In mostra a Roma l’espressionismo cromatico di un maestro inquieto e per alcuni versi insondabile del ‘900. Una mostra originale e rara questa di Antonio Ligabue (1899-1965). Da considerare che non sono molte le manifestazioni dedicate a questo maestro svizzero/italiano, la cui figura ha ispirato letterati e poeti.
Le sue opere, benché affascinanti, sono ricche della violenza arcana e primordiale della belva che aggredisce e uccide. Tigri e leoni, pantere e aquile, tutti rappresentati durante una lotta che non lascia scampo e che sconvolge lo spettatore con la sua realistica, e nello stesso tempo astratta, iconografia. Quali fantasmi si aggiravano nell’animo dell’uomo e dell’artista? Poche scene sono bucoliche e agresti, come Carrozza con cavalli, Paesaggio svizzero (1956-1957) o Tavolo con vaso di fiori (1956) mentre la maggior parte raccontano un mondo la cui dimensione di aggressività ci stupisce.
La violenza rappresentativa si sposa con un colore vibrante e intenso, che non lascia spazio a ombre e chiaroscuri: tutto è sotto la luce che investe e avvolge con crudo realismo ogni scena.
Ligabue sceglie di raffigurare gli animali, ma riconosciamo in essi una metafora inquietante del nostro tempo. I suoi lavori, ricchi di colore di matrice espressionista, restano un unicum nella storia dell’arte e l’artista rappresenta una figura particolare del ‘900.
In mostra circa cento opere di un uomo particolare, dal volto strano, asimmetrico, che egli racconta in molteplici repliche e che, con la sua intensità, mette quasi a disagio. Un uomo segnato da disgrazie, malattia mentale e solitudine. Presenti molti dei molteplici autoritratti, dove la bruttezza del soggetto, quasi potenziata dalla pittura, sembra un grido d’aiuto rivolto a chi guarda.
Assolutamente diverse, serene e pienamente realistiche, ricche di un naturalismo che evoca le antiche opere romane dei primi secoli dopo Cristo, sono le piccole e splendide sculture in bronzo, come la Leonessa (1952-1962) e Lupo siberiano (1936), ma anche il Gufo, il Pavone e molti altri animali, che ricordano la scultura popolare svizzera in legno; in queste opere serene, oltre ogni conflitto, forse si placa la sua anima tormentata.
L’esposizione, è curata da Sandro Parmiggiani, direttore della stessa Fondazione Ligabue e da Sergio Negri, presidente del comitato scientifico. Organizzazione generale di Arthemisia. Dall’11/11 2016 all’8/12/2017 al Vittoriano di Roma.
Alessandra Cesselon