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73 Festival di Venezia: Monte di Amir Naderi (Fuori Concorso)

Nella sezione Fuori Concorso, è stato presentato ieri in anteprima stampa l’ultimo film di Amir Naderi, una produzione italo-francese, recitata in italiano, per alcuni aspetti respingente ma che in realtà possiede tutta la forza, lo spirito e l’energia che contraddistinguono questo grande autore

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Nella sezione Fuori Concorso, è stato presentato ieri in anteprima stampa l’ultimo film di Amir Naderi, una produzione italo-francese, recitata in italiano, per alcuni aspetti respingente ma che in realtà possiede tutta la forza, lo spirito e l’energia che contraddistinguono questo grande autore.

Uno spirito che è riconoscibile come un filo conduttore in tutte le sue opere, che si manifesta chiaramente e nonostante si palesi in forma diversa, è sempre presente e assolutamente individuabile anche in questo suo ultimo lavoro, nel quale assume delle fattezze astratte ma potentissime.

Iniziando dai limiti, per poterli velocemente lasciare alle spalle e dare il giusto valore a un’opera di grande spessore, il film risente inevitabilmente di una recitazione approssimativa e di una dizione a tratti grossolana che fanno un po’ effetto fiction, sensazione che probabilmente è ancora maggiore e quindi più disturbante, proprio per un italiano, in grado di coglierne più finemente gli aspetti più stridenti.

E ancora, trattandosi di una pellicola con una narrazione enormemente dilatata e caratterizzata da forte ripetitività (per quanto del tutto funzionale a quello che vuole comunicare), non è certo un prodotto di facile fruibilità, che si fa guardare senza fatica.

Detto ciò, ci si trova a fronteggiare un’opera che è alta e imponente esattamente come la montagna che ne è il cardine centrale, che le ha dato il titolo, un muro infinito contro il quale un uomo e la sua famiglia, rimasti soli ai suoi piedi, si devono misurare, in un’ambientazione similmedievale ma che  può tranquillamente considerarsi fuori dal tempo, contestualizzata in uno spazio arido, freddo, austero, avaro di vita e di luce, da esso stesso negata, che rende perfettamente l’idea di un mondo ostile.

Naderi utilizza magistralmente la metafora della montagna come ostacolo da superare, una barriera che sembra non lasciare scampo, indistruttibile, invalicabile.

Una parete titanica che scoraggia anche solo a guardarla, che con la sua ombra allontana da qualsiasi fonte di energia, oscura il sole ed esaurisce progressivamente quella propria di chi ne è sovrastato, la prosciuga, perché qualsiasi tentativo di abbatterla è vano, perché chiunque ci abbia provato si è arreso o ne è rimasto sepolto, perché sembra davvero impossibile.

E in questo inferno, ciò che il regista iraniano riesce a trasmettere con una potenza enorme e a tratti commovente, è che invece, c’è sempre speranza, che niente è impossibile, che c’è sempre qualcosa oltre quel muro, qualcosa che si può raggiungere se solo ce ne si convince, che se continui e continui e continui a provare, contro ogni evidenza, prospettiva, probabilità avversa,  contro qualsiasi  pronostico, anche il più negativo, in realtà anche l’impresa più improbabile si può realizzare.

Ed è incredibile come questo concetto venga comunicato paradossalmente per contrasto, dove in realtà è l’entità della frustrazione, l’alienazione che permea ogni azione volta al superamento di quel muro, a trasmettere la forza di questo messaggio, più del raggiungimento dell’obiettivo. Ogni tentativo, fallimento, disfatta, che si percepiscono estenuanti, quasi insopportabili per lo spettatore, che li vive in tempo reale in tutta la loro durata e violenza, è direttamente proporzionale all’effetto intensissimo che sortisce alla fine, l’esito di quegli sforzi.

Naderi riesce ad esprimere tutto questo attraverso l’utilizzo di una fotografia esemplare, con dei colori meravigliosi, particolarmente i notturni, di un blu intenso quanto freddo e severo, una luce e un’ambientazione che creano l’atmosfera ideale per la rappresentazione dell’austerità e del dolore di uno sforzo immane.

Per non parlare dell’uso del sonoro, che in ogni suo elemento, rumore, verso o grido, coadiuva ed esalta l’espressione dei vissuti e del eventi rappresentati, entrando in totale comunione e sintonia con questi.

E l’impresa è compiuta è sostenuta costantemente da un pilastro fondamentale, quello affettivo, che viene comunicato in modo efficacissimo da ogni gesto nell’interazione tra i personaggi, dalla mano di un uomo che pettina la sua donna, al legame indissolubile con i propri figli, dalla fede totale l’uno nell’altro; un fondamento che quando è una certezza, diventa un propulsore che forza qualsiasi resistenza, fosse anche quella di un monte gigantesco stagliato davanti  a sé.

Le urla del protagonista echeggiano fino all’esasperazione, esprimendo tutta la fatica, lo sforzo, il dolore, ma anche la determinazione, la forza d’animo che lo porta avanti senza mai arrendersi, quella che appare essere il nucleo vivo primario della filosofia di Naderi, che si esperisce nitidamente in tutti i suoi lavori.

Il finale del film, ha tanto di riconducibile al finale di The runner (1985), suo esordio, la stessa luce, lo stesso fuoco interiore, tanto caldo e possente da pervadere l’immagine e riempire tutti gli spazi, la luce di chi dopo una lotta strenua e dopo aver subito l’impossibile, ce la fa.

Percezione del resto fortemente avvertibile anche nel finale di quel bellissimo e travolgente film che il cineasta iraniano ci ha regalato nel 2011: Cut.

Si chiude così, per il momento, il cerchio di una carriera ammirevole che si spera possa darci ancora tanto.

È un messaggio di fortissimo slancio e speranza quello di questo grande regista, che è palese venga da un gran cuore, contagioso, trascinante, che ha un valore inestimabile in un mondo come quello che stiamo vivendo, dove c’è sempre meno di autentico, tutto perde di personalità e di energia propria, disperdendosi in ciò che appare o nell’egoismo e nel disinteresse comune, nella paura, nell’assenza di coraggio e di fiducia nelle proprie risorse; così diventa preziosissimo che possa ancora esistere qualcuno che mantiene intatto un ideale così forte e con la sua arte sostiene con ogni mezzo il bene più prezioso di cui è dotato ogni essere umano: se stesso.

Roberta Girau

  • Anno: 2016
  • Durata: 110'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Amir Naderi

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