Ha appena festeggiato quarant’anni di attività nel mondo dello spettacolo italiano. I suoi primordi di produttore e distributore, tra l’altro tra i più attivi del cinema e della televisione italiana, sono film quali Sinfonia d’autunno, 1978, Ingmar Bergman, pellicola a cui Maurizio Momi dà una mano solenne affinché approdi solerte nelle platee italiane. Siamo nel 1978, il film di Bergman è distribuito in buona compagnia sul terreno della autorialità, pellicole tra le quali, e tutte destinate ad un buon successo di pubblico: I duellanti di Ridley Scott, L’amico americano di Wim Wenders, Ciao maschio di Marco Ferreri, Chi sta bussando alla mia porta? di Martin Scorsese, Ecce Bombo di Nanni Moretti, Dodes’ Ka-den di Akira Kurosawa, Il diavolo probabilmente… di Robert Bresson, Una moglie di John Cassavetes, L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi, Un matrimonio di Robert Altman.
Dice Maurizio Momi: “In originale il film di Bergman si chiamava Sonata d’autunno. Per dirla alla romana “nun se poteva sentì”. Quel Sonata era proprio brutto, e nemmeno lo reputavamo attinente
alle tinte del film, che aveva invece una fattura molto elegante, sobria, raccolta. Si decise allora di tradurre
il titolo in Sinfonia d’autunno, che il mondo intellettuale e della critica invece non approvava affatto, e ci furono lunghe polemiche giornalistiche. Secondo loro era uno sgarbo mutare una decisione di Bergman. Ed invece secondo me il titolo Sinfonia anzichè Sonata dava più apertura al film, gli dava più aria. E in Italia questo, secondo me, è servito…”.
La bella chiacchierata con il produttore Maurizio Momi avviene al Circeo, proprio tra il fascino ammaliante ed immediato di Punta Rossa. Qui, seduti ai tavolini nella terrazza dell’ Hotel Il Faro, proprio stagliati in una insenatura che, come dice Maurizio Momi: ” …esalta le bellezze del Circeo, esalta il suo silenzio…”. Momi ha perfettamente ragione, forse è esagerato, ma da qui, da questo posto, oltre lo sguardo che arriva diritto all’isola di Ponza, sembra di sintonizzarsi su una frequenza più bassa, più vera. Si sta bene, è davvero la risposta ad un bisogno che, ad un certo punto dell’anno, puoi avvertire necessaria. Dice Maurizio Momi: “…al Circeo si respira davvero un’aria antica, certe atmosfere del passato si fanno moderne. Questo posto sta davvero nel mio cuore…”. Daniela, la signora Momi, seduta al suo fianco incalza: “…è il posto di mare tra i più belli d’Italia…”. Con una punta di orgoglio ed anche visibilmente soddisfatto Maurizio Momi ricorda, nella cittadina che fu della Magnani, di Rascel, di Alberto Lupo, che la sua è una carriera, nello spettacolo italiano, che viene da lontano, dal nonno produttore ad esempio, Umberto Momi, che ha organizzato, amministrato, prodotto nei favolosi anni sessanta, forse l’era del miglior cinema italiano, oltre centocinquanta film, e dalla zia, l’attrice Franca Marzi, che fu interprete di Federico Fellini e Totò, ma anche di Eduardo De Filippo e Antonio Pietrangeli.
