Dalla fiction televisiva Paolo Borsellino diretta nel 2004 da Gianluca Maria Tavarelli al lungometraggio cinematografico Era d’estate, confezionato dodici anni più tardi da Fiorella Infascelli, diverse sono state le operazioni da schermo che hanno provveduto a raccontare le vicende del magistrato Giovanni Falcone e del suo amico e collega Paolo Borsellino, entrambi eliminati dall’organizzazione criminale Cosa Nostra tramite due attentati consumati il 23 Maggio e il 19 Luglio del 1992.
Da sempre attento a trasferire su celluloide i fatti di cronaca nera legati alla storia d’Italia dell’ultimo secolo, però, fu il recentemente scomparso Giuseppe Ferrara – autore di Cento giorni a Palermo e Il caso Moro – il primo cineasta ad essersi preso la briga di realizzare un lungometraggio sulle due importanti personalità dedicatesi alla lotta alla mafia nella penisola tricolore ed a livello internazionale.
Già nel 1993, infatti, concluse le riprese di Giovanni Falcone, che, riscoperto ora su supporto dvd da Mustang Entertainment, prende il via dall’uccisione del poco di buono Stefano Bontate, avvenuta il 23 Aprile del 1981, per ricostruire i fatti che hanno portato a scardinare le fondamenta su cui è cresciuta e prosperata la grossa organizzazione criminale, fino, appunto, alla fine di Falcone e Borsellino.
I Falcone e Borsellino rispettivamente incarnati in questo caso da Michele Placido e Giancarlo Giannini, man mano che il primo si mostra in preda a visioni della morte bergmaniana de Il settimo sigillo e che si passa dall’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa a quello dei poliziotti Roberto Antiochia e Ninni Cassarà, qui manifestanti le fattezze di un esordiente Fabrizio Gifuni e di Massimo Bonetti.
Nomi che, insieme a Gianni Musy nei panni del pentito Tommaso Buscetta e Gianfranco Barra in quelli del giudice Vincenzo Geraci, impreziosiscono ulteriormente un documento filmico non poco interessante non solo per ripassare una triste pagina della storia nostrana, ma anche per comprendere quale possa rivelarsi, spesso, il prezzo da pagare nello sconfiggere omertà e paure radicatesi nel tempo.
Per i cinefili irriducibili, però, non è tutto qui, perché Mustang Entertainment provvede a riscoprire su supporto digitale un altro fondamentale titolo da un po’ di tempo assente nel mercato dell’home video italiano: Estate violenta di Valerio Zurlini, aggiudicatosi nel 1960 il Nastro d’argento per la migliore attrice Eleonora Rossi Drago e quello per il miglior commento musicale, andato a Mario Nascimbene.
La Eleonora Rossi Drago che ricopre il ruolo della giovane vedova e madre di una figlia Roberta Parmesan, la quale intreccia con Carlo alias Jean Louis Trintignant un rapporto di amicizia destinato a diventare sempre più profondo ed a sfociare in un grande amore.
Un Trintignant il cui personaggio non poco malinconico sembra anticipare quello reso pochissimi anni dopo ne Il sorpasso di Dino Risi, oltretutto alle prese con il fatto che il padre, importante gerarca fascista, gli chiede di seguirlo nel momento in cui si vede costretto a fuggire la sera del 25 Luglio del 1943.
Richiesta a cui risponde con un rifiuto perché tutt’altro che intento ad allontanarsi dalla donna, trentenne ritrovatasi in questa nuova passione sentimentale fondamentalmente generata dalla repressione borghese.
Passione al servizio di un romanzo di formazione su pellicola che, sullo sfondo di una Romagna già tormentata dalla Seconda Guerra Mondiale, ricorre ad una mai patetica e stucchevole storia d’amore per suggerire in maniera evidente che crescere significa rinunciare alle cose a cui eravamo legati prima di entrare nell’età adulta.
Un romanzo di formazione cui giova non poco lo splendido bianco e nero illuminato da Tino Santoni e che racchiude buona parte del suo fascino nella desolata atmosfera posta in perenne contrasto con l’allegria e la solarità tipiche del periodo dell’anno racchiuso tra il 21 Giugno e il 21 Settembre.
Senza dimenticare spaventosi bombardamenti e un epilogo decisamente lontano dall’essere legato alla più banale positività, al servizio di oltre un’ora e mezza di visione che Piera Detassis ha giustamente definito “Un passionale noir della provincia italiana. Il capolavoro da riscoprire”.
Con un’introduzione del critico cinematografico e saggista Gianni Canova nella sezione extra del disco.
Francesco Lomuscio