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FESTIVAL DI CINEMA

FILMMAKER 2016: a Milano dal 25 novembre al 4 dicembre | Il programma completo

Al via il prossimo 25 novembre l’edizione 2016 di FILMMAKER INTERNATIONAL FILM FESTIVAL, in programma fino al 4 dicembre a Milano presso lo Spazio Oberdan e l’Arcobaleno Film Center. Al centro della manifestazione il cinema documentario e – più in generale – “di ricerca”: un’identità netta e riconoscibile che da quasi quarant’anni fa di Filmmaker un punto di riferimento certo per chi vuole scoprire e sostenere nuovi autori, nuove forme cinematografiche

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FILMMAKER INTERNATIONAL FILM FESTIVAL

Milano, 25 novembre – 4 dicembre 2016

Spazio Oberdan, Arcobaleno Film Center

www.filmmakerfest.com

Al via il prossimo 25 novembre l’edizione 2016 di FILMMAKER INTERNATIONAL FILM FESTIVAL, in programma fino al 4 dicembre a Milano presso lo Spazio Oberdan e l’Arcobaleno Film Center.

Al centro della manifestazione, come sempre, il cinema documentario e – più in generale – “di ricerca”: un’identità netta e riconoscibile che da quasi quarant’anni fa di Filmmaker, all’interno di un panorama nazionale affollato di appuntamenti, un punto di riferimento certo per chi vuole scoprire e sostenere nuovi autori, nuove forme cinematografiche, nuove relazioni con il pubblico. E non è un caso che tra i “nuovi” autori portati per la prima volta all’attenzione degli spettatori italiani, figurino nomi diventati col tempo degli autentici “classici”, da Ulrich Seidl a Frederick Wiseman, da Rithy Panh a Errol Morris.

9 le sezioni in cui si articola il programma di quest’anno: Concorso Internazionale, Prospettive, Fuori concorso, Natura selvaggia, Omaggio a Ulrich Seidl, Filmmaker Moderns, Fuori formato,Filmmaker off e Retrospettiva Marie Losier, cui si aggiungono i film di apertura e chiusura, per un totale di 94 titoli, tra anteprime assolute e italiane.

FILM DI APERTURA

L’apertura del festival, venerdì 25 novembre (ore 21, Arcobaleno Film Center), è affidata a uno dei “casi” del cinema francese dell’ultima stagione, Nocturama di Bertrand Bonello: scritto ben prima che gli attentati del novembre 2015 insanguinassero Parigi, il film immagina la capitale francese messa a ferro e fuoco da un gruppo di adolescenti. Nessun jihadista: “soltanto” dei ribelli alla deriva del sistema capitalistico, un mix di giovani delle banlieue e studenti (anche dell’alta borghesia), di cui il film registra le azioni concentrandosi sui fatti (l’intenzione dei ragazzi è far sprofondare Parigi nell’incubo colpendola in alcuni dei suoi luoghi simbolo, a cominciare dalla statua di Giovanna d’Arco), senza concedere spiegazioni né attenuanti.

Accanto a questo ultimo lungometraggio, Filmmaker è felice di ospitare Fuori concorso anche l’opera più recente di Bertrand Bonello, Sarah Winchester Opéra Fantôme: un film “su commissione” (diretto su invito dell’Opéra di Parigi) ma del tutto personale, perfettamente coerente con le “danze di spettri” che sono la natura stessa dell’autore. Protagonisti del film, un regista (interpretato da Reda Kateb) e una danzatrice (l’étoile Marie-Agnès Giliot), alle prese con le prove di un’opera – destinata a non andare in scena – su Sarah Winchester, giovane americana che aveva sposato l’erede dell’industria di armi. Rimasta vedova e persa la figlia appena nata, uccisa da una rara malattia, la donna piano piano impazzisce. E mentre gli affari della famiglia Winchester prosperano in nuove guerre e nuovo sangue, Sarah plagiata dai medium, cui si affida per cercare risposte, inizia a costruire un’enorme casa senza finestre dove accogliere le anime dei defunti. Un progetto folle che la risucchia fino alla morte.

