Tre movimenti – operaio, studentesco e lotta armata – scandiscono il documentario Assalto al cielo, ultimo lavoro di Francesco Munzi, già presente al Lido nel 2004 con Samir (vincitore del Premio Opera Prima Luigi De Laurentiis) e nel 2014 con Anime nere. Attraverso un lavoro di ricerca archivistico molto curato, Munzi ha voluto prendere in esame il periodo storico che l’Italia e i suoi cittadini hanno vissuto tra 1967 e il 1977.
Il movimento studentesco, “l’autunno caldo”, i cortei operai, la strage di piazza Fontana, le Brigate rosse, Walter Alasia, l’inflazione del pollame, i moti femministi, l’eroina, il nudismo, le radio libere, la Democrazia Cristiana, Francesco Berardi detto Bifo, gli scontri di piazza… sono tutti elementi che fanno parte del nostro vissuto, della nostra identità, di quello che siamo (o non siamo) diventati oggi. Sono numerosi i documentari e i film dedicati a questi anni bui e disincantati, il boom economico è solo un tiepido ricordo ormai sfumato, assieme ai pensieri dei cittadini che hanno voluto cercare riscatto e possibilità di opinione, seppur (per alcuni) non sempre in modo appropriato.
Munzi ha unito tutto quello che è accaduto in una decade, seppur con un forte significato di parte, dove il dibattito sull’opposizione reazionaria si fa negativamente categorico, scegliendo un chiaro schieramento ideologico, sociale, narrativo gauchista. Il tocco di originalità è dato soprattutto dalle musiche (Little Tony viene accostato a Strauss) e dalla comparsa (per due volte) di un quadro nero che recita: «ora potete fermare il proiettore e discutere su quanto visto», suscitando nostalgia mista a ilarità. Ma anche alcuni spezzoni pongono sullo schermo personaggi interessanti, come una giovane studentessa che professa: «Non voglio aspettare Godot, non voglio aspettare Cossiga», oppure giochi di parole tra cinema e realtà come «c’eravamo tanto a(r)mati» che, nonostante la goliardia, continuano a essere veicolo di dialogo all’interno del cinema politico.
Il materiale d’archivio utilizzato proviene da Rai Teche, Istituto Luce, Associazione Alberto Grifi e dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio di Bologna. Numerosi filmati sono ad opera di nomi celebri (Silvano Agosti, Lino Del Fra, Cecilia Mangini, Giuliano Montaldo e Pier Paolo Pasolini) dando così modo, a noi spettatori, di poter cogliere un lato inedito del loro percorso artistico. Anche grazie all’ottimo montaggio di Giuseppe Trepiccione.
Giunti i titoli di coda, ancora sulle celeberrime note di Strauss, rimane indelebile la frase pronunciata da un giovane sulle schermo: «Un festival deve puntare sulla follia».
Francesco Foschini