Sole Cuore Amore , in streaming su MUBI e Raiplay, è un titolo di un’amarezza straziante. 3 parole che condensano un’esistenza di desiderio: luminosa, abbagliata dall’amore e dalla gioia. Daniele Vicari nella sua pellicola di cinema sociale, incarna questo desiderio dalla potenza all’atto, nella quotidianità di due donne.
Sole Cuore Amore Trama
Eli e Vale, amiche-sorelle differenti nel solco dato alla loro vita. La prima (orfana) ha scelto l’amore e la famiglia con 4 bambini. Vale, se stessa, solitaria performer in discoteche e centri sociali. Due facce di una stessa medaglia, entrambe schiacciate, sfibrate da una società incapace di offrire loro un’esistenza serena e semplice. Eli da Nettuno ogni giorno arriva in un bar al tuscolano per lavorare come cameriera. Ogni giorno si sveglia alle 4.30 del mattino e cambia 3 mezzi di trasporto: autobus fino a Roma, metro B e metro A. Ogni giorno rientra a casa e vede i figli alle 22.00. Il marito è disoccupato e l’unico lavoro necessario alla sopravvivenza è il suo. Vale ed Eli si incrociano la sera, mentre la performer si avvia alla sua notte. Vale cerca di assecondare il proprio respiro interiore, e la vita da ‘artisti’ è ancora più complicata in Italia, con l’aggiunta del ‘carico da 10’ di essere una donna. In Italia tutto resiste, per non morire, tutto sopravvive, non vive.
La recensione
Eli (una Isabella Ragonese che cresce nel ruolo man mano che la storia avanza) e la sua forza, sveglia dopo sveglia, cedono inesorabilmente… Eli è stanca, maledettamente stanca… Il corpo la avverte che non è umano quello che si chiama oggi lavoro, che non è vita quella che subordina tutto ad un’economia di pura sopravvivenza. Eli si ripete quanto fortunata è stata a trovarlo, a quanto è miracoloso lavorare per 750 euro al mese tutti i giorni, in nero e completamente alla mercé di un datore di lavoro più poveraccio di lei. Ma il corpo non ci crede, non le crede. Vale (una Eva Grieco perfetta) si batte per dare più dignità alla sua indipendenza, e di riflesso a quella delle donne che la circondano… Una battaglia che ha davanti il primo muro in sua madre.
La tragedia alla fine della storia ci deve essere, perché senza la tragedia l’aberrazione della nostra condizione non la riusciamo ad afferrare, tanto ci siamo imbrigliati in essa, tanto è diventata normale, accettata, subita. Sole Cuore Amore non mantiene purtroppo tutte le sue promesse. Innanzitutto visivamente… Vicari non si sporca le mani, si tiene troppo lontano da ciò che racconta, non lo abbraccia con forza, violenza, poesia, delicatezza. La macchina da presa è staticamente sulla rappresentazione e sempre maledettamente lontana da primissimi piani.
La colonna sonora di Stefano di Battista è un ulteriore stacco, mediazione, che ci allontana dalla verità della vita. Alcune forzature-eccessi in sceneggiatura: un lavoro 7 giorni su 7 non serve a puntare l’attenzione sulla nostra schiavitù esistenziale. Una normale condizione di lavoro sottopagato è più che sufficiente, come anche solo un figlio (non 4) basta a mostrarci l’impossibilità in Italia di formarsi una famiglia. Incomprensibile la schematizzazione usata nel raccontare le donne: o una donna è moglie e madre oppure, se sceglie l’indipendenza, devia verso il momento omosessuale. Perché nel cinema italiano viene precluso all’essere femminile una piena e perfetta indipendenza solitaria ed eterosessuale?
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