L’ultimo biopic di Stephen Frears, nelle sale italiane dal 22 dicembre, è statp presentato alla Festa del Cinema di Roma. Meryl Streep indossa i panni di una cantante lirica priva di talento, ma incapace di prenderne coscienza. Quella di Florence Foster Jenkis è stata una carriera lunga trent’anni, era amata dal pubblico più per la sua comicità che per le sue doti canore. Un film che potrebbe osare, ma sceglie la tranquilla del volare basso.
Sinossi: Nel 1944 l’ereditiera Florence Foster Jenkis è tra le protagoniste dei salotti dell’alta società newyorchese. Mecenate generosa, appassionata di musica classica, Florence, con l’aiuto del marito e manager, l’inglese St. Claire Bayfield, intrattiene l’élite cittadina con incredibili performance canore, di cui lei è ovviamente la star. Quando canta, quella che sente nella sua testa come una voce meravigliosa, è per chiunque l’ascolti terribilmente ridicola. Protetta dal marito, Florence non saprà mai questa verità. Solo quando Florence deciderà di esibirsi in pubblico in un concerto alla Carnegie Hall, senza invitati controllabili, St. Clair capirà di trovarsi di fronte alla più grande sfida della sua vita.
Recensione: A differenza del predecessore, il regista Xavier Giannoli che nel suo Marguerite si ispirava alla vita di Florence Foster Jenkis, Stephan Frears rimane più aderente alla realtà. Per rappresentare la vita e i tratti caratteriali della cantante lirica non abbandona la città originaria dei fatti, rimanendo fedele alla New York degli anni ’40. Anche i nomi vengono lasciati uguali a quelli reali, e i personaggi sono presentati grazie a vecchie foto che scorrono sullo schermo durante i titoli di coda. Florence Foster Jenkis ha tutte le carte in regola per essere un buon prodotto. A prima vista non manca nulla, ma con un cast del genere, che annovera tra i protagonisti Meryl Streep e Hugh Grant, ci si aspettava di più. Il film invece vola basso, preferisce rimanere stabile nella sua perfezione strutturale, senza eccellere mai.
L’intera storia è focalizzata su Florence e sul suo egocentrismo che non le fa prendere coscienza delle pessime doti canore. Inutile dire che l’interpretazione di Meryl Streep è perfetta sotto ogni aspetto, riesce a cantare così male, nonostante abbiamo già ammirato sullo schermo la sua bravura in tal senso, da essere credibile ad ogni scena. Non da meno è Hugh Grant, che ritroviamo più maturo e capace di sostenere brillantemente il suo ruolo dall’inizio alla fine. L’ironia è parte integrante del film, permettendo allo stesso di essere piacevole e scorrevole senza scadere mai nella banalità. Il regista mette in risalto la passione di questa donna che sembra avere una visione del tutto distorta della realtà e di sé. Non avere doti canore non le impedisce di esibirsi, mettendosi spesso in ridicolo, senza mai fare un bel bagno di umiltà. Ma si sa la meritocrazia non è di questo mondo e Florence ne è la perfetta rappresentazione: una ricca ereditiera a cui nessuno riesce a dire la verità. Il film mette in risalto proprio il grottesco di questa passione/ossessione che rende la protagonista sfacciata e piena di boria. Stephan Frears confeziona un prodotto piacevole e così scorrevole da divertire lo spettatore, che finisce anche per voler bene a quell’eccentrica cantante lirica priva di talento.
Alessandra Balla