La misoginia e la religione risultano ancora indissolubilmente legate nel XXI secolo. Martin Koolhoven ce lo ricorda nel concorso elaborando con Brimstone un western da lui definito soprattutto olandese, frutto di una formazione calvinista e della maturità vissuta in un paese protestante. La pellicola mette in scena una vicenda di una crudeltà artificiosa nell’accanimento di orrore a cui è sottoposta Liz, incarnata da una matura interpretazione di Dakota Fanning.
Diviso per capitoli ‘biblici’, strutturato cronologicamente in un percorso-puzzle del dopo e prima e ancora prima e dell’ultimo, ci mostra il destino di una donna, costretta a divincolarsi continuamente dal male. Liz è emblema-simbolo del buio più cupo di un tempo storico in cui l’umanità era ancora spaventata, alla ricerca di sicurezze, ancora senza il pieno controllo della natura, ancora schiacciata dall’incomprensibilità della vita e soprattutto della morte. Per contrappasso, l’inferno che tanto si temeva, veniva esorcizzato creandone uno in terra. Liz la scopriamo muta madre di una bimba e moglie di un vedovo con un figlio piccolo. Assiste le partorienti, accudisce la casa e la famiglia, ma l’apparente normalità viene interrotta dall’arrivo di un predicatore: il folle e invasato Guy Pearce, che sconvolge Liz sin dal primo sguardo. L’incidente che la coinvolge nell’assistere ad un parto improvviso, cambierà completamente la sua vita e quella dei suoi cari. Il predicatore, che lei conosce bene, è il suo carnefice da sempre, sin dalla sua nascita. L’ha trovata e deve compiere la sua implacabile vendetta.
Il puzzle svelato di Brimstone ci mostra un mondo dominato da una violenza accecante e da una religione quale unica forma di controllo attraverso i concetti di castigo e colpa: le donne, in questo inferno cupo sono completamente sottomesse ed identificate quali esseri impuri, deboli, corpi da penetrare e gravidare, assolutamente timorate nel nome del Signore, attaccate più di altri dal male. Il fallo di questa pellicola è la trama da Terminator, con l’aggiunta di tanto splatter gratuito: tutto diventa al limite dell’incredulo per certi versi. L’esasperante fuga e vendetta, con l’ennesima redenzione a metà per la nostra eroina, procura un’altra caduta con – si spera – un omaggio (poco riuscito) alla scena finale di Lezioni di piano della Campion. Il western e lo splatter sono un’altra cosa: esperimento decisamente bocciato.
Maria Cera