Per soli uomini è un documentario del 2014 diretto da Elisabetta Sgarbi, con Gabriele Levada, Claudio Candiani e Giorgio Moretti.
Due film in uno per un ritratto inedito del Po e della sua gente. In Il pesce siluro è innocente incontriamo, due consumati pescatori di anguille nella sacca di Goro e un uomo dediti alla raccolta delle vongole e delle cozze. Vite che si svolgono lungo il Po, seguendone il ritmo e le stagioni. Qualcosa, però, è irrimediabilmente perduto. In Per soli uomini, tre uomini impegnati nell’allevamento del pesce resistono in un angolo di mondo situato lungo il Po di Maistra, nell’estremo Delta del Po, in una delle ultime valli da pesca.
Per soli uomini è l’ennesima dimostrazione di quanto sia cinematografico il cosiddetto “documentario”. Il lavoro di Elisabetta Sgarbi complessifica l’idea di “cinema del reale”. Aprendosi e contaminandosi, interagendo con il mondo, rilancia il primato dello stile come dichiarazione politica. Un’etica possibile del cinema.
Dopo Quando i tedeschi non sapevano nuotare, Elisabetta Sgarbi ritorna nel delta del Po. Un territorio popolato da storie e da fantasmi. Con Per soli uomini, film che probabilmente si può considerare l’apice di una produzione cinematografica unica e multiforme, rigorosa, eccentrica e coerente, la regista ci conduce in una delle valli che il Po crea alla sua foce. È una società di uomini, di lavoratori. Dediti all’allevamento del pesce, tre individui vivono isolati dal resto del mondo, osservando codici e riti che scandiscono lo scorrere del tempo e della vita del fiume. Il film della Sgarbi, come un crepuscolare western del delta, coglie con nitore i contorni di esistenze baluginanti sul crinale della storia di un paese incapace di dialogare con le memorie, le storie e le voci da cui è abitato. Lo sguardo della regista crea un commosso equilibrio fra le ragioni del racconto e quelle dell’osservazione. Riesce così a dialogare con uno spazio che sembra sfidare i limiti dell’inquadratura, contestualizzandone la presenza nel tessuto della storia di un paese che invece ne è dimentico. Per soli uomini è l’ennesima dimostrazione di quanto sia cinematografico il cosiddetto “documentario”. Il lavoro di Elisabetta Sgarbi complessifica l’idea di “cinema del reale”. Aprendosi e contaminandosi, interagendo con il mondo, rilancia il primato dello stile come dichiarazione politica. Un’etica possibile del cinema.