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La verità sta in cielo
La verità sta in cielo di Roberto Faenza ricostruisce attraverso la cornice narrativa dell’inchiesta giornalistica il caso del rapimento della giovane Emanuela Orlandi, scomparsa da Roma il pomeriggio del 22 giugno 1983 e percorre le vicende politiche, religiose e finanziarie di quegli anni, legate indissolubilmente alla malavita romana, capeggiata da Renatino De Pedis di cui Riccardo Scamarcio fornisce una rivisitazione totalmente riveduta e corretta rispetto alla mitizzazione di Romanzo Criminale.
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8 anni agoon
La verità sta in cielo di Roberto Faenza ricostruisce attraverso la cornice narrativa dell’inchiesta giornalistica il caso del rapimento della giovane Emanuela Orlandi, scomparsa da Roma il pomeriggio del 22 giugno 1983 e percorre le vicende politiche, religiose e finanziarie di quegli anni, legate indissolubilmente alla malavita romana, capeggiata da Renatino De Pedis di cui Riccardo Scamarcio fornisce una rivisitazione totalmente riveduta e corretta rispetto alla mitizzazione di Romanzo Criminale.
Sinossi: La verità sta in cielo di Roberto Faenza ricostruisce attraverso la cornice narrativa dell’inchiesta giornalistica il caso del rapimento della giovane Emanuela Orlandi, scomparsa da Roma il pomeriggio del 22 giugno 1983.
Recensione: L’inchiesta parte da lontano, forse per creare il giusto distacco. Siamo a Londra ai nostri giorni, nella redazione di un canale all news dove lavorano Maria e John, unici personaggi di finzione, interpretati da Maya Sansa e Shell Shapiro; Maria parte per Roma alla ricerca del fil rouge che lega il rapimento della giovane Emanuela, cittadina del Vaticano, figlia di un messo pontificio, e attraversa gli avvenimenti legati al fallimento dello IOR, la banca del Vaticano, gli affari della malavita romana, capeggiata dalla banda dei Testaccini di Renato De Pedis, e del suo erede Carminati (arrestato a seguito dell’operazione di Mafia Capitale nel dicembre 2015).
È proprio Shel Shapiro, sia nel ruolo di John, che nella realtà, a sostenere quanto sia difficile trovare un equilibrio tra tutti gli avvenimenti che hanno sporcato la storia dell’Italia, e il rapimento di una ragazzina di 15 anni. Sono passati 33 anni e se ancora non si conosce la verità, la causa è da rintracciare sia nelle troppe menzogne che hanno infangato le inchieste che nel cattivo giornalismo.
I giornalisti del film di Faenza sono buoni giornalisti, Maria e John sono stati inventati, ma comunque ispirati ai giornalisti d’inchiesta americani che si erano occupati degli scandali in Vaticano, per History Channel; e la giornalista interpretata da Valentina Lodovini, che si rifà alla vera giornalista di Chi L’Ha Visto, Raffaella Notariale, le cui interviste nel 2005 a Sabrina Minardi, amante di De Pedis, sono state il punto di partenza per il progetto di Roberto Faenza, iniziato cinque anni fa.
Maya Sansa descrive il suo personaggio come complesso, scomodo, che deve ricevere e passare delle informazioni, per questo è complicato e richiede molta accortezza. Entra nel personaggio di Maria con una forte empatia nei confronti della famiglia Orlandi: “in tutta questa vicenda, come in tante altre, non c’è chiarezza e questa è la cosa più frustrante e che fa star male”, che tutto il cast ha toccato con mano, lavorando con i familiari di Emanuela, che si stanno aggrappando alla ricerca della verità con tutta la frustrazione che ne consegue, di vedere qualcuno che sa qualcosa e non la dice.
Valentina Lodovini presta il volto non soltanto al giornalismo buono ma anche all’Italia che non si arrende e che vuole conoscere la verità. “Credo che con il nostro mestiere non possiamo cambiare il mondo ma possiamo raccontarlo. Sono una cittadina che si schiera, una cittadina indignata e molto presente”. La Lodovini si ritrova perfettamente nel ruolo della giornalista d’inchiesta concentrandosi molto sull’aspetto professionale del personaggio e non sugli altri aspetti della sua vita, grazie anche alle sue interpretazioni in in Fortapàsc di Marco Risi e La linea gialla di Emilio Marrese e Aldo Balzanelli. “Sono avvezza a questi ruoli, quando racconto fatti storici non sono un’attrice ma sono al servizio della storia.”