Dice Maurizio Momi: “Nonno Umberto, che aveva fatto ditta nella produzione cinematografica italiana con Carlo Caiano, ha realizzato uno dei film più belli di Totò e Peppino, La banda degli onesti, una pellicola che vedeva anche la partecipazione di un terzo grandissimo attore, il caratterista Giacomo Furia… Un film che in America viene studiato ancora, per i suoi perfetti tempi comici, nelle accademie. E se lo vedi ancora oggi, La banda degli onesti, ti accorgi quanto sia ancora attuale la sua storia ..”. Oggi il mestiere del produttore, in genere, ha sicuramente cambiato fisionomia rispetto al passato. Finiti ormai per sempre, pensiamo, i tempi di De Laurentiis, Rizzoli, Ponti, Lombardo, tempi cioè di quei produttori capaci di rischiare anche i proprio capitali privati, e finiti anche i tempi di produttori quali Franco Cristaldi e Alberto Grimaldi, talenti capaci ad organizzare e mobilitare capitali internazionali per mettere in cantiere poi progetti assolutamente italiani, oggi il produttore, anche quello più forte ed autonomo, resta fortemente in balia delle televisioni, e dei colossi Rai e Mediaset, che sono rimaste le ultime fonti di lavoro perché, in qualche maniera, la televisione ormai da anni, in un processo lento ed inesorabile, si sta sostituendo alla sala. Il produttore oggi deve assolutamente rientrare nell’orbita di queste due aziende, esserne il proprio fornitore, altrimenti resta un produttore debolissimo e destinato semplicemente al fallimento.
Alberto Grimaldi? Dice Maurizio Momi: “Ultimo tango a Parigi, Leone, Bertolucci, Pasolini: l’avvocato Grimaldi ha lavorato proprio con il talento puro di questo paese…”. Franco Cristaldi? Dice Maurizio Momi: “…a Cristaldi è successo quello che a pochissimi produttori nel mondo può capitare, quello di rimontare già un bel film, Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, e destinarlo, migliorato, alla vincita contemporanea a Cannes e dell’Oscar per il miglior film straniero a Hollywood. Cristaldi è stato il primo vero industriale del cinema in Italia…”. Maurizio Momi, nel suo lavoro di produttore, ha sempre preferito una linea autoriale, nel cinema come nella televisione, difficilmente si è dato via in lunghe serialità, in film che dopo, nelle inflazioni dei titoli, avrebbero potuto ammorbare, addormentare, avvilire gli impegni sociali e culturali. Nel cinema, ad esempio, Momi è stato già distributore e produttore di opere di rilevanza assolutamente internazionale, come ad esempio, e li ricorda con dei lampi di orgoglio negli occhi, il già citato capolavoro di Ingmar Bergman, Sinfonia d’autunno, ma anche de La marchesa Von… di Eric Rohmer, L’uomo di marmo di Andrzej Wajda, I Lautari di Emil Vladimirovic Lotijanu, Blood – La covata malefica di David Cronenberg, Un posto tranquillo di Bob Rafelson, L’indiscreto fascino del peccato di Pedro Almodovar. In Italia invece, si devono ancora a Maurizio Momi la produzione di opere rigorose, intellettive, come Masoch di Franco Brogi Taviani, La ragazza di via Millelire di Gianni Serra, L’altra donna di Peter Del Monte. E questa tendenza di autore gli è rimasta ancora oggi, anche attraverso la produzione delle sue fiction televisive, che Maurizio Momi ha realizzato con la sua società di un tempo, la Albatross Entertraiment, fondata nel 2003 con Alessandro Jacchia (oggi Momi è un produttore in proprio) e con il quale ha dato vita ad importanti realizzazioni nel corso di questi ultimissimi anni: tra i tanti, L’uomo sbagliato e La terza verità di Stefano Reali, L’amore e la guerra di Giacomo Campiotti, L’isola dei segreti – Korè di Ricky Tognazzi, La vita rubata e Gli anni spezzati di Graziano Diana. Appunto Gli anni spezzati dunque, che rimane secondo noi un’opera prototipo, coraggiosa e magistrale, soprattutto per i nostri canoni televisivi, e proprio in quel tentativo di analizzare, attraverso tre separati film televisivi, sociologicamente e politicamente poi, figure come quelle del commissario Luigi Calabresi, del giudice Mario Sossi, dell’immaginario dirigente della Fiat MIrafiori Giorgio Venuti. E davvero la storia professionale di Maurizio Momi si caratterizza proprio dalla qualità e dal coraggio delle proposte, che partono quasi sempre da lui.
