“Dovevamo bere il sangue delle nostre vittime per non impazzire”: questa sconvolgente dichiarazione di uno dei capi dei commandi paramilitari che nel 1965 in Indonesia, sostenuti dall’esercito del generale Suharto che aveva rovesciato il governo, avevano compiuto una delle più grande mattanze della storia recente, uccidendo circa un milione di persone, tra comunisti, dissidenti e minoranze, rende bene l’idea del tenore del documentario di Joshua Oppenheimer, The Look of Silence, seguito ideale dell’altrettanto scioccante The Act of Killing, in cui il regista americano aveva già affrontato, attraverso la sadica testimonianza dei responsabili, l’intollerabile eccidio.
Il film di Oppenheimer, oltre a ricostruire con originalità, attraverso le interviste del giovane Adi ai colpevoli, quanto accadde all’epoca dei fatti, pone delle questioni decisive, laddove chi si è macchiato di quegli indicibili delitti è ancora lì, immune a qualsiasi sanzione, giacché la Storia gli ha dato ragione, fornendogli un salvacondotto che ha reso lecito anche ciò che è, per sua natura, imperdonabile. E dunque, ecco la domanda: esiste una violenza giusta e una ingiusta? Porre fine con inusitata spietatezza alla vita di un numero incalcolabile di persone può essere, se gli eventi successivi lo consentono, considerato un fatto tollerabile, uno dei tanti avvenimenti necessari della Storia, e che, pertanto, può sottrarsi a un sacrosanto giudizio a posteriori? Il regista americano, facendo sgorgare i fatti dalle testimonianze aberranti dei diretti interessati, i quali assumono atteggiamenti irrispettosi, in virtù di una situazione politica che li vede ancora al potere, vuole proprio porre l’accento sulla liceità e sui limiti dell’agire umano, invitando lo spettatore, chiaramente turbato da quanto riferito, ad assumere un atteggiamento il più razionale possibile, in grado davvero di riflettere sulle insostenibili e paradossali contraddizioni di un sistema di valori che muta a seconda dell’esito finale dei fatti, rivelando oscenamente quanto siano i rapporti di forza, in definitiva, a dettare le norme che, in ultimo, debbono essere osservate. Insomma, come più volte sottolineato da un certo numero di pensatori, pare davvero intrascendibile la condizione prima di un qualsiasi dispositivo legislativo, ovvero che alla base di esso ci sia sempre un atto violento che lo impone, con buona pace delle ‘anime belle’ che vorrebbero, invece, facendosi portatori di un ‘pacifismo indiscriminato’, un mondo dominato da un’armoniosa convivenza. E nella situazione attuale, in cui non si smette di commettere crimini contro l’umanità (anche e soprattutto da parte di un occidente ipocritamente moralizzatore), è più che mai operativo questo postulato, e, dunque, è sempre e solo la sopraffazione ciò che ancora, purtroppo, tesse la trama dei rapporti.
Oppenheimer fissa la macchina da presa sui volti dei persecutori (mandanti e esecutori materiali), i quali all’unisono invitano a dimenticare il passato, perché ormai, affermano, la cicatrice è rimarginata, e riaprire un capitolo definitivamente chiuso costituirebbe, secondo loro, solo l’occasione per riattivare un conflitto che potrebbe far scorrere altro sangue (insomma minacciano…..). Ma ciò che più spiazza, e che la dice lunga sulla vittoria di una narrazione a scapito di un’altra, è che una delle poche vittime sopravvissute (si era rocambolescamente salvata mettendosi in fuga) è anch’essa stata sussunta, giacché, invitata a riferire la propria esperienza, invita all’oblio, alla messa tra parantesi di un passato che ritiene archiviato e sul quale non vuole più tornare, pur trovandosi nella surreale situazione di dover vivere accanto a coloro che qualche decennio prima avevano tentato di ucciderla a colpi di macete, per poi gettare il corpo senza vita nello Snake River, il fiume divenuto il cimitero a cielo aperto per centinaia di migliaia di persone.
Per queste ragioni The Look of Silence è un documentario che va assolutamente visto, per fare i conti con l’arroganza del potere (e dell’orrore commesso), nel tentativo di ripensare una relazionalità sganciata dai rapporti di forza, da una logica economica in cui inevitabilmente la sopraffazione rimane uno dei momenti più significativi, in favore di quell’accoglienza infinita di levinasiana memoria, di cui più che mai oggi avremmo bisogno.
Pubblicato da I Wonder Pictures e Mustang Entertainment e distribuito da CG Entertainment, The Look of Silence è disponibile in dvd, in formato 1.78:1, con audio originale (DD 5.1) e sottotitoli in italiano.
Luca Biscontini
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