FILM DI CHIUSURA
Rinnovando la tradizione di affidare la chiusura al film di un autore italiano su cui “scommettere” per il futuro, il festival sceglie quest’anno L’amatore di Maria Mauti. La storia di un seduttore, un uomo ironico, dalle insolite ossessioni, che un giorno del 1929 compra una cinepresa e da allora non smette più di filmare e montare la realtà che lo circonda: un amatore dell’arte, della vita, delle donne; ma anche un cine-amatore (e i filmati in 16mm sono lì a testimoniarlo). Si tratta di Piero Portaluppi, architetto milanese di grande fama durante gli anni del ventennio fascista (ma anche pungente vignettista, come fu, da giovanissimo, sulle pagine di Il Guerrin Meschino), per lungo tempo dimenticato e solo recentemente riscoperto grazie alle cento bobine ritrovate dal nipote in una vecchia cassapanca. Un diario per immagini, accompagnato dalle parole di Antonio Scurati per la voce di Giulia Lazzarini, attraverso cui provare a ricostruire un’epoca, dal primo conflitto mondiale sino al fascismo.

CONCORSO INTERNAZIONALE
Il Concorso internazionale propone quest’anno 12 film, senza distinzioni di formato, genere o durata, firmati tanto da giovani autori quanto da nomi di primo piano del panorama cinematografico internazionale.

L’Italia è rappresentata da Upwelling di Pietro Pasquetti e Silvia Jop, che a partire dall’esperienza del Teatro Pinelli occupato di Messina – e dopo un’attenta preparazione tesa a stabilire un’intima intesa con la realtà del luogo – racconta un’umanità eterogena fatta di figure volutamente ambigue, certe (e fiere) soltanto della propria impossibilità di essere normali: Pietro, che rifiuta ogni tipo di istituzione e afferma di portare il punk all’Università; Max, che si muove come uno straniero nel luogo in cui è nato; Renato, il Sindaco che insegue obiettivi di tipo spirituale; Giulia, che con il suo impegno politico si   impegna in una gravidanza anticonformista. Sullo sfondo, intanto, l’eco invisibile della città scomparsa e la punteggiatura musicale affidata al gruppo dei Sacri cuori.

Italiana, sebbene il suo film batta bandiera francese, è anche Chiara Malta, impegnata da anni in un cinema insolito e inclassificabile, scritto, diretto (e talvolta interpretato) in prima persona: con L’existence selon Gabriel s’immerge alla ricerca di quel tempo perduto che inevitabilmente si smarrisce al momento di diventare adulti. Lo fa con uno stile dal taglio quasi documentaristico, che bilancia gli elementi fantastici e le atmosfere uniche di un film che segna il riscatto della materialità dell’immagine dal dominio del sogno e della fiaba.

Con Vendredi 13 Nicolas Klotz (presente quest’anno a Filmmaker anche nella sezione Natura selvaggia) ci porta negli studi di una delle più note trasmissioni radiofoniche francesi, “Very Good Trip” (condotta da Michka Assayas, fratello del regista Olivier), all’indomani degli attacchi terroristici che insanguinarono Parigi il 13 novembre 2015, alternando le immagini della diretta in studio con quelle girate al 50 di Boulevard Voltaire, uno dei luoghi della strage.

Undici “parabole”, o “vignette” come le definisce la regista Deborah Stratman, per raccontare la storia di uno Stato, l’Illinois, e più in generale quella degli Stati Uniti. È The Illinois Parables, un documentario sperimentale che ripercorre eventi, piccole e grandi tragedie che, dalla fine del Settecento a metà anni ’80 del XX secolo, hanno segnato il Paese: un compendio di storia illustrata (il film è infatti composto di acqueforti, dagherrotipi, articoli di giornale, fotografie; e poi ancora frammenti di cinema, murales, graffiti), un diorama che diventa l’occasione per riflettere sull’evoluzione delle tecniche di rappresentazione del reale.

Claire Simon torna in concorso – per il secondo anno consecutivo – con Le Concours, già vincitore del premio come miglior documentario sul cinema all’ultima Mostra di Venezia: un film che indaga dall’interno sui meccanismi di selezione che governano l’ingresso a una delle più importanti scuole di cinema del mondo, la Fémis di Parigi, nelle cui aule hanno studiato (e talvolta, più tardi, insegnato) personalità come Louis Malle, Alain Resnais, Theo Angelopoulos, François Ozon, Arnaud Desplechin.

Il carteggio più struggente del ’900, quello tra Ingeborg Bachmann e Paul Celan, rivive in The Dreamed Ones di Ruth Beckermann: un “film parlato” in cui l’amore tra i due poeti si specchia nel rapporto tra un attore e un’attrice che nello studio di registrazione di Funkhaus, a Vienna, leggono quei testi, conversano, fumano, sembrano corteggiarsi. Forse è l’epistolario a condizionarli, o forse è proprio il sentimento che provano a permettere loro di trovare il giusto respiro per far vibrare quelle parole.

