«”La fisica dell’acqua”, ultima pellicola di Felice Farina, narra le vicende del piccolo Ale, alle prese con l’arrivo inaspettato di suo zio nella casa sul lago, dove…»
Film dalla lunga e difficile storia produttiva, ma dal titolo piuttosto suggestivo, La fisica dell’acqua, ultima pellicola di Felice Farina, narra le vicende del piccolo Ale, alle prese con l’arrivo inaspettato di suo zio nella casa sul lago, dove il bambino e sua madre vivono. Lontano dall’accogliere lo zio con entusiasmo, il ragazzino sembra piuttosto veder minacciato il rapporto esclusivo che intrattiene con la madre. Ma perché Ale si spinge fino a manomettere i freni dell’auto dello zio, provocando così un incidente in cui, per pura casualità, finisce per essere coinvolta pure la sua adorata mamma?
Il film risponde a questa domanda imboccando la strada di genere del thriller psicologico, facendo del bambino il depositario pressoché unico dello sguardo rivolto al mondo degli adulti. L’intuizione felice alla base della pellicola, che si materializza soprattutto nel lavoro di Esmeralda Calabria al montaggio, è l’idea che l’incomprensione da parte del bambino rispetto a ciò che gli adulti fanno e fanno accadere, possa generare nel piccolo un sentimento di violenta paura, a cui egli risponde con gesti cattivi e premeditati. Scoprire le ragioni dell’inquietudine del bambino diventa allora un viaggio nella sua mente, attraversata da continue allucinazioni, che lo spettatore vive proprio attraverso il punto di vista del protagonista.
Va riconosciuta all’intera operazione una buona dose di coraggio ed estro rispetto ad un genere insidioso, cui la produzione nazionale ci ha ben poco abituati. L’idea dell’acqua come simbologia che, con strisciante evidenza, riconduce il protagonista ai suoi arcani e lo lega a filo doppio con il mondo dell’inconscio e del materno – alimentando la sostanza edipica e psicologica di una storia che con la tragedia (greca) sembra fare continuamente i conti – fa il paio con l’ossessione del protagonista per i comportamenti e le ragioni del mondo animale. Peccato, però, che nonostante le valide premesse e le buone suggestioni che affiorano qua e là durante la visione, il tutto sembra notevolmente ridimensionato da vistose ingenuità. In primis, a deludere profondamente è l’inadeguata direzione degli attori, tra cui risaltano un Claudio Amendola e una Paola Cortellesi decisamente sotto la media, a cui c’è da aggiungere la scarsa cura registica e della messa in scena che spesso finisce per provocare la sensazione che certe scelte – come la metafora insistita dell’acqua o momenti in cui si dovrebbe alzare la tensione (vedi la scena del supermercato) – cerchino invano proprio di riempire delle lacune, viceversa, irrecuperabili. E a pensarci bene la sceneggiatura e gli intenti de La fisica dell’acqua meriterebbero più lodi rispetto a quanto invece aveva fatto, per esempio, un thriller psicologico italiano recentissimo come La doppia ora, dove si giustificava il tutto con un coup de theatre alla Shyamalan. Ma se il film di Capotondi aveva dalla sua una pregevole direzione degli attori, e un ottimo equilibrio tra le anime dei diversi generi che andavano confluendovi, qui decisamente si fatica ad intravedere la stessa buona fattura.
Viviana Eramo
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