Connect with us

Reviews

69 Festival di Cannes: Ma vie de courgette di Claude Barras (Quinzane des Realisateur)

Altra rivelazione dalla Quinzane des Realisateurs di Cannes, che quest’anno è stata decisamente ricca di sorprese positive, a partire dall’afgano Walf and sheep, passando per i nostrani Virzì, Giovannesi e Bellocchio, continuando con il cinema sudamericano del Poesia san fin di Alejandro Jodorowsky e culminando nel gigantesco Neruda di Pablo Larrain, Ma vie de courgette rappresenta uno splendido esempio del valore e della poesia che si possono riscontrare nel cinema di animazione, nel quale la Francia si sta dimostrando sempre più prolifica e talentuosa negli ultimi anni

Pubblicato

il

Altra rivelazione dalla Quinzane des Realisateurs di Cannes, che quest’anno è stata decisamente ricca di sorprese positive, a partire dall’afgano Walf and sheep, passando per i nostrani Virzì, Giovannesi e Bellocchio, continuando con il cinema sudamericano del Poesia san fin di Alejandro Jodorowsky e culminando nel gigantesco Neruda di Pablo Larrain, Ma vie de courgette rappresenta uno splendido esempio del valore e della poesia che si possono riscontrare nel cinema di animazione, nel quale la Francia si sta dimostrando sempre più prolifica e talentuosa negli ultimi anni.

Il film, tratto dal romanzo Autobiographie d’une courgette di Gilles Paris, e diretto dallo svizzero Claude Barras, è un’opera pregevolissima, infinitamente tenera, dotata di un’anima propria capace di sprigionare un energia e un calore che arrivano dritti al cuore dello spettatore, suscitando ora commozione, ora sorrisi, con una naturalezza mirabile.

Ci troviamo davanti a uno slancio pulito, sincero, che induce facilmente la sensibilizzazione anche del più irriducibile degli imperturbabili, toccando corde essenziali e rendendole accessibili senza drammatizzare o peccare mai di banalità o facile sentimentalismo.

Nonostante l’utilizzo di diversi elementi nei quali si potrebbe riconoscere degli stereotipi, questi non appaiono mai scontati ma al contrario, nella loro essenzialità, assumono sempre un aspetto intimo e vivo, cosicché la semplicità, lungi dall’essere una pecca, diventa un valore aggiunto.

Coadiuvato dalla scrittura di Celine Sciamma (già regista di Tomboy e Diamante nero), Barras crea un racconto lineare, che individua in modo diretto, tutti gli aspetti più genuini e innocenti della sensibilità infantile, rendendola duttile come la plastilina dei suoi straordinari piccoli protagonisti e facendone magistralmente materia disponibile per l’emotività adulta, più strutturata e rigida, ma altrettanto avida di verità e purezza così chiare e immediate.

Courgette è il buffo soprannome dato dalla mamma al piccolo Icare, che potrebbe sembrare un semplice nomignolo di poco conto, ma rappresenta l’unico e ultimo frammento di identità che lo fa sentire visto da un genitore per il resto totalmente incurante, l’unico a partire dal quale può costruire un senso di sé, che non può avere origine, se non dal sentire in qualche modo, anche se per venire chiamato con il nome di un ortaggio, di essere nella sua mente, nella mente di chi dovrebbe amarlo e invece lo lascia solo, completamente solo in un mondo grande grande.

E infatti Courgette vi si aggrappa in modo commovente, per poter mantenere un minimo di equilibrio quando tutto il resto del suo mondo gli crolla letteralmente addosso.

In poco più di un’ora vediamo rappresentata tutta la profondità di condizioni nelle quali purtroppo, anche chi è in un’età in cui dovrebbe poter vivere solo di gioco e spensieratezza, si può trovare a dover affrontare e gestire realtà più grandi di lui, come la morte, addirittura per propria mano e di un genitore, l’abbandono, abusi, violenze e soprattutto, la solitudine.

Quella voragine di tristezza e rassegnazione perfettamente riconoscibile e resa in maniera incredibilmente reale nei disegni degli occhi di questi bimbi colorati, sempre vivi e mai arresi, ma con quel velo perenne che è diventato e sarà ormai per sempre parte di loro, che gli conferisce quell’alone di malinconia che si vede da lontano e che, qualsiasi riscatto possibile, nuova esperienza, traguardo raggiunto, non potrà che essere loro costante compagna di vita.

Ma non per questo gli preclude l’unico accesso alla linfa vitale di cui è dotato ogni essere umano, il bisogno di amare e di essere amati, la capacità di darsi e di dare, l’innata spinta a creare legami affettivi, seppure inficiati o mediati dalla rabbia, dalla diffidenza, dagli ovvi muri innalzati per difendersi dopo esperienze di dolore, e anzi, proprio l’esserne così bisognosi e carenti, rende la reciprocità la prima ragione di vita, unico propulsore di stimolo e di energia, alimentatore di uno slancio vitale che altrimenti si sgonfierebbe demotivandosi.

Così non solo si rimane, ma si è più capaci degli altri di creare fortissimi legami di amicizia, complicità e di godere della presenza di chiunque dimostri umanità, empatia e affetto.

Una profondità peraltro, del tutto scevra di qualsiasi pesantezza, alleggerita sapientemente dai colori, dai disegni essenziali e bellissimi, nei quali ogni piedino ha un potenziale evocativo enorme e sarebbe da incorniciare, dall’elementrietà della plastilina, da una neve meravigliosa che diventa fonte del più grande divertimento(gemma preziosa la scena della notte in gita), da una lattina di birra che rappresenta un’affettività dolorosa e mancante che si trasforma in una barchetta quando incontra un affetto sicuro e sincero, da una dolcissima e incredibilmente bella foto ricordo.

E probabilmente, chi si è trovato ad essere davvero abbandonato, a vivere in un orfanotrofio, a sperare invano per giorni di sentirsi voluto, potrebbe recepire con un po’ di amarezza un fine così lieto nel quale il piccolo eroe, non solo viene adottato, ma insieme alla sua amichetta, recuperando più punti di riferimento affettivi e avendo accesso forse un po’ troppo facile a una  condizione di vita ideale per costruire un futuro che riscatti il suo triste seppur breve passato.

Perché purtroppo è un eufemismo dire che non accade sempre, in realtà quasi mai si verificano tante circostanze favorevoli e felici in vite così disastrate, e quando accadono, spesso quei cuoricini sono tanto feriti da non essere più in grado di recuperare la serenità.

Ma mi piace pensare che anche chi lo sa, chi lo ha vissuto, chi è consapevole di questo, possa accogliere l’ottimismo, la freschezza, la poesia che questa preziosissima opera comunica, e che nel suo piccolo grande intento, essa possa favorire anche nel più disilluso, il coraggio di credere che per chiunque c’è una speranza, e che soprattutto per i più piccoli, possa essere un incentivo a non smettere mai di desiderare, di sognare, e soprattutto di sentire di meritarsi ogni briciolo di affetto, ogni momento felice, che qualcuno venga a salvarli oppure no, e che quell’amarezza lasci il posto a tutta la fiducia e il desiderio che possono sopportare, perché li meritano come tutti gli altri.

Roberta Girau

  • Anno: 2016
  • Durata: 66'
  • Genere: Animazione
  • Nazionalita: Svizzera, Francia
  • Regia: Claude Barras