Tra gli autori che più hanno segnato il cinema degli anni 2000, il cinese Wang Bing (cui Filmmaker dedicò nel 2010 la prima retrospettiva in Italia) racconta in Ta’ang la guerra civile che infiamma la regione del Kokang, nel Myanmar, costringendo la popolazione ta’ang, perseguitata dalle milizie birmane, a trovare riparo in Cina. Una vera e propria diaspora, che Wang Bing racconta per cercare di salvarla dall’oblio, dando così alla sofferenza un’occasione di riscatto.

È una sorta di diaspora anche quella vissuta dalla famiglia Le, protagonista di A House in Ninh Hoa di Philip Widmann, che attraverso il “ritorno a casa” di due fratelli vietnamiti cresciuti in Germania ci racconta il passato e il presente di un’intera nazione.

Un’esperienza sonora, oltre che visiva, senza precedenti è quella offerta da Havarie di Philip Scheffner: lo spunto di partenza è il salvataggio di un gommone carico di migranti al largo delle coste spagnole, e un breve filmato (meno di 4 minuti), girato da un passeggero della nave da crociera imbattutasi nel gommone in avaria. Scheffner estende la durata del video fino a raggiungere i 90 minuti (il tempo effettivo in cui le imbarcazioni sono state l’una di fronte all’altra) durante i quali, fuori campo, è orchestrato un incastro di suoni, voci e intercettazioni, che formano il paesaggio sonoro in cui si sono trovate coinvolte tutte le persone che hanno partecipato all’operazione di salvataggio (naufraghi, soccorritori e passeggeri-spettatori).

La lettone Laila Pakalnina cattura in Waterfall, sullo sfondo della cascata più grande d’Europa, le immagini di un’umanità ossessionata dalla continua ricerca della posa migliore: svelando, con divertita intelligenza e lontano da ogni sospetto di moralismi anti-selfie, che certe “pose” possono rivelarsi talvolta meno artificiali – e comunque più rivelatrici – della “naturalezza”.

Campione di un cinema di “resistenza”, autore di un corpus sterminato di opere (alcune centinaia tra corti, lunghi, documentari, film sperimentali, tutte realizzate in modo artigianale e al di fuori dell’industria), Boris Lehman scrive con Funérailles (De l’art de mourir) un nuovo – definitivo? – capitolo della propria auto-cine-biografia, quello legato alla sua dipartita: dalla cerimonia funebre (a metà tra il rito ebraico e l’happening) alla bara, dal testamento alla sepoltura.

In Incident Reports il canadese Mike Hoolboom appare alle prese con un’amnesia da cui cerca di guarire attraverso una terapia audiovisiva che passa dalla realizzazione di brevi istantanee di un minuto della propria città, Toronto. Il risultato è un’inedita sinfonia urbana vista attraverso gli occhi di un flâneur sulle tracce di se stesso.

FUORI CONCORSO
Nove le proposte Fuori concorso di questa edizione.

Valeria Bruni Tedeschi racconta nel documentario Une jeune fille de 90 ans (diretto insieme a Yann Coridian) la “storia d’amore” tra Blanche Moreau, la “giovane ragazza di novant’anni” del titolo, ricoverata presso il reparto geriatrico dell’ospedale Charles Foix d’Ivry, e il coreografo di fama internazionale Thierry Thieû Niang, che in quella stessa struttura tiene un laboratorio di danza con i pazienti malati di Alzheimer.

Con Chi mi ha incontrato, non mi ha visto Bruno Bigoni mette in discussione, attraverso una fotografia inedita, tutto ciò che finora pensavamo di sapere su Arthur Rimbaud, costruendo uno strano film, volutamente sfuggente: più che un documentario, la possibile documentazione di ciò che sarebbe stato…

Il grande reporter de La Stampa Domenico Quirico, rapito in Siria nel 2013 e liberato dopo 152 giorni di prigionia, è al centro di Ombre dal fondo di Paola Piacenza: per la prima volta il giornalista accetta di condividere la sua esperienza sul campo, prima lungo il fronte russo-ucraino, poi nel viaggio di ritorno verso i luoghi della propria prigionia in Siria. Il luogo «dove tutto è cominciato e tutto è finito». Perché «il ritorno non è a casa, il ritorno è qui».