Dice Maurizio Momi: “Tranne una, Terra ribelle, che era un progetto assoluto della regista Cinzia Th. Torrini. Ma le condizioni che si erano create, intorno al suo progetto, impedivano alla Torrini di far decollare la produzione. A noi ci chiamò la Rai e ci fece incontrare la Torrini. Il progetto di Terra ribelle partì. Furono sette mesi di lavorazione in Argentina, una fiction ambientata in inverno ma che in realtà è stata girata in estate, nella torrida estate argentina…”.
Oggi, una delle produzioni che più caratterizzano Maurizio Momi, è, come ci ha detto, Lo scandalo della Banca Romana, girato per la regia di Stefano Reali ed interpretato da attori quali Vincent Perez, Beppe Fiorello e Lando Buzzanca. Dice Maurizio Momi: “Lo scandalo della Banca Romana mi ha regalato molte soddisfazioni. Tanti riconoscimenti poi, anche internazionali, hanno accompagnato il percorso del film. Ma aldilà dei premi questo film mi aveva assolutamente convinto sin dalla battuta dell’ultimo ciak…”. Dice ancora Maurizio Momi: “…ma un merito che mi vorrei ascrivere è quello di aver spronato e convinto lo scrittore Graziano Diana a debuttare finalmente nella regia, con La vita rubata, perché Graziano è assolutamente, oltre che un finissimo narratorie di storie, un perfetto ed accorto direttore di attori e di situazioni sceniche…” . In sintesi, riepilogando un po’ il senso di tutte le sue ultime produzioni, storie molto inserite, tutto sommato, nel contesto civile del paese, quali il filo logico che le unisce? Perché noi, nella sua produzione, abbiamo riscontrato, se vogliamo, una certa continuità, e ci pare, per il sistema televisivo, qualcosa che innova necessariamente il suo discorso culturale e sociale, finanche politico. Dice Maurizio Momi: “…è il senso del mio lavoro, e mi fa piacere sapere che un filo logico lo si riesce a cogliere tra tutte quelle produzioni. Il grande tema che ho sempre voluto trattare è quello della giustizia. Così con L’uomo sbagliato ho voluto rappresentare, senza tanti fronzoli e preavvisi, un grande errore di giustizia, e raccontarla soprattutto con quel tono e con quell’eco popolare che reputo fondamentale. La vita rubata invece rappresenta la lentezza del sistema giuridico, insomma venticinque anni per un appello mi sembrano francamente eccessivi, e noi questo lo abbiamo voluto denunciare assolutamente. Poi Lo scandalo della Banca Romana si sofferma invece, sempre con i toni assoluti dello spettacolo, su quella famosa dicotomia “tutti colpevoli, nessun colpevole”, in quello che è stato un processo di giustizia sulla politica, infine poi La terza verità, che in qualche maniera racchiude idealmente questi tre progetti, rappresenta l’anello sulla verità, il dramma anzi della verità mediatica….”.
Oggi l’impegno immediato di Maurizio Momi, che la realizzerà per Mediaset, è nel nuovo progetto televisivo che ha in mente: L’amore strappato. Dice Maurizio Momi: “…è il dramma di una bambina a cui viene improvvisamente negato l’affetto della famiglia. Una madre, andando a riprendere la sua bambina a scuola, scopre che suo marito, il padre della bambina, è in realtà un pedofilo…Un’assistente sociale seguendo la bambina a scuola si è convinta di questo. Ma sarà poi la verita?…”. Una fiction di assoluto impegno, pensiamo, in un momento in cui la televisione italiana veleggia sempre più in contesti solo rassicuranti. Allora, Momi, per chiudere, oggi, in generale, la fiction italiana quale valenza esprime? “…oggi la fiction in Italia è soprattutto l’isola di Ponza…” sintetizza Maurizio Momi.
Giovanni Berardi