Alice nella città presenta alla Festa del Cinema di Roma Layla M. della regista Mijke de Jong. Il film porta sullo schermo un tema di scottante attualità. Partendo dal recente divieto, deciso e in seguito annullato dalla Francia, di proibire il burkini, arriva ad analizzare l’integrazione dei musulmani nei paesi occidentali.
Sinossi: Layla è una ragazza di 18 anni nata e cresciuta ad Amsterdam. È intelligente, sveglia, determinata – e con origini marocchine. Nei giorni della costante minaccia terroristica, si ritrova ad essere testimone e a dover combattere, con sempre più pesanti pregiudizi verso le ragazze che indossano il velo e i ragazzi con folte barbe. Più la frustrazione cresce, più la sua fede si intensifica. È così che Layla si unisce ad un gruppo di Musulmani radicali che combattono per la pratica dell’Islam: Layla posta online video che mostrano gli orrori che si verificano in Siria e a Gaza e crea volantini politici, flirta con il carismatico Abdel. Quando viene arrestata insieme al suo pacifico fratello, Layla, sentendosi ferita ed isolata nella sua rabbia, rimane con una sola opzione: lasciare casa. Sceglie, quindi, il matrimonio con Abdel. Dopo il matrimonio, Laylaed Abdel vagano insieme per il Paese portando avanti “attività missionarie” e raccogliendo fondi per la propria causa. Ma, coinvolti in una sparatoria tra un gruppo di giovani jihadisti e la polizia belga, dovranno scappare in Medio Oriente. Layla incontra qui un mondo che inizialmente alimenta ed incoraggia le sue idee ma che presto la porterà a dover affrontare una decisione impossibile.
Recensione: Basta accendere la tv o aprire i giornali per trovarci davanti ad una delle maggiori problematiche del nostro tempo. La paura dello straniero è mutata oggi nel terrore nei confronti di un credo diverso, trasformando più che mai la questione religiosa in un fatto politico. Visti gli accadimenti recenti si è diffusa la dottrina che dà per buona l’equazione musulmano = terrorista. Non si vede al di là del proprio naso e l’espressione “fare di tutta l’erba un fascio” è citazione ricorrente. Tale comportamento aumenta una credenza che ormai serpeggia all’interno della società, aumentando la paura del diverso e l’odio nei confronti dello stesso. Si arriva a quella mancata appartenenza, esaminata anche nel film di Mijke de Jong, che fa sì che un cittadino non si riconosca nel paese in cui è nato unicamente per il proprio credo religioso. L’ignoranza, che sia essa religiosa, politica o intellettuale, porta a divieti e restrizioni che non fanno altro che ampliare quel clima d’odio che si è abituati a respirare.
Layla M. è un film riflessivo e perfettamente calato nel contesto storico. Non emerge alcun giudizio né tanto meno una critica, i fatti vengono riportati sullo schermo nudi e crudi. Il punto di vista è tutto al femminile, è quello di una giovane esuberante e testarda che nella religione trova il fondamento dei propri ideali. La narrazione è immersa nella passione di questa “combattente” di 18 anni che non si riconosce nell’ambiente in cui vive. Quella di Layla è una guerra arrabbiata e rumorosa, tipica di una giovane donna inesperta nei confronti della vita e istruita da video recuperati in rete. La protagonista, che in più tratti ricorda quella di Persepolis, è figlia del nostro tempo e di quella passione giovanile capace di combattere fino alla morte per le proprie idee. Lo scontro generazionale nel film ha in sé tematiche più importanti dei soli diverbi tra padre e figlia. Il fondamentalismo e il rigore, che la giovane ricerca e pretende, finiranno per risucchiarla in un vortice senza uscita.
La sensibilità del racconto è palpabile e l’ultima lacrima della giovane sottolinea ancora una volta quanto l’odio porti solo odio. Con mano ferma e razionalità la regista ha proposto sullo schermo un prodotto di un’attualità sconvolgente, riuscendo con obiettività a trattare un tema tanto spigoloso. Layla M. è un film che lascia riflettere senza la fretta di arrivare ad una conclusione.
Alessandra Balla