Our War di Benedetta Argentieri, Bruno Chiaravalloti e Claudio Jampaglia documenta per la prima volta la scelta di quei “foreign fighters” al contrario che hanno deciso di arruolarsi come volontari nelle Unità di Protezione Popolare (YPG) in Rojava, la regione controllata dai curdi nel Nord della Siria. Karim, Joshua e Rafael sono tre di loro: occidentali che lasciano le loro famiglie e la loro sicurezza per andare sul campo a combattere contro l’autoproclamato Stato Islamico. Le loro immagini nel teatro di guerra più difficile e significativo degli ultimi decenni si intrecciano con la vita quotidiana negli Stati Uniti, in Svezia e in Italia, con il ricordo dei compagni morti e l’impegno a sostenere la lotta dei curdi. E con una domanda che ci tocca tutti: per chi combattono?

La Russia, la sua cultura e i suoi conflitti, gli anni Venti e Trenta le avanguardie artistiche perseguitate dal potere. Con A propos de nos voyages en Russie, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi ci aprono il prezioso laboratorio della loro creazione: vecchie pellicole, fotografie dell’era zarista, della rivoluzione russa e degli anni a seguire, gli acquerelli di Angela Ricci Lucchi, commenti, testi (Cechov, Anna Achmatova, Limonov, Nina Berberova, Tolstoj, Slovskij, Puskin, Mandel’stam), fiabe per bambini. Scopriamo così i materiali che nutriranno il loro prossimo film, ancora in preparazione: una sorta di catalogo e, al tempo stesso, un’opera indipendente, attraverso la quale si rivela l’universo poetico dei due artisti.

È un vero e proprio racconto di formazione Il passo di Mattia Colombo, Francesco Ferri e Alessandra Locatelli: protagonista è Gabriele che decide senza dir niente a nessuno di passare l’estate dei suoi 13 anni in alpeggio, facendo il pastore. Affiancherà Claudio, che di anni, a dispetto dei segni che gli rigano il volto, ne ha appena 28. In due dovranno fare il lavoro di dieci: baderanno a un pascolo di più di cento mucche… Le difficoltà iniziali di Gabriele pian piano si scioglieranno, lasciando il posto a gesti sempre più consapevoli e sicuri, e gli guadagneranno la fiducia della montagna e della sua gente.

Abraham e Shagra, gemelli ebrei ortodossi di Brooklyn sono i protagonisti di Thy Fathers Chair di Alex Lora e Antonio Tibaldi: avanti con gli anni, hanno passato tutta la vita ad accumulare ogni genere di cose. Quando l’inquilino del piano di sopra li minaccia di non pagare più l’affitto se non sgombreranno l’abitazione, i due si rivolgono a una ditta di pulizie: per i due fratelli una traumatica invasione che li costringe a ripensarsi al di là di tutti quegli oggetti cui hanno affidato, feticisticamente, i loro ricordi.

Diretto da Giuseppe Piccioni e prodotto dall’Accademia Silvio D’Amico, Esercizi elementari non è un backstage della più importante scuola d’arte drammatica italiana, ma un racconto che si concentra sul lavoro che sta dietro al mestiere d’attore, tutto giocato sullo scarto minimo tra l’errore e la soluzione, quella che può permettere di raggiungere una qualche sfuggente esattezza, il giusto suono, l’esattezza di un gesto, che possano permettere, recitando, di trasmettere un’impressione di verità.

A chiudere il programma del Fuori concorso, in stretto dialogo con il film d’apertura, Sarah Winchester Opéra Fantôme di Bertrand Bonello (vedi sopra).

CONCORSO PROSPETTIVE
Riservato ai lavori più promettenti dei giovani filmaker italiani, il concorso Prospettive propone dieci film, di cui sette del tutto inediti.

In Acqua dolce di Enrico Mazzi un uomo, nell’intervallo tra due inondazioni, decide di ricostruire una palafitta in riva a un fiume, e facendolo rinnova una ritualità di gesti e tramanda la mitologia di un luogo selvaggio, che l’imprevedibilità delle acque ha salvato dalle mire speculative.

Con Atlante 1783 Maria Giovanna Cicciari studia le cronache d’epoca del XVIII secolo, conservate nella biblioteca dell’Università Federico II di Napoli, per ritrovare le tracce del terremoto che nel 1783 sconvolse Messina e la Calabria, mettendole a confronto con il paesaggio attuale.

