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73 Festival di Venezia: Bozzetto non troppo di Marco Bonfanti (Venezia Classici)

Bruno Bozzetto è il protagonista indiscusso di Bozzetto non troppo, documentario di Marco Bonfanti sul famosissimo illustratore che ha accompagnato generazioni di bambini con i suoi cartoni animati. L’artista non vuole essere definito “attore”, «non lo sono e non lo sarò mai», e nemmeno “maestro”, seppur sia stato – come lo è tutt’ora – esempio di pregio per gli artisti di tutto il mondo

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«Non è stato semplice comparire davanti all’obbiettivo della camera, perché sono abituato da sempre a stare dietro di essa».

Bruno Bozzetto è il protagonista indiscusso di Bozzetto non troppo, documentario di Marco Bonfanti sul famosissimo illustratore che ha accompagnato generazioni di bambini con i suoi cartoni animati. L’artista non vuole essere definito “attore”, «non lo sono e non lo sarò mai», e nemmeno “maestro”, seppur sia stato – come lo è tutt’ora – esempio di pregio per gli artisti di tutto il mondo.

Bozzetto non troppo, titolo allusivo all’istituzionale Allegro non troppo (1977), è un documentario insolito: la spontaneità interpretativa non era voluta dal regista milanese e un copione ha dato la base dei dialoghi e delle situazioni mostrate. Il rischio era quello di rendere artificioso un comportamento naturale, soprattutto per chi non ha dimestichezza recitativa/performativa, ma il posticcio tanto temuto ha lasciato spazio a una sorpresa godibile. Bozzetto nella sua carica vitale, nella sua genuinità, nella sua voglia di continuare a far “sognare” intere generazioni, è riuscito nella scommessa.

Padre, nonno, amico… Il lato intimo di Bozzetto viene rivelato allo spettatore: la casa nella quale vive, i suoi animali (tra cui una simpatica pecora), gli amici coi quali gioca a carte, il suo studio, i suoi ricordi più preziosi. Per passare poi al suo lavoro, alla sua consacrazione e alla sua arte dedicata a un’animazione artigianale e curata con estrema passione.

Tra una dedica di Matt Groening su un pupazzo di Bart Simpson e un disegno originale di Ward Kimball appeso al muro, Bruno Bozzetto racconta davanti all’obbiettivo le emozioni provate lungo tutta una vita. Prima con la creazione del mitico signor Rossi, poi il successo di West and Soda (1965) l’ha fatto conoscere in America, portandolo allo realizzazione di Vip mio fratello superuomo (1968) e successivamente alla nomination per l’Oscar nel 1991 col corto Cavallette. Bozzetto si è anche cimentato, come unica volta, nella regia dal vivo dirigendo Amanda Sandrelli, Nancy Brilli e Claudio Botosso in Sotto il ristorante cinese (1987), definito più esperimento che vera e propria prova di regia. Fino alla consacrazione mondiale sancita da Diane Disney, figlia di Walt, che gli ha dedicato uno spazio apposito nel museo di famiglia a San Francisco, definendolo: «Una leggenda, come mio padre».

Il ritratto che Bonfanti tratteggia è quello di una persona che non ha perso la voglia di continuare a creare e di far sognare gli spettatori, non importa di quale età. Inoltre, aspetto molto simpatico, non mancano gli accenni ironici: sempre delicati e mai invasivi, come Bozzetto che cerca di disegnare il signor Rossi a occhi chiusi; la partita a carte con gli amici; il corto del signor Rossi che presenta un film alla Mostra del Cinema, giusto per citarne alcuni.

L’ironia è il motore che permette a Bozzetto di mantenersi per quello che è. D’altronde, se disegni cartoni e non hai giusto senso dell’umorismo cosa stai lì a fare?

Francesco Foschini

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