Sinossi: In seguito alla pubblicazione di uno studio che annuncia la possibile scomparsa di una parte dell’umanità da qui al 2100, Cyril Dion e Mélanie Laurent intraprendono un emozionante viaggio intorno al mondo per scoprire cosa potrebbe provocare questa catastrofe, ma soprattutto come evitarla. Partendo dagli esperimenti più riusciti nei campi dell’agricoltura, energia, architettura, economia e istruzione, i registi Cyril Dion e Mélanie Laurent immaginano un nuovo futuro per noi e per i nostri figli. Risultato: una sorprendente, contagiosa e ottimista spinta al cambiamento, a partire già da Domani.
Recensione: Autogestione è la parola d’ordine, la capacità dei singoli, all’interno di micro comunità, di governare tutti quei processi che, normalmente, vengono delegati a un sistema politico sempre più drammaticamente inadeguato ad affrontare quelle sfide che le dinamiche della globalizzazione impongono. Bisogna però fare attenzione a non interpretare questo mutamento virtuoso, che è già magnificamente operativo in tante realtà sparse sul pianeta, come una regressione, ovvero come una reazione al mastodontico movimento di ‘deterritorializzazione’ del capitalismo: è proprio a partire dal continuo decentramento di una spinta diretta ostinatamente in avanti che si deve pensare una frammentazione – Deleuze direbbe una ‘molecolarizzazione’ – attraverso cui rispondere alle infinite richieste provenienti da un tessuto economico-sociale-antropologico mai come ora complesso. Le democrazie fondate sulla rappresentanza, che pure hanno svolto un ruolo essenziale nel passaggio tra il vecchio e il nuovo modello di sviluppo, sono divenute obsolete, nella misura in cui si sono trasformate in uno scialbo palcoscenico, in cui vengono tradotte in leggi le decisioni prese da corporazioni economiche che non sono più grado, anch’esse, di governare la contemporaneità (ed ecco tutte le derive di destra che paiono prendere il sopravvento sulle macerie del sogno europeo – chi scrive ha letto proprio oggi un’intervista a De Benedetti, che presagisce questo esito politico, ma in realtà teme ancor di più la fine di un sistema che l’ha fatto prosperare). Le nuove modalità di autogoverno che si stagliano all’orizzonte (esemplare in tal senso è quanto è accaduto nella piccola Islanda) sono le uniche in grado di raccogliere le multiformi esigenze provenienti dal corpo sociale, inaugurando una nuova stagione smaccatamente biopolitica, in cui ognuno si assuma direttamente le responsabilità in riferimento alla governabilità dell’esistente, incidendo direttamente e sensibilmente sugli effetti prodotti dal nuovo corso. Le tecnologie, allora, in particolare l’iperconnessione attuale, consentono di ridurre drasticamente i tempi relativi al processo decisionale, permettendo di realizzare quella tanto agognata forma di democrazia diretta che solo qualche anno fa appariva come la velleitaria ambizione di qualche sprovveduto. Certo, necessiteranno sempre alcune piccole forme di rappresentanza, ma nulla sarà più delegato, laddove le scelte definitive dovranno sempre essere approvate da tutti i componenti delle singole comunità. E per questo motivo è auspicabile la frammentazione, proprio per non ingolfare un procedimento comunque complesso (un conto è decidere per qualche migliaia di persone, un altro per milioni): a divenire protagonisti saranno le città, i quartieri, i paesi, i villaggi che, consapevoli come nessun altro di quanto occorra per una sana vivibilità del loro ambiente, potranno scegliere, senza mediazioni, ciò che è meglio per loro.
