Sinossi: Secondo i sommelier, il caffè ha tre sapori: l’amaro, l’aspro e una nota finale profumata. Attraverso l’elemento comune di questo prodotto così evocativo, il film racconta tre storie ambientate in tre parti del mondo molto lontane fra di loro. In Belgio, durante alcuni scontri di piazza, dal negozio di Hamed, un immigrato iracheno, viene rubata una preziosa caffettiera. Quando lui scopre l’identità del ladro decide di farsi vendetta da solo. In Italia, Renzo, un giovane esperto di Latte Art viene coinvolto in una rapina in una torrefazione. Ma le cose non vanno come previsto. In Cina, Ren Fei, un brillante manager, scopre che la fabbrica di cui si deve occupare rischia di distruggere una valle nello Yunnan, la bellissima regione ai confini col Laos.
Recensione: Per Ahmed il caffè è un universo di ricordi colmi di sfumature, per Renzo passione e frustrazione, per Ren Fei sinonimo di povertà. Ahmed, di origini irachene, gestisce un piccolo negozio di pegni in Belgio dove spera in una vita tranquilla con la sua famiglia. Renzo vive in Italia, di cui subisce in pieno la crisi economica che lo porta a lasciare Roma per Trieste insieme alla sua compagna Gaia in cerca di fortuna lavorativa. In Cina, Ren Fei è un manager di successo in procinto di sposare la figlia del suo capo. Tre singolarità, tre Paesi, intrecciati nel nome del caffè, quella bevanda amara, aspra e profumata intorno a cui ciascun protagonista tesse la propria rete di memorie, aspettative e delusioni.
Così Cristiano Bortone usa una tazza di caffè come pretesto narrativo per immortalare tre condizioni esistenziali alla ricerca della felicità, per affrontare tre viaggi nella contemporaneità che impone di fare i conti con la questione razziale, la crisi economica e quella ecologica. Il conflitto tra i tre e il mondo circostante esplode e prende una piega inaspettata quando Bortone estremizza la condizione di Ahmed in Belgio, quella di Renzo a Trieste e di Fei in missione nella regione dello Yunnan. In seguito a degli scontri esplosi in Belgio, Ahmed vive sulla propria pelle l’odio razziale più o meno latente che si annida in tutti gli strati sociali. Il precario Renzo, all’ennesimo sogno infranto e con un figlio in arrivo, tenta di forzare la sorte e abbraccia l’illegalità per una notte mentre Fei, inviato dal futuro suocero a ripristinare una fabbrica malconcia che rischia di danneggiare la vicina piantagione di caffè, è costretto ad affrontare il passato da cui è scappato, quel luogo dove il tempo si muove lento per essere goduto. I tre personaggi incarnano l’anelito verso un presente di integrazione, il bisogno tanto disperato quanto maldestro di ribaltare una situazione asfissiante e l’esigenza di dare attenzione a un passato di tradizioni ripudiato. Caffè, non fosse per la bevanda nera che accomuna il trittico narrativo, potrebbe essere un contenitore di tre mini film stilisticamente diversi e in linea con il Paese d’accoglienza, un film corale orchestrato nel rispetto e nell’aderenza al patrimonio territoriale. Questa coralità che abbraccia sfaccettature culturali, storico-geografiche così specifiche è forse, però, anche il punto debole del film, una mescolanza di infelicità diverse (“Tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, scriveva Tolstoj) che meriterebbero ognuna un respiro più ampio e dettagliato.
Prima coproduzione italo-cinese, insieme al Belgio, Caffè è stato presentato a Venezia nella sezione indipendente delle Giornate degli Autori e ha il pregio di avere cast e troupe locali (ovviamente regista e anche direttore della fotografia, Vladan Radovic, a parte), a garanzia dell’autenticità di luoghi e racconto.
Caffè è sceneggiato da Bortone insieme a Annalaura Ciervo, Matthew Thompson, Shi Minghua e Shi Minghui, prodotto da Orisa produzioni e Rai cinema (Italia), Savage Film e Eyeworks (Belgio), Road Pictures and China blue (Cina) e distribuito in Italia da Officine Ubu. Il caffè di Bortone, quel liquido sociale, nero, amaro e aromatico da gustare comodo e caldo, come il cinema, ci invita a una pausa per osservare tanto l’universo meraviglioso depositato sul fondo della tazzina quanto quello umano che popola il nostro pianeta. Un universo, quello umano, capace anche di grandi gesti.
Francesca Vantaggiato