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73 Festival di Venezia: Sao Jorge di Marco Martins (Orizzonti)

Presentato in seconda giornata nella sezione Orizzonti di questa 73esima Mostra di Venezia, Sao Jorge è il quinto lungometraggio del portoghese Marco Martins, che si conferma un autore interessante e da tenere in considerazione. Sao Jorge è un film di buona fattura, sincero, capace di affrontare un discorso ampio concernente una realtà non facile da rappresentare e non necessariamente appetibile per lo spettatore, attraverso la verità e l’autenticità dei vissuti di chi ne è parte integrante

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Presentato in seconda giornata nella sezione Orizzonti di questa 73esima Mostra di Venezia, Sao Jorge è il quinto lungometraggio del portoghese Marco Martins, che si conferma un autore interessante e da tenere in considerazione.

Scura e cupa come nelle riprese che la caratterizzano, l’opera è ambientata nel contesto urbano di una Lisbona periferica e notturna, filmata nei suoi angoli più torbidi. La desolazione che si percepisce nelle immagini riflette totalmente quella dei personaggi, vittime impotenti di una realtà penosa e incontrovertibile costituita dalla grave crisi economico-sociale che ha colpito il Portogallo nel 2011, il cui peso li opprime schiacciandoli, fino ad esaurirne vitalità e speranza. Una speranza, che pur nella melma in cui si trova, risiede ancora nell’animo del protagonista, alimentata dall’amore per il figlio e dalla volontà di ricostruire la sua famiglia, ma che viene a poco a poco affievolita e privata dell’energia che la sostiene, fino a spegnersi.

Un’atmosfera asfittica e claustrofobia, nonostante la prevalenza di esterni, restituisce efficacemente l’ineluttabilità della condizione descritta, l’assenza di vie d’uscita, l’incapacità di elaborare strategie risolutive, data da una miseria sempre più profonda, equivalente a un vero e proprio buco nero che risucchia qualsiasi risorsa privando chi la vive dell’ossigeno necessario per sopravvivere.

Notevole la prova attuariale di Nuno Lopez, principale interprete maschile della pellicola, che si era già distinto nel film d’esordio di Marco Martins, Alice (2005), in cui, anche allora, incarnava il ruolo di una padre disperato, in quel caso per lo smarrimento della sua bambina. Il tema della paternità vissuta in condizioni angoscianti e dolorose deve essere particolarmente caro al regista, che dimostra notevole sensibilità nel delineare le dinamiche relazionali, sia tra padre e figlio, le cui interazioni sono senza dubbio le più toccanti e intense, sia tra un uomo e una donna che, travolti da un ambiente ostile e impietoso, diventano distanti loro malgrado, ma non smettono mai di amarsi.

Molto bello il contrasto tra il contatto fisico estremamente affettivo e continuamente ricercato tra Jorge e il piccolo Nelson, che accetta sconsolato l’unica realtà che conosce, non senza evidente ed estrema sofferenza, complice il magnifico e incredibilmente espressivo bimbo dalla pelle scura che lo interpreta, e le fattezze grosse e goffe del corpo di un uomo apparentemente rude e minaccioso, con grossissime difficoltà comunicative.E non si arrende fino alla fine Jorge, ci prova strenuamente a stare a galla, annaspa, tenta in tutti modi di continuare a credere di poter salvare se stesso e la tua famiglia, nonostante la realtà sia troppo più forte di lui e non gli lasci scampo.

Marco Martins, così come in Alice, sceglie di incentrare la maggior parte del film sul personaggio principale, facendo grande affidamento sul suo primo interprete maschile e indovinando pienamente la scelta. Nuno Lopez viene rappresentato in ogni sua espressione e sfumatura, seguito serratamente dalla camera in ogni movimento e incontrato sapientemente nella sua efficacissima disperazione.

Insomma, il bilancio è decisamente positivo, nonostante la prevedibilità del corso che assumono gli eventi e la non particolare originalità del soggetto, l’ambientazione, l’espressività dei personaggi, la sensibilità dell’autore, compensano efficacemente le lievi mancanze, giungendo al risultato di un prodotto riuscito, caratterizzato da una drammaticità incisiva ma misurata.

Sao Jorge è un film di buona fattura, sincero, capace di affrontare un discorso ampio concernente una realtà non facile da rappresentare e non necessariamente appetibile per lo spettatore, attraverso la verità e l’autenticità dei vissuti di chi ne è parte integrante.

Roberta Girau

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