Sinossi: Sara vive con sua madre, sua sorella e la moglie di sua madre. La sua vita è felice e la sua quotidianità spensierata ma quando l’adolescenza si affaccia nella sua esistenza, l’impatto con le vite degli altri ragazzini e i primi confronti con l’altro sesso sollevano una serie di problemi. Le cose diventano ancora più complicate quando suo padre tenta a tutti i costi di ottenere la custodia delle sue figlie.
Recensione: In un panorama cinematografico nel quale il cinema cileno si sta guadagnando uno spazio e un ruolo sempre più consistenti e preziosi, dove autori di indiscusso ed enorme valore come Patricio Guzman e Pablo Larrain, che seppure producano già da diversi anni opere di straordinario pregio, soltanto negli ultimi mesi cominciano a farsi strada e a lasciare segni indelebili degli occhi del grande pubblico anche grazie a una recente più attenta distribuzione, si ritaglia un angolino di tutto rispetto Rara, opera prima della regista cilena Pepa San Martin.
Pluripremiato quest’anno in diverse manifestazioni, il film ha ricevuto alla Berlinale il riconoscimento per Miglior Film nella sezione Generation K Plus, il Sebastian Latino e l’vHorizontes Latinos al Festival di S.Sebastan e i premi per migliore attrice protagonista e del pubblico per Miglior Lungometraggio al Queer Lisboa.
Scritto a due mani insieme alla più nota sceneggiatrice connazionale Alicia Scherson e ispirato a un fatto realmente accaduto, Rara tratta di un tema particolarmente attuale soprattutto per il nostro paese, nel quale così come in Cile, nonostante siano state recentemente approvate le leggi che formalizzano le unioni civili (da noi ancora più tardi che nel paese sudamericano, dove le coppie civili sono riconosciute già da un anno) la realtà vissuta e la società che dovrebbe adeguarvisi sono ancora ben lontani dall’essere allineati con la legislazione vigente e figli e genitori ne pagano le conseguenze in termini di integrazione e discriminazione, cui conseguono disagi e difficoltà difficili da gestire. Tutti aspetti che sembrerebbero banali e che praticamente tutti conosciamo ma l’ovvietà non è sufficiente a garantire, promuovere e favorire un’evoluzione nemmeno sufficiente per il momento, dunque ben vengano film come questo, che per quanto non particolarmente originale o audace, dà voce a qualcosa che ha ancora un gran bisogno di essere ascoltato, vissuto e sentito.
La sceneggiatura, che fotografa in modo abbastanza aderente la realtà, ha una struttura fin troppo lineare, tanto da ricordare a tratti quella di un teen movie tra i più comuni, aspetto che fa risentire la pellicola, per quanto sincera e di buona fattura, dell’assenza di guizzi o elementi che colpiscano o sorprendano lo spettatore, cosicché il film risulta essere efficace e credibile, fa il suo lavoro, ma non particolarmente intenso o coinvolgente, né certamente complesso, ma probabilmente non vuole e non dovrebbe nemmeno esserlo.
Gran parte dell’efficacia del film è da attribuire alla scelta di far ruotare tutto ciò che si propone dichiaratamente di indagare e sottolineare i diritti dei figli che crescono all’interno di famiglie nelle quali vi è una coppia omosessuale, le dinamiche genitori-figli, i tormenti adolescenziali, intorno a un unico perno rappresentato dal disagio della sua protagonista tredicenne, Sara.
Complici le doti e l’espressività della giovane Julia Lubbert, che lo comunica piuttosto bene, senza servirsi di parole o di grandi spiegazioni per farlo, ma avvalendosi più che altro di gesti, movimenti, espressioni del viso che descrivono ora frustrazione, ora rassegnazione, ora desiderio, ora rabbia, tutte decisamente convincenti.
È abbastanza chiaro che il disagio e la messa in discussione da parte della ragazza nei confronti della madre non riguardino in alcun modo il suo orientamento sessuale, nonostante Sara ne viva le difficoltà e le purtroppo ancora ovvie conseguenze nella sua quotidianità, ma piuttosto corrispondano ai normali turbamenti e all’esigenza di esplorazione e di ricerca di emancipazione che appartengono a qualsiasi adolescente.
Ed è proprio questa evidenza che sottolinea il contrasto con gli elementi esterni alla famiglia, rappresentati in primis dal padre e poi dalle amicizie e dalla scuola, che invece orientano la loro attenzione con tutta facilità e fanno un’attribuzione causale diretta pregiudizialmente alla situazione “atipica” familiare vissuta dalle due sorelline, che, al contrario, la vivono nella più totale sintonia sia con sé stesse che con le donne con le quali vivono.
I personaggi sono autentici e naturali, in modo particolare quello di Sara e della sua sorellina, mentre quelli dei tre “genitori”, la madre, la sua compagna e il padre, sono meno approfonditi e risultano più marginali, aspetto probabilmente voluto nell’intento di non calcare troppo la mano sulla coppia omosessuale ed evitare di scadere nel banale, con l’esito però di renderli un po’ troppo approssimativi.
Insomma, tutto sommato un esordio convincente nonostante qualche piccolo difetto assolutamente compensato dall’aver trasmesso, senza scadere nel melodrammatico, né sfruttare facili sentimentalismi o ruffianerie, un messaggio ancora troppo poco riconosciuto.
La pellicola è stata presentata in anteprima italiana al Giffoni Film Festival, ed esce il 13 Ottobre 2016 nelle sale della penisola.
Roberta Girau