Una pagina poco nota di storia contemporanea, quella dei militari italiani prigionieri nei campi di lavoro nazisti, è al centro di I compagni sconosciuti di Lorenzo Apolli, che attinge agli archivi conservati dalla Fondazione Micheletti, tra cui il diario di Paride Piasenti scritto dopo il suo ritorno in Italia, per documentare – anche attraverso le fotografie che Vittorio Vialli riuscì a scattare nascondendo la sua Leica alle guardie tedesche – le condizioni di vita dei detenuti italiani durante i due anni di prigionia trascorsi nel campo.

Sei soggetti, sei diversi modi di vivere e intendere la musica: è Indagine su sei brani di vita rumorosa dispersi in un’estate afosa – Raccolti e scomposti in cinque atti, il film di Ilaria Pezoneche disegna sei ritratti “in fieri” dimostrando che, al di là delle dichiarate introversioni, una possibilità di incontro, e forse di scambio, è possibile.

La natura delle cose è la storia dell’amicizia tra una filmmaker di 35 anni, Laura Viezzoli, e un filosofo di 70, Angelo Santagostino, che la SLA ha reso immobile. Un uomo spinto a esprimersi da un’irrefrenabile urgenza interiore, che grazie a un puntatore oculare dà voce a ciò che la sua voce si rifiuta di pronunciare. Angelo non è un malato, ma un astronauta in missione che esplora i limiti dell’umano, interrogandosi (e interrogando) sul senso del fine vita.

«Lavora come se non dovessi morire mai e prega come se dovessi morire domani»: è ciò che ripete il loro maestro coranico ad Hassan e Pape, i giovani protagonisti di Le porte del paradiso, il documentario che Guido Nicolás Zingari ha girato nella metropoli spirituale di Touba, in Senegal, detta anche la Mecca dell’Africa Occidentale, dove il timore di Dio e lo sforzo quotidiano sono alla base di un vero e proprio servizio militare chiamato “jihad dell’anima”.

Una religiosità precristiana, fatta di culti e propiziazioni, è quella che sopravvive a Pagani, vicino Pompei. Elisa Flaminia Inno mostra queste antiche tradizioni, tra cui il culto della Madonna delle Galline, e in particolare i riti di una comunità gay di devoti alla Madonna, protagonista degli eventi liturgici più ortodossi: il matrimonio della Zeza, la Morte di Carnevale e la Figliata dei Femminielli, che rappresentano ogni anno l’archetipo della vita nella tradizione omosessuale locale.

Parco Lambro di Giulia Savorani, Francesco Martinazzo, Federico Gariboldi e Martina Taccani è una insolita variazione sul genere del documentario naturalistico: al centro il Parco Lambro, stravolto nel 2014 da un’alluvione. Un luogo insieme di affezione e trasformazione, teatro di incontri legati alla danza, alla riappropriazione del corpo e ad altre libere espressioni di vitalità.

Sessions di Federico Frefel è una sorta di conversazione per piano, basso e batteria. Un confronto a tre, filmato per lunghi piani fissi, che si compie attraverso differenti spazi sonori, comunicanti eppure tra loro separati, e dove lo studio di registrazione diventa, da sede di un processo creativo, il luogo dove bilanciare i rapporti personali e musicali.

È un paese all’antica, Caselle in Pittari, nel Cilento: qui vive Antonio, il protagonista di Sopra il fiume di Vanina Lappa: un paese che sembra vivere in un tempo sospeso, ancorato a rituali più o meno antichi che il ragazzo segue con partecipato distacco; si confronta con un uomo più grande di lui, che come lui si chiama Antonio, barista a Caselle e che, da dietro il suo bancone, gode di un punto d’osservazione privilegiato sulle dinamiche del paese. Sognano e allo stesso tempo temono la fuga, entrambi spaventati al pensiero che, andando via, possano perdere tutto quello che sono.

