John Singleton, il regista di Shaft (2000) e di 2 Fast 2 Furious (2003), nel 1991 a soli 23 anni esordiva con una pellicola dirompente, Boyz n the Hood, presentata nella sezione Un Certain Regard alla 44esima edizione del Festival di Cannes, e scelta nel 2002 per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
Il prologo, annunciato con una scritta sullo schermo subito dopo i titoli di testa, c’informa che all’epoca un uomo di colore su 21 era vittima di omicidio da parte di un altro uomo di colore, allertandoci immediatamente sulla guerra fratricida che stava insanguinando le strade americane, in particolare quelle del ghetto di Los Angeles in cui è ambientata l’intera vicenda. Attraverso la narrazione del percorso di crescita di Tré (Cuba Gooding Jr.), un ragazzo diciasettenne che, guidato da un padre lucido e autorevole, riesce a tenersi lontano dalla dilagante violenza, Singleton ci mostra una realtà dura, fatta d’incomprensione, odio e rabbia, laddove la popolazione nera sembrava destinata a realizzare un fatale destino scritto da qualcun altro, senza alcuna possibilità di praticare vie alternative in cui guadagnare una sacrosanta emancipazione rispetto a una modalità di vita insostenibile. Sebbene l’intento del film sia proprio quello di stigmatizzare la durezza di un’esistenza inaccettabile, il regista americano preferisce indugiare sui rapporti personali del protagonista, in particolare con il padre (Laurence Fishburne, il celebre Morpheus della trilogia di Matrix dei Wachowski), unico uomo nel ghetto che è riuscito a costruire un modo di vivere dignitoso, non cadendo, per l’appunto, nella trappola del conflitto continuo tra persone dello stesso colore di pelle; ha compreso pienamente quanto a sottendere questa funesta realtà ci sia una logica ben precisa, che fomenta la discordia e l’odio, come se si volesse distruggere dall’interno un mondo con cui non si vuole avere più niente a che fare: il potere bianco trama nell’ombra, nella speranza che il quartiere nero imploda, e l’unica presenza del mondo esterno è rappresentata dalle continue irruzioni della polizia che interviene solo per arrestare chiunque gli si pari davanti, senza mai prestare aiuto a chi ne ha bisogno.
Solo nell’epilogo di Boyz n the hood assistiamo a un’esplosione di violenza ingiustificata a cui neanche lo stesso Tré riesce a sottrarsi, in una spirale di follia che invischia pure coloro che hanno scelto un altro stile di vita, non lasciando la possibilità di affrancarsi da una realtà che preme da tutte le parti e che livella chiunque allo stato di bruto assassino in attesa di una qualsiasi vittima da sacrificare. Le pistole abbondano, le macchine sono cariche di fucili a canne mozze e mitragliatori pronti a far fuoco indiscriminatamente, per una sciocca rivalità sorta senza alcuna ragionevole motivazione.
Singleton, dunque, ci restituisce la realtà del ghetto nero di Los Angeles senza fronzoli, ma senza neanche cedere alla tentazione di propinare il solito film in cui a farla da padroni siano solo sparatorie e spargimenti di sangue; riesce, invece, a trattenere la narrazione, indugiando sulle psicologie dei personaggi e realizzando una buona ricognizione antropologica di un mondo saturato, articolando una non banale riflessione sulle cause di una tale degenerazione, e indicando, altresì, significative alternative praticabili. Un film non furbo, attento, che merita una visione.
Pubblicato da Columbia Pictures Home Entertainment e distribuito da CG Entertainment, Boyz n the hood – Strade violente è disponibile in dvd, in formato 1.85:1, con audio in italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco (DD. 2.0) e con sottotitoli opzionabili. Nei contenuti speciali il commento del regista per tutta la durata del film.
Luca Biscontini
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