lui a rubare nelle case della zona. In una di queste il proprietario li scopre e nel tentativo di salvare l’uomo uccide accidentalmente il suo compare improvvisato.

Opera prima di Chloé Leriche (che oltre a dirigere, la scrive e la produce), la regista mette in scena un dramma antropologico intenso, originale, raccontando il recupero culturale di tre comunità Atikamekw accerchiata dalla modernità e da una vita che non concede possibilità, potenziando questo aspetto utilizzando attori non professionisti (come i bravi protagonisti Rikko Bellemare e Kwena Bellemare Boivin, veri fratello e sorella) e facendo recitare gli attori nella loro lingua madre.

L’incipit di Avant les rues si collega formalmente con il finale: Shawnouk e sua sorella Kwena cantano una melodia del loro popolo, in un long take con la macchina da presa che li inquadra in un totale, dove la geometria dello spazio è fornito dalla verticalità dei corpi che restano uno a fianco all’altro incorniciati dal dehors in legno che delimita la messa in quadro; nel finale, dopo il percorso di maturazione personale, Shawnouk e Kwena sono distesi sul letto uno a fianco all’altra, i loro corpi in orizzontale ripresi da un’inquadratura stretta in mezzo primo piano, dove il ragazzo chiede alla sorella se si ricorda una canzone e iniziano a cantare insieme. Come è iniziato, così finisce il film, donando una forma di cantata alla storia raccontata di maturazione del personaggio. Una narrazione di percorso formativo all’interno di una serie di passaggi simbolici, cruenti, faticosi.

Questo lungo canto, che è Avant le rues, lo possiamo suddividere sostanzialmente in quattro parti. Nella prima, è presentato il protagonista, la famiglia, il suo girare a vuoto senza arte né parte, una situazione anomica, senza punti di riferimento (la perdita di identità culturale). Nella seconda parte vede Shawnouk insieme all’uomo bianco venuto da fuori che lo porta a infrangere la legge e alla fine a ucciderlo per salvare una persona della comunità (l’influenza negativa della società esterna dove il possesso dei beni materiali è tutto). La terza parte, la più lunga, la narrazione si sviluppa intorno alla fuga dalla realtà nella foresta; all’incontro con un’anziana sciamana; al senso di colpa crescente e all’aiuto del patrigno che mente e lo copre, dopo aver scoperto il portafoglio del figliastro sulla scena del delitto; al tentativo di lavorare prima in una fabbrica e poi in un canile dove gasano i randagi. Il ripetere l’uccisione dei cani non fa altro che ricordare al giovane la perdita della retta via, che dopo uno scontro con il patrigno lo porta a un tentativo di suicidio (passione, morte e resurrezione, in una visione divinatoria del personaggio). Infine, l’ultima parte, in cui Shawnouk va in una comunità nella foresta, dove un altro sciamano procede a riti di purificazione dello spirito e a esercizi per il corpo in contatto diretto con la natura, in una sintonia con il mondo naturale (ritorno e recupero delle proprie radici culturali).

La Leriche ha uno sguardo attento ai suoi personaggi, con una sceneggiatura equilibrata fondata su un soggetto originale forte e interessante, uno sguardo naturalistico e al contempo poetico, dove la presenza della macchina da presa si sente e la metafora di un lungo canto indiano delle gesta di un giovane della tribù Atikamekw è resa in modo preciso, raccordando contenuto e forma. Il primo film veramente interessante del concorso del 34° Torino Film Festival.

Antonio Pettierre

  • Anno: 2016
  • Durata: 97'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Canada
  • Regia: Chloé Leriche

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