PROSPETTIVE – FUORI CONCORSO
Nove le proposte fuori concorso della sezione Prospettive: dialogano a distanza due titoli che affrontano, attraverso il lavoro sui filmini di famiglia, la cognizione del dolore e l’elaborazione del lutto, Alice di Chiara Leonardi e Il Matrimonio di Paola Salerno; Circus di Valentina Monti, che attraverso il materiale unico dell’archivio privato ripercorre la saga della famiglia Togni, sinonimo stesso di “circo” nell’immaginario collettivo; Colombi di Luca Ferri, una coppia di innamorati che trascorre insieme un secolo di vita mentre le mode, gli oggetti e i film si susseguono in una lenta e inesorabile discesa verso il raccapriccio; l’animazione Diario Blu(e) di Titta Cosetta Raccagni, educazione sentimentale di un’adolescente che scopre l’amore per un’amica di scuola sullo sfondo dell’Italia dei primi anni ’90; Dormiente di Tommaso Donati, la solitudine di due invisibili, Katia e Cumar, che sopravvivono ai margini della società; Le variazioni di Maria di Amalia Teresa Violi, ritratto di Maria, l’anziana madre dell’autrice, divisa tra le memorie nitidissime del passato e un presente nebuloso dove tutto si confonde; Notturno di Fatima Bianchi, in cui un gruppo di donne cieche si racconta, facendo affiorare il proprio modo di “vedere”; Nuova Zita di Antonio Di Biase, il racconto di una giornata in mezzo al mare pescarese affidato all’obiettivo di una Bolex 16mm manovrata accuratamente sul peschereccio che dà il nome al progetto.

NATURA SELVAGGIA
Novità di questa edizione, Natura Selvaggia è uno spazio di indagine su una “tendenza” significativa del cinema contemporaneo, sempre più propenso a cercare per i suoi personaggi possibili vie di fuga esistenziali in luoghi non civilizzati ma tutt’altro che remoti.

Due i titoli in programma O Ornitologo di João Pedro Rodrigues, che si diverte a giocare con simbologie religiose e mitologie gay reinterpretando in chiave visionaria e surreale la vita di sant’Antonio, figura particolarmente cara alla cultura portoghese e patrono di Lisbona, che aveva già in parte ispirato un precedente lavoro del regista, il cortometraggio Manhã de Santo António; e Mata Atlantica di Nicolas Klotz ed Elisabeth Perceval, che ci immerge nella foresta del titolo, in passato una tra le più estese di tutto il Sudamerica, di cui oggi non restano che pochi frammenti come il Parque Trianon nel cuore di San Paolo. Qui si trova una statua misteriosa che riproduce il dio Pan, come racconta un affascinante ragazzo alla sua compagna… quando la giovane donna scompare, ad essere accusato è un africano che sa, perché conosce gli inganni di cui la foresta è capace, dove ancora si nascondono forze arcaiche e spiriti antichi.

OMAGGIO A ULRICH SEIDL
Filmmaker saluta quest’anno il ritorno a Milano di Ulrich Seidl, protagonista di un omaggio che ripercorre dall’alfa all’omega la sua carriera: dalle due rare opere degli inizi (l’esordio Einsvierzig, 1980, subito accusato di “Sozialpornographen”, e Der Ball, 1982, che gli “valse” l’allontanamento dalla Vienna Film Academy) al suo ultimo lungometraggio, Safari, che mostrando le vacanze africane della classe media austriaca e tedesca offre una riflessione – come sempre sconvolgente – sui mai sopiti istinti coloniali europei.

FUORI FORMATO
Si inaugura la collaborazione con l’Austrian Film Museum di Vienna, tra le maggiori e più attive filmoteche internazionali, autentico scrigno della produzione cinematografica non solo austriaca e custode, in particolare, della memoria del cinema d’avanguardia di tutto il mondo, in un arco che va dal cinema sovietico rivoluzionario alla ricca tradizione del New American Cinema e dei suoi successori, passando per il film d’avanguardia austriaco dalle sue origini al presente. I quattro programmi presentati al festival offrono una piccola veduta su questa parte del lavoro di preservazione del museo, con esempi che provengono dagli Stati Uniti e dall’Austria.
Il primo, For Kurt: Inside Outside Vienna, è dedicato al cineasta sperimentale austriaco Kurt Kren(1929-1998), di cui propone una selezione di 6 opere, affiancate da quelle di altri autori viennesi degni compagni del suo genio inquieto (su tutti lo Josef von Sternberg di The Case of Lena Smith).
Il secondo, Histories, mostra come tutte le immagini e le parole che una società produce restino in un limbo, pronte a essere utilizzate un’altra volta: come dimostrano Ein drittes Reich di Alfred Kaiser (che riassembla materiali della propaganda nazista in modo tale che quelle immagini e quelle idee si soffochino tra loro) e American Dreams (Lost and Found) di James Benning, che riunendo memorabilia del giocatore di baseball Hank Aaron, estratti di trasmissioni radio e il diario di Arthur Bremer (l’uomo che sparò al candidato alla presidenza George Wallace lasciandolo paralizzato) costruisce una meditazione sul Sogno Americano come un incubo di ottimismo.
Il terzo, Wienfilm 1896-1976, propone l’omonimo film di Ernst Schmidt Jr., un mosaico delle più significative immagini girate a Vienna tra il 1896 e il 1976.
Il quarto, From the Notebook of…, è dedicato infine a Robert Beavers, figura chiave dell’underground americano, ospite a Milano per presentare il suo From the Notebook of… (1971-1998), dove la sperimentazione formale e la riflessione su una mente “sperimentale” come quella di Leonardo da Vinci si fondono in un capolavoro dove passato e presente si corrispondono.
Il progetto è sostenuto dal Forum di Cultura Austriaca di Milano.