L’intuizione della Notariale fu quella di seguire Sabrina Minardi, partner storica di Renato De Pedis, poichè attraverso lei avrebbe potuto scoprire qualcosa sul coinvolgimento della banda dei Testaccini nel rapimento Orlandi.
Nel film, ad interpretare Sabrina Minardi è una bravissima Greta Scarano nel doppio ruolo, Sabrina da giovane, bella, avvenente e all’apice del successo con uomini importanti (tra cui Roberto Calvi), e Sabrina a 50 anni, sformata e completamente stravolta dalla droga e dall’alcol di cui ha abusato per anni. Il lavoro della truccatrice Pierangela Basi, e lo studio accurato attraverso la visione delle interviste della Notariale alla Minardi, l’hanno fatta entrare in un personaggio difficile, che a distanza di anni aveva stravolto il corpo e soprattutto la voce.
“Ho cercato di capire cosa voleva dire avere 50 anni e aver condotto quella vita, per poi redimersi. Quel ruolo lo volevo con tutto il cuore. E mi hanno dato un’opportunità enorme, per via dello sforzo produttivo che c’era dietro” racconta l’attrice, aggiungendo che voleva interpretare tutte e due le Sabrina, per la quale originariamente sembra che fossero previste due attrici.
Sabrina Minardi ha avuto un ruolo chiave in tutta la faccenda: primo perché ha rilasciato dichiarazioni importanti in un momento storico in cui era calato il silenzio sulla caso Orlandi (e questo grazie alla tenacia di Raffaella Notariale, che rese l’inchiesta in un libro, Segreto Criminale, da cui Faenza è partito). E’ anche un personaggio chiave nella vita criminale di De Pedis, l’ha assecondato diventando la partner perfetta, una pedina che consegnava e riciclava i suoi soldi e mandava le ragazze del suo giro di squillo, dai ministri, amici di De Pedis.
Ruolo del giornalismo e lavoro attoriale: se Sabrina Minardi è un personaggio inedito, uscito allo scoperto grazie ad un’inchiesta giornalistica e rappresentato nei momenti salienti della sua vita con l’interpretazione della Scarano, La verità sta in cielo riscrive il personaggio di Renatino De Pedis, andando oltre la finzione di Romanzo Criminale, che lo aveva inserito (per finzione) all’interno della Banda della Magliana e con un ruolo marginale, all’ombra degli altri componenti e dedito alla droga e all’alcol.
Riccardo Scamarcio compie una rivoluzione nell’immaginario finora creato intorno alla figura del capo del Testaccini, acerrimi nemici della Banda della Magliana, la stessa banda definita da Carminati una banda di “accattoni e di straccioni”.
E’ un De Pedis più stratega, che vive seguendo un certo rigore: non si droga, non beve, per mantenere la lucidità necessaria per gestire i rapporti; e se nel privato scopriamo un De Pedis ben diverso dal Dandy reso noto da film e serie di Romanzo Criminale, per quanto riguarda il suo lato pubblico, le ricostruzioni di Faenza confermano in maniera più precisa i rapporti da lui intrattenuti con giornalisti, prelati, servizi segreti, politici, imprenditori.
Riccardo Scamarcio avvicina il suo personaggio non soltanto da attore, ma da privato cittadino: “ Nel mio impegno civile, ho cercato di collocare De Pedis per capire che mondo mi circonda: l’aspetto importante, che in questo paese viene sottovalutato, è che si arrivano sempre a trovare gli esecutori e mai i mandanti.” De Pedis era riuscito ad intrattenere rapporti con uomini delle istituzioni. In questi suoi incontri potrebbe essere stato avvicinato da persone che si comportavano in maniera eversiva e che potrebbero avergli chiesto di occuparsi del rapimento della giovane Orlandi.
Nel film si vede che è lui che ha organizzato il rapimento, ma non è chiaro il movente: ci sono delle ipotesi, ricostruite minuziosamente. ”Questa storia può essere raccontata un po’ meglio grazie ad alcuni giornalisti. Le cose che non sappiamo non le sappiamo anche per colpa dei giornalisti” Il dualismo tra buon giornalismo e cattivo giornalismo nel film non c’è, ma può essere letto sotto questa forma.
