Il sipario strappato (Torn Curtain) è un film del 1966 diretto da Alfred Hitchcock.
Uno scienziato americano, Michael Armstrong, sta da tempo mettendo a punto un congegno antimissile che, oltre a dare all’America una superiorità militare, a lui garantirebbe la fama. Poichè il progetto si sta trascinando a lungo, il governo decide di sospendere il relativo finanziamento e Michael, deciso a non desistere, pensa di recarsi nella Germania Orientale ove, a Lipsia, vive lo scienziato Lindt il quale è in possesso di alcuni segreti che segnerebbero la conclusione dei suoi studi. Approfittando di un convegno scientifico a Stoccolma, Armstrong riesce a raggiungere Lipsia dove viene accolto cordialmente; ma un imprevisto lo mette in imbarazzo: è stato seguito, infatti, da Sarah Sherman, la sua fidanzata che tra l’altro è anche la sua assistente. A questo punto Michael è costretto a svelare alla donna il vero motivo della sua missione.
L’idea del film venne al regista fin dal 1951, quando due diplomatici inglesi, Guy Burgess e Donald Maclean, si rifugiarono in Unione Sovietica, causando un grande scalpore. La sceneggiatura venne affidata a Brian Moore, autore di romanzi di successo come The Lonely Passion of Judith Hearne. per i dialoghi furono contattati anche Keith Waterhouse e Willis Hall, gli sceneggiatori inglesi di Billy il bugiardo, un’opera teatrale molto ben accolta dal pubblico e dalla critica. Nel ruolo della protagonista femminile la casa di produzione Universal volle Julie Andrews, popolarissima dopo aver interpretato Mary Poppins. Nel ruolo del protagonista maschile fu scritturato Paul Newman, seguace del metodo di recitazione Stanislavskij, di cui Hitchcock era insofferente. La scelta dei due attori, le star più importanti del momento, fu molto costosa e non si rivelò felice: non erano adatti né al modello né al metodo di Hitchcock.
Ci sono un paio di sequenze degne di menzione e del miglior Hitchcock:
Nel museo di Berlino
La prima è il tentativo di depistaggio di Gromek da parte di Armstrong, che allo scopo si reca in un museo berlinese.Si tratta di un fabbricato neoclassico, l’interno è vuoto di visitatori: solo Armstrong e, a distanza, Gromek. Una scenografia surreale, con Armstrong che percorre a passo deciso queste sale e questi corridoi solitari, in penombra, ed il cui aspetto ricorda le architetture metafisiche di De Chirico ed i labirinti di Escher. Unico suono i passi dei due che si alternano: quelli di Armstrong, quando cammina, e l’eco di quelli di Gromek (che qui non si vede mai), quando Armstrong si ferma per accertarsi di essere seguito. Un senso di destino incombente, una sequenza da antologia.
L’uccisione di Gromek
La seconda è quella dell’uccisione di Gromek alla fattoria. Gromek accusa Armstrong di essere una spia, pronostica a lui l’ergastolo e alla contadina (uno dei membri di Pi-greco), fa intendere, la forca. Ma quando, impugnando una rivoltella, telefona al comando di polizia, la contadina gli butta addosso un recipiente pieno di farina, Armstrong ne approfitta per togliergli l’arma ed aggredirlo alle spalle. I due si divincolano, Gromek invita sprezzantemente Armstrong a non aggravare la sua posizione («Adesso basta scherzare, io sono un agente addestrato, la posso stendere con un solo braccio, tenendo l’altro dietro la schiena … »). Ma, nonostante l’addestramento vantato dall’agente di polizia, Armstrong gli tiene sempre il braccio intorno al collo, finché la contadina non gli pianta la lama di un coltellaccio da cucina nella parte superiore del torace. Gromek, pur sanguinando copiosamente cade, riesce comunque ad alzarsi ed a bloccare Armstrong stringendolo forte al collo, impedendogli così i movimenti. La contadina cerca di fiaccarne la resistenza colpendolo ripetutamente, con una pala, alle ginocchia, finché non le viene l’idea di spalancare il portello del forno della cucina, aprire i becchi del gas per poi trascinare Gromek ed infilargli la testa nel forno: il monossido di carbonio porta a compimento ciò che il coltello da cucina aveva iniziato. Hitchcock ebbe a dire di avere ideato questa scena per mostrare quanto sia difficile, a chi non è un killer professionista, ma una persona comune, uccidere un suo simile, soprattutto se usa armi improprie, oggetti di uso corrente.