FILMMAKER MODERNS
Nato per “festeggiare” i 50 anni della pellicola Super8 (compiuti nel 2015), il progetto 14Reels ha consegnato 14 bobine ad altrettanti registi in giro per il mondo. Agli autori è stato chiesto di impressionarle descrivendo la propria città senza vincoli di contenuto né di forma, fatta eccezione per le caratteristiche intrinseche del supporto filmico: una sola bobina muta da 15 metri da girare a 18 fotogrammi al secondo (quindi 3’20” di durata ciascuno), con un montaggio in camera. Secondo questa logica one shot, l’errore (in fase di esposizione prima e in fase di sviluppo della pellicola dopo) è regola del gioco e stilema filmico. Questi i registi e i film (le città) che compongono il progetto: Boris Lehman (#1 Bruxelles), Alina Marazzi (#2 Milano), Massimo Bacigalupo (#3 Genova), Tonino De Bernardi (#4 Torino), Chantal Partamian (#5 Beirut), Mirco Santi (#6 Bologna), Davorin Marc (#7 Ljubljana), Julien Lingelser (#8 Lyon), Joana Preiss (#9 Marseille), Luca Chinaglia (#10 Venezia), Jaap Pieters (#11 Amsterdam), Astrid Carlen-Helmer (#12 Los Angeles), Giulio Tosi (#13 Hamburg), Roberto Nanni (#14 Roma).

Figura in qualche modo paradigmatica del filmmaker contemporaneo, Raffaele Andreassi(1924/2008) ha legato il suo nome soprattutto a un corpus vastissimo di documentari sull’arte e gli artisti del secolo scorso, dalla scoperta di Antonio Ligabue ai tre film con De Chirico, passando per Kokocinski, Primo Conti, Hundertwasser, Cesetti, Omiccioli. Filmmaker, in collaborazione con la Cineteca Nazionale, ospita una sorta di “riscoperta” di uno dei film più emblematici dell’approccio di Andreassi all’arte, quel Uomini e cose che, girato nel 1968, indaga l’opera di Enrico Baj, “uomo libero che sfida il formalismo ufficiale delle memorie e dei canoni”. Accanto al film vero e proprio, per la prima volta saranno mostrati i girati successivi – e mai montati – del 1974, ’77 e 84, di cui resta soltanto il negativo, senza sonoro: una sorta di catalogo filmato che restituisce la potenza, la bellezza, la profondità giocosa dell’arte di Baj.

Il gioco delle parti è il nuovo film di Fabiana Sargentini (già autrice nel 2012 di Non lo so ancora, scritto insieme a Morando Morandini). Ventuno figure nude, dettagli di schiene, seni, mani, sessi su un fondo bianco, separati dai volti e confusi tra di loro per raccontare la relazione di ciascuno con il proprio corpo, le sue imperfezioni, le cose di lui che si amano e che si odiano. Ispirato a una perfomance di Spencer Tunick a cui la regista ha partecipato.

Figura carismatica della scena sperimentale, Peter Hutton, nato a Detroit, nel ’44, scomparso quest’anno, è autore di un cinema poetico, che narra paesaggi naturali o di città. Filmmaker gli rende omaggio con la proiezione di Study of a River (1994/1996), studio sul fiume Hudson, uno dei luoghi prediletti dall’obiettivo del cineasta; il movimento delle barche, lo scorrere dell’acqua, il respiro del tempo e della natura.