Emerge invece in maniera molto rilevante il dualismo tra le due Chiese, quella buona e quella cattiva. Ne parla approfonditamente Roberto Faenza, che anticipa alcune critiche: “mi dispiace che diranno che questo film sembra un attacco al Vaticano. In realtà ci sono due Chiese, e lo dice anche il Papa (Bergoglio ndr) Nel film c’è una Chiesa buona e una cattiva.” E ha incarnato quella buona nel personaggio del Vescovo (Alberto Cracco) a cui ha affidato le parole del Cardinal Martini, che aveva conosciuto durante le riprese del La luce del sole, sottolineando inoltre che pur non credente è molto attento al suo lato spirituale.
Faenza aveva pensato originariamente a quest’opera come una serie, vista la presenza di personaggi molto complessi, dal lungo percorso criminoso, se si pensa a De Pedis, nonostante abbia trascorso buona parte dei suoi anni in carcere e sia morto prima dei 40 ha vissuto una vita molto intensa e densa di avvenimenti e relazioni, fino alla sepoltura nella basilica di Sant’Apollinare; ma più di lui, è Sabrina Minardi il personaggio più interessante, secondo Faenza. “Mi interessa l’aspetto umano, è un personaggio shakespeariano. Nasce come una ventenne all’apice del successo, sposa il calciatore della Lazio, Bruno Giordano. E poi scende negli inferi: fa la prostituta e inizia a drogarsi.
Oltre che ricostruire i fatti, il film ha l’intento di trasmettere delle emozioni: nel momento in cui si riesce a trasmettere le emozioni, si riesce anche a smuovere la partecipazione collettiva intorno alla famiglia, rimasta senza risposte. Pietro Orlandi, fratello della vittima, che si auspica una riapertura del caso, dopo l’archiviazione avvenuta a maggio del 2015 da parte della Procura di Roma e convalidata dalla Cassazione a maggio di quest’anno.
Roberto Faenza è bravo a muoversi tra finzione e realtà, formulando ipotesi fondate sul materiale studiato e messo insieme; il finale del film lascia naturalmente aperta la questione; l’incontro tra un monsignore e un procuratore della Repubblica si conclude con uno scambio: il Vaticano chiede alla Procura di Roma di far trasferire la salma, scomoda, di De Pedis dalla basilica di Sant’Apollinare e in cambio si impegna a fornire il dossier segreto su Emanuela Orlandi, tenuto in Vaticano. La Procura farà la sua parte, ma il Vaticano non ha ancora consegnato il fascicolo. E aggiunge il regista: “Supponiamo che il dossier in Vaticano non esista: questa sarebbe una cosa ancora più grave. Il Vaticano non indaga su una cittadina del Vaticano? Ha dato ai giudici italiani la responsabilità di indagare, e poi se ne lava le mani”.
A produrre questo progetto impegnativo insieme a Rai Cinema anche la Jean Vigo Italia, nella persona di Elda Ferri che ha ribadito l’importanza di partecipare al dibattito politico e sociale anche attraverso il cinema di impegno civile.
La verità sta in cielo è un film che lascia sconcertati; la fitta catena di eventi che si susseguono e si intersecano, tra la malavita romana e le istituzioni politiche, finanziarie e religiose sembra la trama di un thriller e invece sono fatti reali e con un fondamento.
Il film lascia aperti molti interrogativi: il sequestro della giovane Orlandi, cittadina vaticana, avrebbe potuto essere un’avvisaglia nei confronti del Vaticano, la cui banca (lo IOR di Marcinkus) e i cui banchieri (Roberto Calvi), dovevano molti soldi a De Pedis, che tramite questi riciclava il denaro sporco proveniente dai suoi affari e nel frattempo i suoi soldi servivano alle banche del Vaticano per finanziare la caduta del crollo del regime comunista nella Polonia dell’allora Papa Giovanni Paolo II. C’è questo e molto altro.
E ancora di più traspare la solita storia italica del tornaconto personale. Se personaggi come Marcinkus (che già Giovanni Paolo I aveva tentato di rimuovere durante il suo breve papato) e come De Pedis hanno potuto agire contro la legge, dello Stato, della Chiesa e della morale, è stato perché hanno trovato terreno fertile intorno a loro. Da un regalo inaspettato alle prospettive di una vita agiata, chiunque abbia gravitato nelle loro orbite ha beneficiato di un piccolo tornaconto personale, senza rendersi conto che una ragazza innocente pagava il conto delle loro malefatte. Sabrina Minardi se ne rese conto. Troppo tardi.
Anna Quaranta