«”Prinzessin”, primo lungometraggio di finzione per la regista tedesca Birgit Grosskopf, presentato per la sezione “ Cinema delle donne”, scuote per freddezza e realismo».
Prinzessin, primo lungometraggio di finzione per la regista tedesca Birgit Grosskopf, 34 anni e quattro cortometraggi alle spalle, presentato al Tekfestival 2010 per la sezione “ Cinema delle donne”.
Tra Natale e Capodanno in un anonimo sobborgo della Germania occidentale, la diciottenne russa Katharina passa le sue vuote giornate con Yvonne, in procinto di andare in prigione, e altre due ragazze di una gang. Spaesate e inquiete vagano per strade desolate, motel di quarta categoria, discount e blocchi di appartamenti. Definirle “principesse” è tragicamente ironico mentre le si osserva spente, come la grigia fotografia, con whysky and cigarettes, linguaggio sguaiato ed eventuali pestaggi per chi, disgraziato, capita sulla loro via. Alla ricerca di cosa ma-non-si-sa-cosa, forse un eden dietro il cemento, soffrono la presenza dell’autorità e la disperazione di un contesto troppo pulito e monotono (in apparenza) circondato da famiglie non completamente a brandelli.
La Grosskopf dice di essersi ispirata “alle gang di ragazze dei ghetti americani che oggi si trovano anche in Europa”, nei sobborghi umani e urbani, aggiungeremo noi. Uno stile tagliente e duro come i calci che le protagoniste sferrano ad una giovane turca (non si dimenticano neppure i latenti conflitti fra diverse emigrazioni), senza paternalismi. La regista tedesca si sofferma sulla perdita dell’innocenza, sulle amicizie disperate come unica salvezza, e sui sogni di chi va in Afghanistan, che “almeno vede il mondo”.