Comico, attore, regista, ammiratore di Buster Keaton, di cui rivendica l’eredità come di Chaplin e di Max Linder, Pierre Etaix (1928-2016) è stato un protagonista eccentrico del cinema francese. Per ricordarlo Filmmaker propone il suo unico documentario da regista, Pays de cocagne (1971): una sorta di reportage sui francesi in vacanza che con umorismo tratteggia il ritratto della società d’oltralpe dopo il Maggio ’68.

Due donne che sembrano ricalcare la stessa vita a distanza di decenni: un incontro segreto, un amante elusivo, un lungo viaggio in macchina… Paolo Ranieri con Psyco Twice costringe all’incontro lo Psycho di Hitchcock e quello di Gus Van Sant, generando un nuovo film e una nuova storia.

Chi era David Bowie e quanta influenza ha avuto sul mondo delle immagini? Per cercare una risposta il film più utile è Ziggy Stardust and the Spiders From Mars che il grande documentarista D. A. Pennebaker realizzò nel 1973 filmando il celebre concerto all’Hammersmith di Londra in cui Bowie si congeda dal suo alter ego Ziggy. Fedele alle regole del cinema diretto, Pennebaker, coglie nella realtà gli snodi di un cambiamento epocale nella musica, nel costume e nei modi di rappresentarsi sulla scena sociale.

Francesco Ballo, studioso di Buster Keaton e docente all’Accademia di Brera, è un vero cinefilo con la macchina da presa: i suoi Esperimenti e Ghiaccio rosso marcano la continuità con l’esperienza dei film visti. Nel produrre le immagini che vorrebbe vedere, l’autore mette a nudo uno dei meccanismi fondamentali della vocazione a fare cinema.

HELLO HAPPINESS – IL CINEMA DI MARIE LOSIER
Figura pressoché sconosciuta in Italia, la filmmaker e artista francese (ma newyorkese d’adozione) Marie Losier è la protagonista della retrospettiva di quest’anno, che propone per la prima volta in Italia tutta la sua produzione: un unico corpo di opere, la gran parte in pellicola, che spaziano tra la narrativa, il performativo e il ritratto filmico. I film di Losier costruiscono un mondo di protagonisti gioiosi, ispirato in gran parte alle avanguardie artistiche, teatrali e musicali del ‘900 e capace di attraversare con disinvoltura i confini tra le discipline, le forme e i temi.
La sua incursione nel lungometraggio cinematografico ha portato all’acclamato Ballad of Genesis and Lady Jaye (2011), che ha aperto la strada ad altri lungometraggi attualmente in produzione.
Tra gli artisti a cui ha dedicato i suoi ritratti – sempre estrosi, poetici, onirici e non convenzionali – ricordiamo almeno George Kuchar, Guy Maddin, Richard Foreman, Tony Conrad, Alan Vega e Felix Kubin.
Accanto alla retrospettiva dei suoi lavori, Filmmaker ospiterà un laboratorio di Marie Losier.

FILMMAKER OFF: VEDOZERO² DI ANDREA CACCIA
La sezione Filmmaker Off esplora i confini tra cinema e arte contemporanea con un documentario in forma di installazione firmato da Andrea Caccia, regista già premiato a Filmmaker per La vita al tempo della morte (2010).
VEDOZERO²
riprende il filo del Vedozero originario (realizzato nel 2009) e affida a un gruppo di adolescenti palermitani la responsabilità di girare immagini che raccontino la loro quotidianità. A partire dalle loro storie digitali, caratterizzate da insolite inquadrature verticali, Caccia compone un ritratto appassionante e preciso di un momento della vita dove tutto è in costante incerto divenire. L’interrogazione radicale di chi siano gli spettatori ideali del film porta Caccia a concepire un dispositivo di visione non convenzionale che oltre a supportare la narrazione del film propone un’esperienza della visione anomala e affascinante.

FILMMAKER è sostenuto da Comune di Milano, Regione Lombardia, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Fondazione Cariplo, Goethe Institut, Forum Austriaco di Cultura con la collaborazione di Città Metropolitana di Milano

I LUOGHI DEL FESTIVAL

Spazio Oberdan, Viale Vittorio Veneto 2

Arcobaleno FilmCenter, Viale Tunisia 11

MONO Bar, Via Lecco 6

TICKETS

Biglietto ingresso: euro 7

Abbonamento intero: euro 30

Abbonamento ridotto: euro 25

INFO

Associazione Filmmaker

Tel. 02 3313411 – segreteria@filmmakerfest.org

WEB: www.filmmakerfest.com

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