Io non so se vivo. Io mi muovo. Cerco. Così Vittorio (Sergio Castellitto) si definisce e si defila dall’inquadratura, una volta per tutte, alla fine dell’ultimo film di Jacques Rivette, miracolosamente visibile anche in sala italiana (forse per la presenza dello stesso Castellitto?).
Io non so se vivo. Io mi muovo. Cerco. Così Vittorio (Sergio Castellitto) si definisce e si defila dall’inquadratura, una volta per tutte, alla fine dell’ultimo film di Jacques Rivette, miracolosamente visibile anche in sala italiana (forse per la presenza dello stesso Castellitto?). Così come misteriosamente aveva intercettato le vicende di Kate (una sempre affascinante Jane Birkin), allo stesso modo, mosso dal destino o scosso dal caso, lo stesso Vittorio, una volta svolto il suo ruolo di salvatore o deus ex machina, in piena mise en abime teatrale, va via, si eclissa da una storia della quale si era fatto linea tangente.
Non c’è da restar afferrati alla trama in questo saggio di ingannevole recitazione. Ci si trova piuttosto davanti al declinarsi molteplice di una stessa eterna prova – qui esemplarmente indicata dal titolo francese: 36 vue du Pic Saint Loup – ovvero di quel gioco a incontrarsi e a scontrarsi d’un lui e d’una lei, mischiando sempre le carte ed invertendo con sottigliezza i ruoli e gli umori in campo, il tutto all’interno di uno scenario naturale che forse la fa da padrona più dei corpi attoriali. Seguendo le vicende d’una piccola compagnia circense, Rivette crea l’ennesima variazione sul tema mai domo del metalinguaggio, meta-teatro o forse solo con-fusione di piani, prendendo in prestito quel gusto impressionista d’andar a trovare i colori giusti nella natura – in riva ad un fiume o tra le vie silenziose d’un borgo montano -, lavorando su una recitazione asciugata da ogni enfasi – le parole scorrono forti, lente, misurate -, ed infine negando l’esistenza d’una colonna sonora che non sia quella della presa diretta dei suoni. Questione di punti di vista, allora, su cosa sia la realtà, su dove si trovi il palco e su quando si inizi a recitare, lasciandoci nel dubbio che di spettatori ce ne siano di diverso grado, dallo stesso attore dentro il film fino a noi al di là dello schermo. Immersi nell’ambiguità di perder di vista quando finisca la prova ed inizi la “vera” recita.