Da qui, dunque, consegue ogni successiva implicazione che rompa con l’attuale andamento delle cose. Il bel film Cyril Dion e Mèlanie Laurent affronta con autentico spirito di ricerca diverse questioni: si parte dall’agricoltura, che può essere praticata direttamente all’interno delle città, azzerando l’inquinamento prodotto dal trasporto, e soprattutto potranno dedicarvisi i cittadini, che in tal modo produrranno il cibo che effettivamente consumano, riducendo in maniera significativa sprechi e rifiuti. Emerge chiaramente dal documentario la necessità di razionalizzare i consumi, interrompendo quella folla logica dell’aumento indiscriminato della produttività, che impone di implementare indefinitivamente i bisogni, senza minimamente valutare gli effetti devastanti di tale tendenza sull’ambiente e sullo sfruttamento delle risorse disponibili. Dovremmo limitare il consumo di carne, che a parte la nocività per la salute, comporta che gran parte dei prodotti agricoli sia impiegata nei super allevamenti intensivi, dove tra l’altro sono utilizzati metodi disumani. Ma la sorpresa, che nessuno si aspetterebbe, è che queste nuove pratiche consentono di produrre molto di più rispetto ai procedimenti industriali che, paradossalmente, muovendosi su grandi spazi non intensificano, come solo i piccoli agricoltori possono, il rendimento della terra.
Passiamo al secondo capitolo del film, quello dell’industria. Non si può tentennare anche su questo versante: è necessario investire in nuovi cicli produttivi ancorati alle risorse rinnovabili (oggi il costo di un watt solare è di 0,66 euro, e si appresta a rasentare lo zero, poi ci sono le pale eoliche che non comportano alcun costo), e innescare un procedimento virtuoso dello smaltimento dei rifiuti (differenziati e/o compostabili), affinché si produca nel rispetto dell’ambiente (è ovvio che queste considerazioni valgono anche per i singoli individui). Gli introiti, è innegabile, sono, almeno per il momento, intenso come inizio di un nuovo ciclo, inferiori rispetto al passato, ma non esistono altre vie che consentano di salvaguardare il pianeta, che sta collassando sotto i nostri occhi. In tal senso, la politica ufficiale prima e l’autogestione successivamente dovrebbero guidare questo fondamentale passaggio. Ma un’altra decisiva considerazione riguarda la possibilità di creare dei micro circuiti in cui far circolare una moneta alternativa rispetto a quella ufficiale: in questo modo si riuscirebbe a scampare il credito bancario che è drammaticamente all’origine di qualsiasi movimento economico; bisogna, dunque, ritornare, sul piano locale, a un’economia reale in cui la produzione effettiva di merci costituisca la vera essenza del mercato, che troppe volte è imploso in virtù di dinamiche che, scollate dalla autentica valutazione dell’incremento o diminuzione dei beni circolanti, hanno prodotto conseguenze disastrose sui singoli investitori e su tutta la collettività che ha dovuto sostenere, finanziando le banche, proprio quel sistema che ha causato il tracollo. La diffusione di queste monete dovrebbe, ovviamente, rimanere limitata alle piccole ma numerose realtà, per non ritrovarsi negli stessi pericoli di quella ufficiale.
Infine l’istruzione: anche su questo piano bisogna porre dei drastici cambiamenti, considerando la scuola come uno spazio in cui si educano i giovani per indirizzarli successivamente verso quelle che sono le loro reali aspirazioni. Non più dunque un autoritarismo troppo spesso operativo in modelli irrimediabilmente inadeguati, ma una maggior osmosi tra insegnanti e alunni che permetta un’autentica comunicazione e l’opportunità di fare chiarezza – cosa fondamentale – sui veri desideri degli studenti, che altrimenti rischiano di intraprendere percorsi sbagliati con esiti fallimentari. Una scuola che promuova innanzitutto la concordia, la cooperazione sociale e la convivenza delle differenze.
Su quanto mostrato dal film si può, almeno sulla carta, concordare su tutto; un unico punto dolente è trascurato, o quanto meno non sufficientemente trattato: come gestire gli imponenti flussi migratori? Domanda a cui è molto difficile, evidentemente, rispondere e che Domani tenta di riassorbire automaticamente all’interno delle nuove pratiche senza concedergli un capitolo a parte. Un fatto è certo: il problema lo dovremo affrontare noi e non aspettare che piovano soluzioni dal cielo. Sapremo raccogliere le sfide di Domani?
Pubblicato da Lucky Red e distribuito da Koch Media, Domani è disponibile in blu ray, in formato 16/9, con audio originale e in italiano (DTS-HD Master Audio 5.1) e sottotitoli opzionabili.
Luca Biscontini