Il giovanissimo Michele Vannucci ha scelto di raccontare, nel suo lungometraggio d’esordio, la vita di un reietto romano che vuole trovare riscatto aiutando gli altri.
Mirko (detto Mirkone) ha vissuto più in galera che con la sua famiglia. Terminato il soggiorno a Regina Coeli, l’uomo torna a vivere nel proprio quartiere degradato, dove ritrova Milena, moglie e madre amorevole in attesa del terzogenito, le due figlie Crystel e Michelle, il migliore amico Boccione e Paola, la quale propone a Mirko di candidarsi come presidente di quartiere. Dopo alcune titubanze, condite con una forte dose di “romanità”, Mirko accetta, ma non tutto risulterà così facile.
La storia è tratta dalla vita del protagonista, Mirko Frezza, che ha conosciuto il regista nel 2012 durante un provino. Colpito dalla veracità del personaggio, Vannucci ha scelto di trattare un’ennesima variante del degrado periferico che sta avvolgendo la capitale. I luoghi ripresi sono sintomo della condizione viscerale dei personaggi, dove lo sporco da pulire per rendere la borgata un posto migliore si sublima con i sentimenti e gli affetti delle persone coinvolte.
I difetti però non mancano, come i dialoghi che (spesso e volentieri) vengono buttati in “caciara” rendendo diversi passaggi quasi incomprensibili allo spettatore. Come gli eccessivi sproloqui dettati più dalla pancia che dalla testa. Sicuramente la vita di Mirko non è stata una passeggiata, ma forse c’è troppo macchiettismo nell’adattamento del personaggio. Resta in ogni caso apprezzabile il tentativo del regista nel dare riscatto a voci bisognose di purificazione sociale, fondendo il linguaggio documentaristico con quello della fiction.
Nota positiva per Alessandro Borghi che dà vita a un personaggio coattissimo ma estremamente simpatico.
Francesco Foschini