“Nei confronti di Pasolini ci comportiamo come una sorta di Antigone rovesciata che si batte e si dispera affinché il corpo del fratello maledetto resti insepolto. Ma fino a quando non ci decideremo a seppellire Pasolini resteremo figli né obbedienti, né disobbedienti e la dialettica della storia non potrà ancora essere sbloccata” (tratto dall’articolo di Stefano Valente su Pasolini di Abel Ferrara)
Come suggerisce il collega Stefano Valente, Pier Paolo Pasolini – attenzione perché l’affermazione è forte – non era un letterato, ma ‘un corpo gettato nella realtà’, intendendo con questa netta espressione che un atteggiamento ossessionato dall’esigenza di ricostruire quanto accadde durante la sua vita, in riferimento soprattutto a cosa ne provocò la morte, o, di contro, solo dalla sua opera, risponderebbe a una sindrome da ‘Antigone rovesciata’, laddove la sinistra italiana non è mai davvero riuscita ad elaborare il proprio passato, in quanto incapace di accollarsi le ‘colpe dei padri’, non accettando l’eccedenza di ciò che per sua natura sfugge. Non siamo in grado in questo paese di seppellire Pasolini. Non riuscendo più a ‘divenire padri’, i figli hanno smarrito quella dialettica della Storia che permette di guardare indietro con lucidità, attraverso la presa su di sé (‘cristicamente’, e in Pasolini, in questo senso, il ‘sacro’ diviene ‘santo’) del Male che grava su di noi come un’eredità che non si può rifiutare, ma con cui ci si deve confrontare, pena l’impossibilità di interpretare correttamente ciò che ci ha preceduto. È una visione cristiana, questa, della figura di Pasolini, che molti potrebbero rigettare, eppure assai efficace per comprendere o, meglio, connettersi con la sua figura che non cessa, per l’eccedenza che la informa, di stimolare riflessioni.
Questa premessa appare necessaria per introdurre il film di David Grieco, La macchinazione, in cui, ripercorrendo l’ultimo periodo della vita di Pasolini, quello in cui aveva appena terminato di girare Salò ed era ossessivamente dedito alla stesura del romanzo-fiume Petrolio, il regista tenta, grazie anche ad un notevole lavoro di documentazione, di ricostruire quanto accadde la notte del 1 Novembre del 1975. Probabilmente il Pasolini di Willem Dafoe, molto più centrato sul corpo del poeta, era più credibile rispetto a quello di Massimo Ranieri, che pure in quest’occasione ha offerto una prova più che degna.
Apprendiamo dalla versione di Grieco che Pino Pelosi frequentava Pasolini da tempo, era nato tra i due un rapporto, e fu proprio questa ‘amicizia’ a portare poi alla realizzazione del tragico evento all’idroscalo di Ostia. Pelosi era uno sprovveduto, venne completamente strumentalizzato per compiere quel delitto che vide la partecipazione di più persone, e di cui si fece ricadere la colpa sull’allora minorenne, per scagionare tutti coloro che erano coinvolti nell’orchestrazione del misfatto. Potere politico, economico, servizi segreti, eversione di destra, malavita romana: tanti furono, secondo la tesi di Grieco, gli attori che parteciparono a quel triste spettacolo, di cui alla fine rimane stampata nelle teste di chi lo aveva amato l’immagine del corpo martoriato di Pasolini, accasciato in una polverosa e desolata landa a ridosso di un campetto di calcio nella più miserabile delle periferie. Pasolini con la caccia a Cefis aveva probabilmente infastidito molti, e nei bei contenuti speciali del dvd, in cui si possono vedere le interviste a Stefano Maccioni, Silvio Parrello e lo stesso Grieco, emerge come la strategia delle tensione avesse avuto un ruolo decisivo, tant’è che accanto al delitto Pasolini vengono affiancati quelli di Enrico Mattei e di Mauro De Mauro, in una consequenzialità che rispondeva a un preciso disegno, quello di imporre un certo ordine politico ed economico in Italia. Un delitto di Stato, dunque, afferma Grieco senza esitazioni, esponendosi coraggiosamente alle ritorsioni di quei poteri che hanno ancora oggi interesse a mantenere il fitto mistero che ammanta la fine di Pasolini. Eppure qualche passo in avanti lo si è fatto, in particolare in riferimento alla neonata commissione d’inchiesta sorta in parlamento per fare finalmente chiarezza sull’accaduto.
Il film di David Grieco non presenta una forma particolarmente accattivante, caratterizzato com’è da tempo e modi televisivi, eppure è presente qualche guizzo che talora risolleva le sorti, come quell’ispirata sequenza in cui Pasolini, mentre risponde alle domande di un intervistatore francese, ha una visione in cui gli viene incontro una massa di individui ‘desoggettivati’, che hanno smarrito l’identità (il genocidio culturale), tutti dotati di smartphone, con alle spalle un fiume digitale di numeri che scorre inesorabile.
Altra scelta assai azzeccata è stata quella di utilizzare la musica dei Pink Floyd, in particolare dell’album Atom Heart Mother, disco meno noto, più sperimentale, del gruppo britannico, ma efficacissimo ad accompagnare lo sviluppo della vicenda per un’ora e tre quarti di visione.
L’edizione in dvd, assai ricca di contenuti speciali (nella confezione è presente un secondo dvd), è molto curata, e, dunque, comunque la si pensi, merita un’attenta visione, se non altro per fare il punto della situazione sull’interpretazione di un evento cruciale che non cessa di accendere gli animi di coloro che chiedono a viva voce la verità.
Pubblicato da Mustang e distribuito da CG Entertainment, La Macchinazione è disponibile in dvd, in formato 2.35:1, con audio in italiano (DD 5.1) e sottotitoli opzionabili. Nel secondo disco sono presenti 165 minuti di contenuti extra: Attori e personaggi – scene tagliate; Documentario Borgata America; Il caso Pasolini raccontato da Stefano Maccioni; da David Grieco; da Silvio Parrello; Dietro La Macchinazione-backstage; La scelta dei Pink Floyd.
Luca Biscontini
Trova il film su CG Entertainment